Thailandia – L’esercito impone la legge marziale

In by Simone

Oggi l’esercito è intervenuto nella crisi politica thailandese, estendendo la legge marziale in virtù di una legge del 1914. L’evento, ricorrente nella crisi continua degli ultimi anni nel paese, secondo le alte sfere militari dovrebbe riportare ordine e sicurezza. Ma si teme un nuovo, ennesimo, colpo di stato.
La Thailandia è sotto legge marziale. L’annuncio è stato dato dal generale Prayuth Chan-Ocha a reti unificate. Non è ancora un colpo di Stato, come quello che nel 2006 rovesciò l’allora primo ministro Thaksin Shinawatra, ultimo di una lunga serie che ha caratterizzato la Thailandia da quando diventò una monarchia costituzionale nel 1932.

Ma forse soltanto perché il governo a interim guidato dall’ex ministro del commercio, Niwatthamrong Boonsongphaisan, resta ancora formalmente in sella, sebbene nessuno dei ministri sia stato consultato prima che l’esercito entrasse in azione.

L’intervento dei militari, spiega il capo dell’esercito, servirà a riportare l’ordine e la sicurezza dopo mesi di crisi politica e scontro tra anti-governativi e sostenitori della maggioranza legata al clan Shinawatra e all’esecutivo guidato fino a poche settimane fa da Yingluck, sorella del deposto Thaksin ora costretti in esilio auto-imposto e inseguito da una condanna in contumacia per corruzione e abuso di potere.

I morti in sei mesi di proteste sono stati almeno 28, centinaia i feriti. Già la scorsa settimana, all’indomani della morte di tre manifestanti per l’esplosione di una granata, il capo dell’esercito aveva minacciato l’entrata in scena dei militari.

Per un ricorso della storia, l’imposizione della legge marziale è stata decisa proprio lo stesso giorno in cui venticinque anni fa a Pechino un’analoga misura fu presa per fermare il movimento di piazza Tian’anmen.

Mentre i militari iniziano a presidiare le strade della capitale Bangkok, sui mezzi di informazione è calata la censura. L’esercito ha ordinato alla stampa di non diffondere notizie che possano mettere a rischio la sicurezza e  potrà fermare le trasmissioni di  canali satellitari sia filo-governativi sia dell’opposizione.

La Thailandia resta in una sorta di limbo politico. La decisione della Corte costituzionale di destituire per abuso di potere la ex premier Yingluck Shinawatra e nove componenti del suo governo non è servita a placare le proteste iniziate lo scorso novembre. Lo spettro evocato in queste settimane è quello di un Paese sull’orlo della guerra civile.

Gli schieramenti vedono da una parte i sostenitori degli Shinawatra, forti nelle aree rurali e tra le fasce povere ed emergenti della popolazione, cui l’ex premier, il cui consenso era dovuto anche a politiche popolari e talvolta populiste, dava una forma di rappresentanza.

Dall’altra la classe media e le élite urbane più fedeli alla monarchia, che chiedono sia nominato un esecutivo neutrale per fare le riforme, così da bloccare l’influenza di Thaksin e delle forze a lui vicine che, in caso di elezioni, dovrebbero nuovamente vincere.

Il capo dell’esercito ha annunciato la legge marziale in base a una legge del 1914. Il provvedimento sospende alcuni diritti civili e, come ricorda un’analisi di Bangkok Pundit, a differenza dello stato d’emergenza dà autorizzazione agli arresti senza alcuna decisione dei tribunali. Altri provvedimenti permetto ai militari di ordinare i lavori forzati e la leva obbligatoria e di vietare le assemblee. Ma soprattutto, danno potere effettivo all’esercito.

“Spero che non ci siano ulteriori violazioni dei diritti umani e danni al processo democratico, più di quanti non ce ne siano già stati”, ha scritto Thaksin sui social network. Mentre, dagli Stati Uniti, la portavoce del dipartimento di Stato si augura che la misura sia soltanto temporanea e non mini le istituzioni democratiche.

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