SINOLOGIE – Zhang Yueran, diversamente anni ’80

In by Simone

La tesi Il senso tragico e l’immaginario di Zhang Yueran – Proposta di traduzione e commento traduttologico dei racconti "Xiao Ran" e "Il fantasma della città di Sushui" ci porta alla scoperta di una scrittrice della cosiddetta generazione balinhou (i nati negli anni ’80) che si differenzia però nella scelta di stile e tematiche.
Oggetto di questa tesi è la traduzione dei racconti Xiao Ran 小染 ( “Xiao Ran”), tratto dalla raccolta di racconti Shi ni lai jianyue wo de youshang le ma 是你来检阅我的忧伤了吗 (Sei stato tu a esaminare il mio dolore?), e di Sushui cheng de guishi 宿水城的鬼事 (“Il fantasma della città di Sushui”), tratto dalla raccolta Shi ai 十爱 (Dieci amori), entrambi dell’autrice Zhang Yueran 张悦然. Il primo è stato pubblicato nel maggio del 2004 dalla Shanghai Yiwen Chubanshe 上海译文出版社, il secondo nel luglio dello stesso anno dalla Zuojia Chubanshe 作家出版社.

Si tratta di un’autrice contemporanea, classe 1982, affermatasi sulla scena letteraria all’età di soli diciannove anni, nel 2001, grazie alla vittoria del concorso Xin Gainian 新概念 organizzato dalla rivista letteraria Mengya 萌芽. In realtà Zhang Yueran comincia a scrivere molto prima, all’età di quattordici anni, pubblicando le sue prime opere su riviste come Qingnian Sixiangjia 青年思想家 (“Giovani pensatori”), Renmin Wenxue 人民文学 (“Letteratura popolare”), Shanghai Wenxue 上海文学 (“Letteratura di Shanghai”), ecc.

Ha riscosso un notevole successo, sia editoriale che di critica, tanto da ricevere numerosi premi, tra cui nel 2002 il premio come “Scrittrice di maggior talento” e “Scrittrice di maggior successo”. Tra gli altri riconoscimenti figurano il “Premio della letteratura primavera” nel 2005 e il “Mao-Tai Cup” del “Premio della letteratura popolare” nel 2008.

Zhang Yueran non si presenta come un’adolescente allo sbando che ha abbandonato la scuola, ma è anzi figlia d’arte (suo padre è docente di letteratura presso l’Università dello Shandong) e attualmente prepara un dottorato di ricerca in letteratura cinese classica. Si configura quindi come una scrittrice molto diversa da altri suoi colleghi balinghou (nati negli anni ’80) quali Han Han 韩寒 e Chun Shu 春树: a differenza di questi ultimi non si propone come una sorta di ribelle che ha scelto un percorso alternativo e al di là delle mura scolastiche, né tantomeno ha trasformato la sua esperienza autobiografica in fonte di ispirazione, creatività e successo.

È proprio tale peculiarità ad aver attirato la mia attenzione su di lei. Il suo diverso percorso formativo si riflette anche nella sua produzione, facendo di Zhang Yueran una sorta di “mosca bianca” all’interno del fenomeno letterario balinghou. I motivi di questa atipicità sono fondamentalmente tre. In primo luogo Zhang Yueran è atipica perché, nonostante le sue opere siano altrettanto specchio e voce delle problematiche esistenziali dei suoi coetanei cinesi, non basa le sue narrazioni sulle proprie esperienze personali e rifiuta il tema del mondo scolastico.

In secondo luogo perché gode di grande considerazione tra critici e scrittori del wentan 文坛 (termine con cui i critici si riferiscono “al campo letterario tout court”, anche se nella retorica dei critici “tradisce spesso il senso di un recinto inviolabile eretto a inclusione di ciò che è vera letteratura e a esclusione di ciò che non lo è”), compreso il premio Nobel Mo Yan 莫言.

Zhang Yueran si colloca quindi agli antipodi della figura del balinghou per eccellenza Han Han, il quale, al contrario di Zhang Yueran, non gode affatto del plauso dall’intellighenzia cinese e fa parlare ulteriormente di sé grazie ai rimbecchi via web con il critico letterario Bai Ye 白烨: da una parte c’è Han Han che manifesta sul suo blog la profonda irritazione nei confronti dei giudizi del wentan, dequalificandola e disprezzandola senza mezzi termini; dall’altra c’è Bai Ye, che replica continuando a sottolineare la vacuità della produzione letteraria del giovane scrittore, ricevendo in tutta risposta insulti dalle orde di fan inferociti di Han Han.

Infine Zhang Yueran risulta atipica anche in quanto “scrittrice” e quindi in quanto “donna”: la sua non è una produzione che sfrutta il facile percorso già intrapreso dalle sue colleghe più anziane nate negli anni Settanta, che hanno ottenuto un immenso successo infarcendo le proprie opere di tematiche come sesso, droga e uno stile di vita libertino e trasgressivo.

