Esausti dal catenaccio e contropiede che continua a dominare il nostro calcio? Troppi pochi gol nell’anticipo di mezzogiorno? Non siete convinti fino in fondo dai colpi di mercato dell’Inter? Siete dei talent scout alla ricerca di nuovi talenti per la vostra squadra impegnata nella lotta salvezza, in qualsiasi serie essa giochi? Bene, allora la Coppa d’Asia è ciò che fa per voi (Updated). UPDATE 1 febbraio
L’Australia è campione d’Asia. I Socceros hanno vinto ai supplementari la finale contro la Corea del Sud affermandosi come prima squadra ospite a vincere il torneo in casa dal 1992, quando la coppa andò al Giappone.
La partita è stata risolta al 105esimo minuto da James Troisi. Al 90esimo Son Heung-min era riuscito a riacciuffare il pareggio per i sudcoreani, in svantaggio per tutto il secondo tempo, dopo il gol di Massimo Luogo, eletto uomo del torneo e nuova celebrià nazionale.
Gli australiani sono arrivati alla fine stracciando ai quarti le speranze di gloria della Cina e in semifinale gli Emirati Arabi Uniti, che a loro volta avevano sorpreso il Sol Levante, eliminando i samurai blu nipponici, campioni in carica, ai rigori e che alla fine hanno battuto anche l’Irak nella finale per il terzo posto.
Il cammino sudcoreano era stato meno complicato. Dopo un girone concluso a punteggio pieno si sono trovati di fronte prima l’Uzbekistan e poi gli iracheni.
«Non abbiamo la coppa, ma per come abbiamo giocato ci possiamo ritenere campioni», ha commentato alla fine il ct della Corea, Uli Stielike.
La vittoria australiana è ora una spinta in più per il calcio nel Paese. La finale con tutta la sua drammaticità e intensità dovrà far cambiare idea ai critici, scrive il Sydney Morning Herald.
La guida
Arrivata alla sua 16esima edizione, la competizione per nazionali più importante del futuro – vedi alla voce “motto della Asian Football Confederation” su Wikipedia – ma anche una delle più importanti del passato – insieme alla Copa America è la competizione calcistica (bi)continentale più antica del mondo – ha richiamato decine di migliaia di persone negli stadi del Down Under.
Il Giappone di Aguirre arriva nella terra dei canguri e dei vombati per difendere il titolo conquistato nel 2011 in una finale al cardiopalma decisa dal gol (peraltro di pregevole fattura) del sudcoreano naturalizzato giapponese Lee proprio contro i padroni di casa di quest’anno.
"Nessuno allo stadio", mugugna già qualcuno all’ottavo giorno di partite. E già se la prende con il Comitato organizzatore che per l’evento, riportava il Guardian un mese fa, ha messo in portafogli 75 milioni di dollari provenienti dall’onesto contribuente australiano. Che, intanto sembra preferire il calcio europeo a quello asiatico-oceanico.
I riflettori – almeno i nostri, voi fate un po’ come vi pare – sono puntati, oltre che sui campioni uscenti, su Cina, forte di 3 vittorie su 3 partite giocate con la qualificazione alle fasi finali già in saccoccia, Corea del Sud e Corea del Nord su cui, manco a dirlo, puntiamo tutto sulla vittoria finale. Senza dimenticarci però di Iran, Arabia Saudita e della storica partecipazione della Palestina.
Ma andiamo nel dettaglio, iniziando da una delle partite più attese.
Al Canberra Stadium va oggi in scena – alle 20 ora locale, 17 ora di Pechino, 10 del mattino ora italiana – lo scontro fratricida. La Cina, praticamente già qualificata per i quarti di finale della Coppa d’Asia 2015, sfida la Corea del Nord allenata da Jo Tong-sop, tornato lo scorso dicembre sulla panchina delle furie rosse.
A ben vedere lo spirito Chollima, il mitologico cavallo alato simbolo del progresso nordcoreano, dovrà spingere le casacche rosse di Pyongyang. In caso contrario i nordcoreani rischiano di finire il girone B a quota zero punti dopo la sconfitta per 1-0 nella partita di apertura con l’Uzbekistan e il tonfo per 4-1 rimediato a Melbourne dall’Arabia Saudita.
In agguato ci sono pertanto i possibili articoli sulle punizioni che il regime potrebbe infliggere ai suoi giocatori, per l’onta subita. Non sarebbe una novità. Già a ottobre dopo la sconfitta subita dal Nord nella finale del torneo di calcio dei Giochi asiatici, giocata contro i cugini sudcoreani, si diffuse la bufala dell’ arresto dei giocatori nordcoreani, rei di aver disonorato il Paese, e addirittura il rischio che possano essere messi a morte, era iniziata a circolare tra le redazioni di giornali e televisioni italiane.
