Cina

Tajani a Pechino per evitare ritorsioni dopo l’uscita dalla Via della Seta

In Relazioni Internazionali by Lorenzo Lamperti

Il ministro degli Esteri Antonio Tajani incontra l’omologo cinese e il responsabile del commercio
Sono passati quasi 4 anni dall’ultima visita di un ministro degli Esteri italiano in Cina. Quando si dice che nel frattempo è cambiato tutto, stavolta è proprio vero. L’Italia aveva da poco firmato il memorandum of understanding per l’adesione alla Via della Seta e Luigi Di Maio andava a caccia di opportunità commerciali alla International Import Expo di Shanghai. Ora tocca ad Antonio Tajani calcare il suolo cinese, nel complesso tentativo di evitare ritorsioni per la più che probabile uscita dell’Italia dall’accordo firmato nel 2019 dal governo Conte I.

ALLA VIGILIA della partenza, la Farnesina ha chiarito che il tema centrale della visita sarà «il rilancio del dialogo bilaterale nei settori di comune interesse, nel quadro del partenariato strategico globale istituito nel 2004». Il riferimento è tutt’altro che casuale. Dare maggiore risalto e importanza al ventennale meccanismo di collaborazione bilaterale è un modo per cercare di svuotare di portata politica il mancato rinnovo sulla Belt and Road. Negli ultimi mesi, da Giorgia Meloni in giù, vari membri del governo si sono detti convinti di mantenere buoni rapporti pur uscendo dal progetto. «Della Via della Seta dovremo discutere in parlamento e poi ne parleremo con serenità e amicizia con il governo cinese. Sono convinta che le relazioni con Pechino resteranno solide, non prevedo che si complicheranno», ha detto nei giorni scorsi la premier a Il Sole 24 Ore.

CI SPERANO ardentemente le imprese italiane operanti sul mercato cinese, che temono ripercussioni. Stasera Tajani, dopo alcuni appuntamenti culturali, incontra subito la comunità d’affari italiana nel paese asiatico. Domani varcherà le stanze del potere politico cinese. Dopo il britannico James Cleverly, diventerà il secondo responsabile diplomatico europeo a essere ricevuto da Wang Yi, da quando il capo della politica estera del Partito comunista è tornato ministro degli Esteri. Insieme, presiederanno l’11esima riunione congiunta del Comitato governativo Cina-Italia. In programma anche incontri col ministro del Commercio Wang Wentao.

Per il tabloid nazionalista Global Times, il viaggio «dimostra che l’Italia spera di continuare a beneficiare della cooperazione economica e commerciale con la Cina, nonostante le continue illazioni occidentali secondo cui esiterebbe a rinnovare l’accordo sulla Belt and Road». Da parte cinese si parla di «voci ostili» che cercano di «interrompere la collaborazione» tra i due paesi. Implicito riferimento agli Stati uniti, la cui contrarietà alla Via della Seta rappresenta secondo la Cina il vero motivo del probabile ritiro italiano dal progetto. Tajani sostiene che l’adesione non abbia portato i risultati attesi. «L’export dell’Italia in Cina 2022 è stato pari a 16,5 miliardi, rispetto ai 23 miliardi della Francia e ai 107 della Germania».

DA PECHINO si sottolinea però che l’interscambio è aumentato del 42% nel giro di 5 anni. E soprattutto viene chiesto tempo per esprimere il pieno potenziale dell’accordo, fin qui condizionato da eventi esterni come la pandemia di Covid-19 e dalla guerra in Ucraina. Ma anche politici, come la retromarcia sui rapporti bilaterali ingranata dal Conte bis prima e dal governo Draghi poi. Nonostante gli intenti bellicosi della campagna elettorale, con pungolature su Taiwan e Tibet, Meloni è sin qui stata piuttosto cauta. Anche perché sa che l’uscita dalla Via della Seta sarà suo malgrado interpretata come una scelta politica.

PER XI JINPING era stata importante l’adesione di un paese G7, il malcontento per l’uscita sarebbe senz’altro espresso e messo sulla bilancia. Anche se Pechino ha apprezzato che Meloni abbia preso tempo durante G7 e visita alla Casa bianca. Annunci prematuri sarebbero stati vissuti come un affronto. «È fondamentale che l’Italia venga incontro alla Cina nella ricerca di un equilibrio», avvisa sempre il Global Times. «Il futuro dei legami economici bilaterali dipenderà dalla serie di interazioni a partire da questa visita». E poi da quella di Meloni in autunno. Sarà quello il tempo degli annunci. Sullo sfondo, la visita di Sergio Mattarella a gennaio per i 700 anni dalla morte di Marco Polo. Male che vada, sarà il Quirinale a mettere una pezza sulla seta sgualcita.

Di Lorenzo Lamperti

[Pubblicato su il Manifesto]