Rassegna settimanale della stampa cinese

In by Simone

Da lunedì 29 agosto a venerdì 2 settembre: spionaggio, hackers, ambientalisti locali contro la Apple, i bodyguard per i ricchi e la storiaccia di Wuhan. Lunedì 29 agosto: spionaggio

Decine di casi di spionaggio che coinvolgono militari, scienziati, diplomatici e quadri di partito sono stati svelati dal generale dell’esercito popolare di liberazione, Jin Yinan, in un video ripreso durante una riunione riservata e subito rilanciato in Rete. Il filmato di oltre due ore, ha riferito il South China Morning Post, è visibile su Youtube, ma già censurato sugli equivalenti servizi cinesi come Tudou o Youku.

Tra i casi, quello di Kang Rinxin, direttore della China national nuclear, condannato all’ergastolo con l’accusa di corruzione ma, a detta di Jin, in realtà coinvolto in uno dei più gravi casi di spionaggio della Cina per aver venduto informazioni sul programma atomico cinese a Francia e Stati Uniti. Un tradimento che fece scalpore, essendo Kang membro del Comitato centrale del Partito comunista. Un secondo caso portato alla luce da Jin riguarda, invece, l’ambasciatore a Seul Li Bin che, nel 2007, avrebbe rivelato segreti di Stato al governo sudcoreano e per questo fu condannato a sette anni prigione sempre per non meglio specificati reati economici. «Sarebbe stato troppo umiliante rivelare la verità», ha detto Jin, «qualcuno ha mai sentito parlare di un ambasciatore che in realtà è una spia?». Tanto più che lo smascheramento di Li arrivò mentre erano in corso colloqui a sei sul nucleare nordcoreano – che coinvolgono le due Coree, Cina, Russia, Usa e Giappone – mettendo in difficoltà la posizione di Pechino.

Ci sono inoltre episodi che riguardano le Forze armate con alti ufficiali al soldo di Washington, Tokyo, Taipei o Londra. È il caso di Cai Xiaohong, che sta scontando 15 anni di carcere, per aver passato segreti di Stato al governo britannico poco prima del ritorno di Hong Kong alla Cina nel 19997.

Martedì 30 agosto: Pechino contro gli hackers

Gli hacker cinesi sono finiti nel mirino della giustizia. Dal 30 agosto, grazie alle nuove interpretazioni delle leggi introdotte dalla Corte suprema e dalla Procura suprema del popolo, un pirata digitale può rischiare fino a sette anni di carcere. Secondo l’agenzia di stampa Xinhua chi violerà dai 20 ai 100 computer o ruberà dalle 10 alle 50 chiavi di accesso – username e password – per pagamenti online o account di home banking, dovrà passare almeno tre anni in prigione.

Oltre la soglia dei 100 computer hackerati o 50 password rubate, scatta la pena massima: sette anni. Un funzionario della Corte suprema del popolo ha spiegato che la nuova misura vuole contrastare il dilagare dei virus nella Rete cinese e il recente boom dei casi di hacking. La legge, che si applicherà anche per hacker che violano computer al di fuori della Repubblica popolare, dovrebbe rassicurare il mercato internet più vasto al mondo. Secondo le stime ufficiali di Pechino, lo scorso giugno gli utenti cinesi hanno toccato quota 485 milioni, gran parte dei quali colpiti in passato da un hacker o da un virus. Le cifre divulgate dal ministero della Sicurezza pubblica parlano chiaro: i virus informatici in Cina sono cresciuti dell’80% nell’ultimo anno e otto computer su 10 sono stati hackerati almeno una volta negli ultimi cinque anni.

Mercoledì 31 agosto: problemi per la Apple

Ai turisti occidentali che giungono in Cina fa spesso effetto riscontrare quanti cinesi siano forniti di design Apple: dall’iPhone all’iPad, la creatura di Steve Jobs in Cina funziona alla grande. Per l’azienda di Cupertino, però, non sono mancati i problemi. Recentemente sono emersi i negozi fake, subito smantellati a Kunming nello Yunnan, mentre prima c’erano state le polemiche a seguito dei suicidi di molti dipendenti della Foxconn, azienda taiwanese che opera in Cina e che assembla gli iPhone.

Infine, sono arrivate le proteste degli ambientalisti, che accusano la Apple di inquinare e, ancora peggio, di essere responsabile di molte morti per cancro a Kunshan, cittadina nei pressi di Shanghai. Secondo gli ambientalisti, la cui protesta è stata ripresa dal National Business Daily, la Kaida Electronics e la Dingxin Electronics, due aziende fornitrici di Apple, sarebbero responsabili di fumi tossici che avrebbero causato il cancro a molte delle persone che vivono nei pressi degli impianti. In un villaggio di circa 100 persone, 20 sarebbero morte per cancro a causa degli scarichi nei fiumi e nell’aria circostante delle due fabbriche in questione.

La Kaida e la Dingxin non hanno voluto commentare le accuse, come del resto la Apple, da sempre protesa a nascondere la lista dei propri fornitori cinesi, di cui afferma sempre di valutare nei minimi particolari i comportamenti riguardo ambiente, diritti dei lavoratori ed etica. Alcuni funzionari dei villaggi hanno specificato che le fabbriche sono a norma, pur ammettendo «il pessimo odore nell’aria circostante».