Lo stesso schema potrebbe ripetersi già da domani. Tanto più che a irritare il giovane Kim Jong Un potrebbe contribuire la cavalcata dei sudcoreani. Ieri con la vittoria per 1-0 contro i padroni di casa dell’Australia, la Corea del Sud si è confermata in testa la girone A, imbattuta e senza aver subito reti. Certo a colpi di uno a zero prima con l’Oman e poi con il Kuwait.
La prestazione contro gli australiani è piaciuta al ct Uli Stielike, che nella prime due partite, sebbene vittoriose, era rimasto scettico rispetto alla possibilità di vincere la prima Asian Cup dal1960.
Ai quarti se la dovrà vedere con una tra Uzbekistan e Arabia Saudita, nel match spareggio del girone B. All’Australia toccherà invece la Cina. La prima qualificazione ai quarti da 11 anni a questa parte è valsa anche il plauso del Quotidiano del Popolo, ricorda la Cctv. E i tifosi dopo anni di vita grama per la nazionale un tempo travolta da scandali possono anche lasciarsi alle spalle le polemiche per la mancanza del Dragone sulle maglie.
Sarà da vedere se il merito sarà della Nike, con un po’ di scaramanzia, o del tecnico francese Alain Perrin.
[Update: La Cina ha battuto la Corea del Nord per 2-1 con una doppietta di Sun Ke. Chiude quindi la fase a gironi a punteggio pieno, con la miglior partenza di sempre. Il secondo posto del girone B va all’Uzbekistan che ha vinto lo spareggio con i sauditi per 3-1. ]Girone C, invece, all’insegna di quattro Paesi che si affacciano sul Golfo persico: Iran, Emirati arabi, Bahrain e Qatar. Prime due nazionali a punteggio pieno dopo due match e già qualificate alla fase successiva in attesa dello scontro diretto di lunedì: unica tegola per la nazionale allenata da Carlos Queiroz le condizioni di Sardar Azmoun, uscito in barella contro il Qatar dopo aver segnato il gol decisivo per la vittoria finale del Team Melli.
Soprannominato il “Messi” o il “Maradona” della Repubblica islamica, classe 1995, attualmente milita in Russia nel Rubin Kazan ma è già nel mirino di Arsenal e Liverpool.
A fare da contraltare al talento di Azmoun, tra le fila il parruccone emiratino Omar Abdulrahman, assistman nel gol più veloce della competizione.
È partita bene la squadra campione uscente, il pettinatissimo Giappone. Agli ordini di Javier Aguirre – ex c.t. del Messico che nel frattempo è finito sotto inchiesta in Spagna per una partita truccata mentre era alla guida del Saragozza – un paio di conoscenze del calcio nostrano: Honda e Nagatomo, i “samurai” della madunina, gli stessi che prima del derby milanese si erano scambiati tweet al veleno.
[Foto credit: milano.repubblica.it]
Con loro, una decina di espatriati tra Belgio, Germania e Gran Bretagna più qualche rappresentante del calcio locale, come l’inossidabile Endo, selezionato dalla squadra vincitrice dello scudetto di quest’anno, il Gamba Osaka.
Dopo l’esordio con il botto (4-0 all’esordiente Palestina), vittoria di misura (1-0) sull’ottimo Iraq per i Samurai Blue, in una partita in cui il "Kaiser" Honda sbaglia l’impossibile, tranne il rigore decisivo.
Dopo due partite, il Giappone, più che dai fan sospinto dallo strapotere degli sponsor e dei partner commerciali nipponici della manifestazione (Asahi Shimbun, Epson, Family Mart, Kirin, Konica Minolta, Makita, Nikon, Toshiba, Toyota) si conferma anche quest’anno come squadra da battere.
Sempre nel girone D, la sconfitta per 5-1 contro la Giordania, in una partita dal profondo impatto emozionale – sono circa 3 milioni i rifugiati palestinesi nel Regno Hascemita – segna quasi certamente l’addio anticipato della Palestina a una competizione conquistata con caparbietà lo scorso anno sul campo, ma, come raccontato da Luca Pisapia sul Fatto Quotidano, attesa almeno dal 1998, anno di riconoscimento della rappresentativa.
Preparazione tecnico-tattica e risultati a parte, per la squadra palestinese, vale davvero il motto trito e ritrito sull’importanza della partecipazione.