Sarebbe stato facile proseguire su queste orme, dato che questo tipo di letteratura femminile è provocatoria, individualistica fino a sfiorare il narcisismo e mescola una buona dose di autobiografismo e finzione letteraria: tutti elementi non estranei alla nuova corrente dei giovani balinghou, “individualisti, narcisisti, [che] scrivono per liberare le emozioni ed esprimere il proprio sé”. Inoltre, la carica sessuale e trasgressiva era l’elemento scandalistico pronto a scatenare scalpore, censure e quindi vendite oceaniche.

Quest’eredità viene invece abilmente raccolta da Chun Shu, anche lei giovane scrittrice nata negli anni Ottanta, che con la sua Beijing Wawa 北京娃娃 sembra fare eco, in maniera neanche troppo celata, al famoso Shanghai Baobei 上海宝贝 di Zhou Weihui 周卫慧, producendo un Bildungsroman in cui rivela le manie materialistiche e consumistiche di una giovane lenglei 另类 (“alternativa”), le sue insoddisfazioni, gli amori illusori e le relazioni sessuali, le fascinazioni dell’Occidente che si traducono nel punk e nella musica underground pechinese ecc.

Tutto sommato niente di così diverso da quanto già proposto da Zhou Weihui, se non fosse che queste avventure non vengono raccontate da una giovane donna in carriera che sogna di diventare scrittrice, bensì da un’adolescente nel pieno di una ribellione esistenziale talmente indomabile da portarla a lasciare la scuola all’età di quindici anni.

Queste sue peculiarità vengono approfondite nel primo capitolo della tesi, affianco all’analisi delle caratteristiche della sua scrittura e delle tematiche da lei affrontate, tenendo anche in considerazione il rapporto tra la Zhang e la sua generazione di figli unici, finendo poi con le varie contraddizioni tra letteratura e mercato a cui sono soggetti gli scrittori balinghou.

Nel secondo capitolo viene affrontata la traduzione dei due racconti. Sono due racconti molto diversi che evidenziano l’ecletticità di Zhang Yueran e la sua capacità nell’affrontare tematiche difficili, riproposte anche attraverso un impianto narrativo complesso, benché le trame non risultino particolarmente intricate.

“Xiao Ran” è permeato dalla particolare percezione del mondo da parte della protagonista, cosicché esso si presenta fortemente psicologico, introspettivo e visionario. Il suo universo interiore si riflette su quello esteriore attraverso oggetti che si caricano di valore emotivo e proiezioni del suo immaginario riversati sul mondo concreto, tanto da avere l’impressione che Xiao Ran percepisca il mondo come un immenso giardino od orto botanico: i fiori diventano quasi elementi alchemici, gli oggetti si trasformano in fiori e le persone vengono connotate attraverso i loro profumi e i loro colori.

Zhang Yueran costruisce un mondo allucinato e distorto, eppure quest’alterazione sembra essere l’unica arma di difesa con cui Xiao Ran riesce a proteggersi dalla violenza del suo passato e dall’infelicità claustrofobica del suo presente, prendendo le distanze da ciò che vede e ciò che sente. Il distacco è tale da definire semplicemente “uomo” suo padre, quell’uomo che non riesce ad amare e che sembra quasi assumere le vesti di un carceriere, per quella sua presenza che le impedisce di raggiungere il mondo che è lì fuori, quello che sembra attenderla impaziente.

Elementi fondamentali del racconto “Sushui cheng de guishi”, invece, sono l’amore e la devozione di una donna fantasma (il cui nome rimane ignoto) nei confronti del suo amato, sentimenti che si manifestano principalmente attraverso i suoi dialoghi e le sue azioni. Essi sono talmente intensi da non esaurirsi da una reincarnazione all’altra, e fanno sì che la povera sfortunata, malgrado le vessazioni e i torti subiti, si ponga come priorità la felicità del suo uomo, benché pienamente consapevole che questa felicità sarà di contro fonte della sua rovina e della sua fine.

Amore intenso, impossibile e doloroso: si tratta tutto sommato di una tematica abbastanza comune nel panorama letterario cinese, uno fra tutti Honglou meng 红楼梦, ossia Il sogno della camera rossa di Cao Xueqin 曹雪芹, risalente al XIX secolo. Ma anche il prevalere del soprannaturale è anch’esso assai ricorrente nel repertorio dei classici cinesi fin dagli albori della letteratura, partendo dagli zhiguai xiaoshuo 志怪小说 , i racconti miracolosi, tra i più famosi dei quali spicca il Soushen ji搜神记 (Investigazioni sul soprannaturale) di Gan Bao (inizi del IV secolo), “[che] contiene le prime versioni conosciute di molte leggende popolari assai note in Cina” e dai chuanqi 传奇di epoca Tang.