Giovedì 1 settembre: bodyguard per ricchi

Secondo il Wealth Report di Hurun, nel 2010 la Cina conterebbe 960 mila persone con un patrimonio individuale di 10 milioni di yuan (oltre 1 milione di euro) e 60 mila con 100 milioni di yuan (oltre 10 milioni di euro). Solo a Pechino ci sono 170 mila super ricchi. People.com.cn, il sito ufficiale del Quotidiano del Popolo, ha riferito che 15 magnati sono stati uccisi negli ultimi otto anni, mentre 17 si sono suicidati. Sette sarebbero morti a seguito di incidenti.

Genghis Security Advisor è un’agenzia che forma personal trainer per i ricchi cinesi: collabora con la International Security Academy (Isa) israeliana, ha aperto un campo di sperimentazione il 21 marzo 2011 e ha reclutato 32 persone, cinque delle quali erano donne. Sia i cinesi sia gli israeliani inviano ai campi i propri insegnanti: «Le leggi sono diverse tra i due Paesi. Loro per esempio possono avere armi da fuoco, mentre noi non possiamo, per questo ci sono anche i nostri insegnanti. Abbiamo bisogno di regolare i metodi per adattarsi a situazioni reali in Cina», ha detto Yang, boss della Gsa.

La nuova inquietante moda in Cina è dunque cercare lavoro come bodyguard per garantire una vita esente da pericoli ai sempre più numerosi ricchi cinesi. Il Global Times ha raccontato la storia di alcuni di loro: giovani, con esperienze nell’esercito, desiderosi di guadagnare bene, cabotando le vite da sogno dei propri datori di lavoro.

Venerdì 2 settembre: la storiaccia di Wuhan

Nato a Wuhan, Lan Shili, 54 anni, è diventato famoso come ‘l’imprenditore delle compagnie aeree private’. Ma la sua fortuna, nel senso di soldi, l’ha costruita anche con l’asfalto delle strade e i mattoni delle case. Nel 2005, secondo Forbes era tra i primi 70 ricchi cinesi. Di soldi ne giravano tanti allora, e molti finivano nelle sue tasche. Nel 2006 aveva acquistato 20 aerei. Secondo i quotidiani cinesi, però, la crisi del settore e la più generale crisi finanziaria lo avrebbero portato in rovina.

Un precipizio non solo economico, perché accusato di evasione fiscale si è ritrovato anche in carcere, condannato per quattro anni. La sua carriera, fatta di contatti e ganci con gli apparati governativi, evidentemente ha regalato a Lan Shili la possibilità di una lente di ingrandimento su alcune manovre economiche poco chiare. Così, dopo un anno di carcere, ha deciso di passare al contrattacco. E ha organizzato una conferenza stampa, tramite la nipote, finendo per accusare di corruzione niente meno che il vice sindaco di Wuhan, Yuan Shanla. Un colpaccio.

Le accuse: corruzione, utilizzo di fondi pubblici a scopo personale, solidi collegamenti con le bande locali (leggi mafia). Secondo l’imprenditore, il vice sindaco avrebbe sottratto milioni di yuan già dal 1992 (fino al 2005) quando l’incarico di Yuan Shanla era quello di dirigente della zona di sviluppo economica di Wuhan. Il denaro sottratto sarebbe poi stato utilizzato per “ungere” bande locali. Non manca il gossip che tanto piace ai cinesi in queste vicende: il vice sindaco è accusato anche di avere relazioni con un certo numero di donne, tra cui la boss del Wuhan Changjiang Hotel e la direttrice di una di una filiale di una banca locale.

Zhu Lijia, un professore della Chinese academy of governance, ha confessato al Global Times lo stupore nell’ascoltare critiche pubbliche a un membro del governo locale: «È audace per Lan Shili diventare un informatore perché lui stesso può essere trovato colpevole di crimini di cui ancora non era accusato. Se quello che ha affermato è vero, il caso dimostra i problemi nel più generale sistema anti corruzione», ha detto Zhu che ha anche osservato come l’attenzione dei media verso questa tipologia di vicende potrebbe contribuire a portare in avanti lo sviluppo di manovre legislative contro la corruzione, più efficaci. «Se Yuan sarà trovato colpevole, alla fine, il caso offrirebbe a molte altre persone la possibilità di denunciare la corruzione in questo modo, soprattutto con l’aiuto di internet e dei microblog»

La foto della rassegna stampa è tratta dal Carattere Cinese "Zai Jie tou", vitale photoblog, progetto-contenitore di sessanta fotografi di diverse parti della Cina. É uno spazio condiviso e condivisibile, dove i fotografi, più o meno professionisti, si pubblicano e si confrontano. Lo abbiamo scelto perché offre una varietà unica di punti di vista su quello che succede giornalmente in questo paese. Rappresenta così in modo diretto i gesti, gli sguardi, i giochi e gli oggetti che suscitano scenari e racconti individuali in una strada della Cina: qui la scheda, qui le foto.