Per Ai Weiwei la lotta continua

In by Simone

Ai Weiwei ha versato la metà della somma richiesta dal fisco. Ora ha 60 giorni per avviare la procedura legale di ricorso. Intanto il Global Times dà voce al governo: gli Ai Weiwei saranno spazzati via dalla storia. (In collaborazione con AGICHINA24)
Alla fine ha scelto di desistere.

Nel tardo pomeriggio del 15 novembre Ai Weiwei, accompagnato da due funzionari dell’ufficio delle imposte, si è recato allo sportello per versare 8,25 milioni di yuan (961mila euro) sul conto indicato dalle autorità cinesi, misura obbligatoria per dare garanzia di liquidità e poter procedere al ricorso legale contro l’accusa di evasione fiscale. 

Stamattina, raggiunto dalle agenzie di stampa internazionali, l’artista infuriato si è sfogato coi reporter: “Mi sento come un ostaggio da sei mesi, ora ho pagato il mio riscatto e mi sento derubato” ha spiegato Ai alla Associated Press.

La minaccia di passare il caso dal fisco alla polizia ha costretto l’artista a scendere provvisoriamente a patti con i suoi accusatori, depositando la caparra necessaria ad avviare la procedura legale di ricorso, da terminarsi entro 60 giorni.

Nonostante ciò Ai Weiwei non sembra darsi per vinto; appare invece deciso ad utilizzare la sua personale vicenda per continuare ad alimentare l’attenzione internazionale garantita dagli organi di stampa non cinesi, anche utilizzando un’ironia che certo non farà sorridere nelle stanze dei bottoni di Pechino.

Recandosi a versare la somma pattuita, Ai ha deciso di indossare una maglietta raffigurante il suo faccione sopra la scritta “missing”, scomparso. In un angolo della maglia, racconta sempre AP, una piccola scritta “found”, trovato: chiaro riferimento alla sua liberazione dopo 81 giorni di prigionia nel giugno scorso.

In un’intervista alla Reuters Ai Weiwei si è detto convinto che il caso sia ben lontano dalla risoluzione definitiva: “Perché hanno fatto questo sin dal principio? Ovviamente non si tratta di soldi, vogliono raggiungere un obiettivo politico. Vogliono che la gente mi creda un evasore, un bugiardo o che altro…”.

Ad avallare la sua tesi, con tempismo perfetto, stamattina è uscito sulla versione in cinese del Global Times un editoriale titolato Gli Ai Weiwei saranno spazzati via dalla storia, l’obiettivo nemmeno troppo velato non si limita alla distruzione dell’immagine di Ai Weiwei, ma contiene un ragionamento preventivo su tutti i dissidenti passati, presenti e futuri, bollati come ininfluente minoranza all’interno del popolo cinese.

Trentamila (coloro che hanno donato denaro ad Ai Weiwei in questo mese, ndr) è un numero grande? La Cina ha una popolazione di 1,3 miliardi di persone e si dice che più di 100 milioni di persone usino Sina Weibo! Ai Weiwei sperava di ‘prendere in prestito’ 15 milioni di yuan; ad oggi ne ha ricevuti solo la metà”.

Nell’articolo firmato da Shan Renping – ma è lecito pensare sia stato scritto dal direttore del giornale in persona, Hu Xijin, già critico in passato sulle vicende dell’artista dissidente cinese – c’è spazio anche per la solita teoria del complotto occidentale. Secondo l’autore, Ai Weiwei sarebbe il “fulcro” della leva occidentale usata per scardinare la Cina, operazione che sarebbe in atto grazie alla complicità dei mezzi d’informazione occidentali.

Nulla di nuovo, avverte il Global Times. Le stesse dinamiche erano state messe in moto ai tempi di Wei Jingsheng – noto dissidente reduce da piazza Tian’anmen – indicato dagli americani come “padre della democrazia cinese”. “Quel ‘padre’ – schernisce il quotidiano cinese – si trova ora in qualche angolo sperduto degli Stati Uniti, portando avanti delle ‘piccole azioni’ che i reporter occidentali non si degnano nemmeno di raccontare”.

Come Wei Jingsheng, anche Ai Weiwei è destinato a fallire e piombare nel dimenticatoio “non a causa della repressione del governo – si legge – ma perché il vero sentimento popolare non può essere soppresso”.

Dal canto suo, Ai Weiwei è deciso a proseguire la sua battaglia nel nome della libertà, cercando di portare allo scoperto le trame del governo: “Azioni come questa hanno causato una sfiducia sociale nel governo, nella legge, nel potere del governo, negli organi dello stato. Chi, in questo ambito, è il bugiardo? Chi è che non osa discutere di questo problema pubblicamente?”.

[Qui China Files ripercorre la storia di Ai Weiwei]