Se il Buddha si quota in borsa

In by Simone

Ancora una volta la la tradizione è messa a dura prova dalla modernità. Le società che gestiscono il turismo in templi e montagne sacre hanno un imponente giro d’affari e decidono di quotarsi. Ma molti non sono d’accordo: come ci si può inginocchiare di fronte a una società quotata in borsa?

Luoghi di pellegrinaggio in preda alla tentazione capitalista, scrive l’agenzia ufficiale cinese Xinhua. La notizia è l’annunciata quotazione in Borsa di uno dei bodhimanda, luoghi spiritualmente puri per la tradizione buddista cinese.

O più precisamente della società che gestisce l’area, il Gruppo per lo sviluppo turistico del Monte Putuo, nella provincia dello Zhejiang, che, istituito lo scorso maggio è deciso a lanciare un’offerta pubblica da 750 milioni di yuan (90 milioni di euro). Seguito a ruota dalle autorità che gestiscono altri picchi sacri, come Wutai nello Shanxi e Jiuhua nell’Anhui. 

Ripetono i sostenitori che dalla quotazione rimarranno fuori i templi e che stampa e cittadini hanno frainteso il senso dell’operazione che  al contrario porterà infrastrutture e salvaguardia dell’ambiente. Ma la sbandierata separazione tra sacro e profano, tra affari e religione, non convince gli scettici.

Non fosse perché il settore turistico sul monte Putuo è strettamente legato al richiamo religioso del sito. Inseparabili, azzarda qualche commentatore, sottolineando come senza il buddhismo non ci sarebbe industria turistica.

"In un’ottica strettamente economica l’Ipo non è una cattiva idea", ha spiegato a Forbes Laura Huggins, direttrice per la ricerca del Property and Environment Research Center di Bozeman, non lontano dal parco di Yellowstone.

La tesi vuole che permettere ai privati di entrare nel gruppo governativo consenta una gestione più efficiente del sito, garantendo anche una protezione migliore per i templi, un po’ sul modello statunitense di salvaguardia delle foreste e dei parchi nazionali. 

Ed è forse quello in cui sperano gli amministratori, tenendo conto dei milioni di turisti e pellegrini – si calcola circa 35mila al giorno – che affollano il luogo di culto risalente alla dinastia Tang (618-907 d.C. ) per pregare il bodhisatva della compassione Guanyin. Portando con sé un giro d’affari di 250 milioni di euro.

Lo sviluppo economico non può superare limiti morali”, ha detto, citato in un pezzo critico dalla Xinhua, Liu Wei funzionario dell’Amministrazione per gli affari religiosi, ricordando come i luoghi di culto siano da considerarsi organizzazioni no-profit. 

È moralmente inaccettabile che un giorno i pellegrini in visita ai luoghi sacri possano inginocchiarsi di fronte a società quotate”, scrive invece il quotidiano Global Times, una delle bocche di fuoco mediatiche del Partito comunista, che lascia spazio al commento di un famoso monaco con 1,5 milioni di seguaci su Weibo, il Twitter cinese, che paventa lo sfruttamento commerciale e la quotazione delle montagne sacre taoiste, da Taishan a Huashan.

Il caso Putuo non è tuttavia un tentativo isolato. Nel 1997 il monte Emei fu quotato a Shenzhen tramite la Emei Shan Tourism. Un’operazione che in quattordici anni ha visto lievitare i profitti della  società da poco meno di 5 milioni di euro a oltre 27,5 milioni e che da cui ancora non si fa marcia indietro.

Più di recente il tempio di Famen nella provincia nordoccidentale dello Shaanxi, ha visto allontanarsi l’ipotesi di quotazione alla Borsa di Hong Kong inizialmente prevista per il 2013, anche perché i lavori di sviluppo del complesso non sono ancora iniziati.

Lo stesso successe per il tempio di Shaolin lanciato verso l’offerta pubblica nel 2009. Piano deragliato per l’opposizione delle alte sfere buddiste legate al governo, tra cui l’abate Shi Yongxin, che si aggiunge alle critiche al tempio per aver trasformato la culla del kung fu, a cavallo tra spiritualità e guerra, in un’attrazione per gli amanti delle arti marziali.

Ancora una volta la Borsa scuote la tradizione. Era già accaduto lo scorso gennaio. A fare scalpore allora fu l’Ipo (anche se solo della versione online) del Quotidiano del popolo, la voce ufficiale del Pcc,la cui testata fu vergata dal pugno di Mao Zedong.

[Scritto per Lettera43; Fotocredit:  dalje.com ]