Benché così profondamente diversi, c’è in realtà un fil rouge che lega i due racconti. Essi, difatti, si contraddistinguono per delle caratteristiche fondamentali comuni: il fascino persistente dell’immaginazione sui cui si basa la narrativa di Zhang Yueran e il suo stile di scrittura “algido e perverso” (come definito dai critici cinesi).

Le rappresentazioni di un ricco e strano repertorio di immagini sono il punto focale della narrativa di Zhang Yueran. Partendo dalla sua profonda eredità letteraria e da una ricca immaginazione, fa uso di un linguaggio colloquiale e di un repertorio di immagini ricco e inusuale. Si tratta di un corpo di immagini oggettive che, attraverso il processo creativo, si trasformano in immagini artistiche, in un’unità armonica e organica in cui le emozioni soggettive si integrano con le immagini oggettive.

Per quanto riguarda lo stile, poi, Zhang Yueran sfoggia un’ampia gamma di tecniche: dall’alternanza dei punti di vista al flusso di coscienza e alla sinestesia. Si avvale inoltre di una scrittura meticolosa, precisa, rifinita nel dettaglio, in cui “la parola vuol sempre essere poetica. Non c’è frase, nei racconti, che non provi a dar vita a una metafora, a un effetto straniante.” Tuttavia lo stile di Zhang Yueran si caratterizza anche per un estremo distacco nei riguardi di ciò che descrive, oltre che per la creazione di atmosfere eteree e quasi del tutto prive di denotazioni oggettive, per cui il lettore fa fatica a provare empatia nei confronti dei personaggi.

Questo distacco emotivo è anche il fattore scatenante di un senso di inquietudine che emerge nel corso della sua narrativa. Zhang Yueran non lesina nel descrivere scene cruente e macabre e, in ogni circostanza tragica, l’autrice pone una lente di ingrandimento su dettagli agghiaccianti e crudeli, descrivendo il tutto in maniera schietta e controllata.

Questo tipo di approccio descrittivo non aggiunge alcun abbellimento di stile, né tantomeno fa uso di un vocabolario dell’orrore: dipinge queste scene allo stesso modo in cui si potrebbe descrivere un paesaggio naturale, portando a una totale alienazione dalla propria emotività e dai propri vissuti, ed è proprio questo approccio a rendere l’impatto ancor più potente e inquietante.

Infine tratto distintivo, comune dei due racconti e dell’intera produzione della Zhang, è il senso tragico. Nelle tragedia delle sue opere, la grazia della bellezza originaria viene sempre sovvertita fino a sfiorire del tutto, rimandando in superficie a un senso di dolore e rammarico dei personaggi, i quali in realtà nascondono un senso tragico ben più profondo.

Nei racconti, l’approccio asettico e distaccato è in grado di far emergere l’elemento tragico in totale naturalezza, senza alcuna sorpresa o punta di tristezza, cosicché per il lettore è impossibile venire a capo degli stati d’animo dello scrittore. Si può rilevare, inoltre, come generalmente i romanzi di Zhang Yueran presentino sempre una conclusione aperta e come, dopo ogni tragedia, vengano disseminati dei sentimenti religiosi di redenzione e pietà.

Segue infine, nel terzo capitolo, il commento traduttologico, in cui vengono analizzate le varie problematiche riscontrate nel corso della traduzione, la macrostrategia globale e le microstrategie adottate caso per caso. Il linguaggio dettagliato e metaforico e il ricco immaginario onirico – particolarmente rilevabili nel primo racconto – sono stati i punti più problematici nel corso della traduzione, oltre agli innumerevoli elementi culturospecifici e a una forma di linguaggio arcaicizzante presenti invece nel secondo racconto. Ne consegue che le questioni più difficili da affrontare riguardano principalmente il livello lessicale.

*Claudia Carella, claudia.carella7[@]gmail.com, è nata a Canosa di Puglia (BT) il 07/06/1989. Nel 2011 ha conseguito il diploma di laurea triennale in Lingue e Letterature Straniere (inglese e cinese) presso l’Università di Bologna e il 28/10/2013 si è laureata nel corso di laurea magistrale in Interpretariato e Traduzione Editoriale, Settoriale (cinese e inglese), presso l’Università Ca’ Foscari.

**Questa tesi è stata discussa presso l’Università Ca’ Foscari. Relatore: prof. Paolo Magagnin; correlatore prof.ssa Nicoletta Pesaro. Potete leggere alcuni stralci delle sue traduzioni su Caratteri Cinesi.

[La foto di copertina è di Federica Festagallo]