Stamattina è stata confermata la sentenza ad 11 anni di reclusione per Liu Xiaobo, per il reato di sovversione. Liu, firmatario di Charta 08, era stato condannato in primo grado il 25 dicembre. Di seguito un articolo sulla sua storia e la sua difesa.
«Con l’inizio delle riforme il partito al potere ha corretto alcune ingiustizie e ha fortemente incentivato la libertà di espressione; lo spazio per la libertà di parola si è ampliato e il numero degli scrittori finiti in prigione è diminuito. Ma la tradizionale opposizione alla libertà di parola non è completamente scomparsa: quello che accadde dal 5 aprile al 4 giugno (1989 ndr), dal muro della democrazia fino a Charta 08, sono solo alcuni esempi lì a dimostrarlo. L’accusa contro di me è solo l’ultimo esempio». Sono alcune delle parole che Liu Xiaobo avrebbe voluto dire a propria difesa quando fu condannato a 11 anni di carcere, il 25 dicembre scorso. Oggi a Pechino sono stati confermati gli 11 anni di carcere anche in appello. La condanna, «attività sovversive nei confronti dello stato e per il rovesciamento del sistema socialista cinese», è di quelle severe. Nel tempo trascorso tra la condanna e il prossimo giudizio della corte di Pechino, le autorità cinesi hanno anche messo in guardia circa la possibilità che qualche associazione umanitaria possa candidare Liu Xiaobo al prossimo Nobel per la Pace: «se può vincere un Nobel una persona del genere, significa che il premio non ha alcun valore», ha specificato Ma Zhaoxu, portavoce del ministero degli esteri cinese.
A fine gennaio era toccato al South China Morning Post, quotidiano di Hong Kong, riportare la notizia secondo la quale quattro alti funzionari del Partito comunista, «noti per le loro idee liberali» avrebbero spinto per la liberazione di Liu Xiaobo, attraverso una lettera pubblicata dalla Indipendent Chinese Pen Centre sul proprio sito web. Infine ieri è giunta la traduzione della dichiarazione che Liu Xiaobo avrebbe voluto leggere durante il suo processo, senza averne la possibilità di portarla a conoscenza per intero. Il South China Morning Post l’ha anche pubblicata sul suo giornale, a firma proprio del dissidente.
La sua storia è la storia della Cina degli ultimi vent’anni: arrestato e incarcerato per avere partecipato nel 1989 allo sciopero della fame degli studenti, nel 1996 venne spedito in un campo di rieducazione perché critico nei confronti del Partito. Infine Charta 08, un documento firmato da migliaia di cinesi, per chiedere riforme all’interno del sistema politico locale. La dichiarazione spontanea di Liu esprime una opposizione tutta cinese, con il chiaro intento di favorire cambiamenti politici gestiti dal Partito comunista in modo graduale e non certamente attraverso azioni violente. E’ la recente storia del paese, se mai, ad assomigliare a una strage violenta: «il Grande Balzo in avanti creò la innaturale morte di oltre 100 mila persone, la rivoluzione culturale creò una catastrofe immane, il 4 giugno (1989 ndr) creò un bagno di sangue in cui moltissime persone morirono e tante altre finirono in prigione. Questi sono eventi riconosciuti come disastri». Quello che Liu chiede è qualcosa di molto chiaro, interno alla struttura politica cinese e senza velleità rivoluzionarie. Lo chiarisce citando una frase del celebre Gettysburg Address di Abraham Lincoln: «porre fino al monopolio del potere e ai privilegi speciali del partito unico significa chiedere al partito al comando di restituire il potere al popolo e stabilire finalmente una società libera, per il popolo, dal popolo, del popolo». Liu ripercorre le tappe della storia più recente della Cina, avanzando una interpretazione fuori dal coro della retorica nazionalista al riguardo, rileggendo gli eventi storici alla luce del progresso o meno della libertà di parola: «il Partito comunista cinese divenne forte e trionfò finalmente sul Kuomintang perché promise di opporsi alla dittatura in nome della libertà. Prima del 1949 il partito comunista e i suoi organi di stampa stamparono molti articoli contro le restrizioni della libertà di espressione».
Liu Xiaobo in realtà non è l’ultimo esempio della repressione di voci discordanti: Tan Zuoren, avvocato impegnato nello stilare il numero esatto dei bambini morti sotto il crollo delle scuole durante il terremoto del Sichuan, è stato condannato martedì a 5 anni di prigione, con la medesima accusa di Liu e quella di altri attivisti condannati per il medesimo impegno civile. La ragione però non sarebbe da ricercare nel suo lavoro di attivista, quanto in una mail in cui avrebbe incitato alla rivolta democratica, sullo stile di quanto accadde nel 1989. L’ennesimo reato di espressione, citato anche da Liu nella sua deposizione: «i problemi creati da una penna, possono solo risolversi con la penna. Usando una pistola per reprimere una penna, si distruggono i diritti umani».