Problema casa. La bolla immobiliare in Cina

In by Simone

Il mercato immobiliare cinese sta diventando impossibile. Gli aspiranti acquirenti sono ostacolati da due fattori: aumento dei prezzi e carenza di abitazioni a prezzi accessibili. La speculazione degli enti locali è alle stelle: vendono terreni agricoli ai costruttori per rimpinguare le casse dello Stato. I costruttori poi, complice il sistema fiscale cinese, preferiscono costruire aree industriali ed edifici di lusso piuttosto che case popolari. Così la classe media si trova impossibilitata a comprare casa.
Ogni mercoledì il signor Qu Guoliang, 63 anni, e la sua famiglia manifestano di fronte al palazzo Housing Authority Shanghai. Reclamano la loro vecchia casa, anzi non la loro. Quella dei nonni. La chiedono indietro dal 1974 e dal 1994 il tribunale ha sancito che quella casa apparteneva veramente alla nonna di Qu. Ma la casa non gli è mai stata restituita. È stata demolita l’anno seguente.

Come loro, oltre cento persone con lo stesso problema si riuniscono ogni settimana a Shanghai. I giornali li chiamano i cercatori di case. Il Southern Metropolis Weekly, ha stimato che almeno quattromila case a Shanghai hanno la stessa problematica.

I cercatori di case non si riuniscono solo a Shanghai, ma in molte altre città”, riporta il Global Times. La proprietà familiare risale a prima della rivoluzione di Mao, ma negli anni Cinquanta le loro case gli furono confiscate per far fronte alla crescente domanda di alloggi in città di quegli anni.

Poi la storia fece il suo corso: la rivoluzione culturale, le riforme, l’urbanizzazione selvaggia degli ultimi anni. Gli antichi abitanti di quelle case furono costretti ad abitare altrove, e le loro case furono affittate ad altre persone. Se non demolite.

Il signor Qu e i suoi compagni di sventura vorrebbero solo essere compensati della perdita. Ma non lo saranno, perché sono troppi e perché il mercato immobiliare cinese sta diventando impossibile.

Il prezzo al metro quadro di un appartamento a Shanghai è oggi due volte e mezzo quello che era nel 2007, buona parte delle abitazioni a prezzi accessibili non è in vendita. E i nuovi edifici che si costruiscono non hanno certo prezzi popolari.

Nel mese di aprile, il censimento ha rivelato che il 49,7% della popolazione cinese – un miliardo e trecento milioni di abitanti – vive nelle città, a fronte di circa un quinto che ci viveva nel 1982, quando le riforme economiche sono cominciate. La popolazione urbana è quasi triplicata in trent’anni. In Europa, per compiere lo stesso processo, ci abbiamo messo un secolo.
 
E lo Stato è coinvolto in ogni modo: gestisce la costruzione di nuove città, regola l’alloggiamento degli sfollati, risponde attivamente e a volte in modo oppressivo alle nuove ondate di occupanti abusivi. Ma, soprattutto, specula.

I funzionari corrotti sono spesso accusati di aver accettato tangenti da parte degli sviluppatori immobiliari, ovvero di chi si occupa delle ricerche di mercato e della possibile riconversione di terreni agricoli in aree edificabili. Ma il professor Tao Ran, un esperto di problematiche legate alla terra dell’Università del Popolo,  rivela al Guardian che il problema è proprio alla base. La terra è proprietà collettiva e gli agricoltori non hanno il diritto di vendere lo spazio che hanno in affitto.

La vendita dei terreni è diventata quindi una delle principali fonti di reddito per i governi locali, generando, in alcune zone, da un terzo alla metà di tutti i ricavi. Ma il sistema fiscale pende in modo che i redditi locali beneficino dello sviluppo industriale molto più che di quello residenziale.

Il problema è che lo Stato centrale non finanzia abbastanza i governi locali e che di conseguenza “alcune amministrazioni locali stanno letteralmente scavando delle buche che poi vengono riempite per rimpinguare il Pil”, spiega Suisheng Zhao, docente del Center for China-US Cooperation e redattore del Journal of Contemporany China. Di conseguenza, ci sono troppi condomini di lusso, enormi edifici governativi adibiti a uso ufficio e svettanti grattacieli. Nelle città di provincia cinesi, gli alberghi fanno sembrare gli hotel occidentali a cinque stelle dei tuguri. Le città soffocano per la polvere e lo smog. E i cittadini normali non trovano casa.

Tao Ran aggiunge che c’è già sovraccarico nel settore manifatturiero, ma nonostante questo circa il cinquanta per cento delle nuove aree urbane divengono parchi industriali, mentre solo il venti o il trenta per cento sono a scopo residenziale (negli altri paesi in cui l’uso abitativo va dal cinquanta al settanta per cento).

E non basta. Anche la speculazione degli immobiliaristi privati è altissima e le case non si vendono più. La quarantaseienne Zhang Xin, dirige Soho Pechino. Soho è un celebre developer per appartamenti e uffici, simili a Ikea e Star Trek. La Zhang ha dichiarato al Club dei corrispondenti stranieri di Shanghai che nei suoi diciassette anni nel settore immobiliare residenziale non ha mai dovuto affrontare un mercato così difficile.

"Questo è di gran lunga l’anno più impegnativo in termini di vendite". Zhang  ha dato la colpa della crisi attuale alla politica del governo, sostenendo che i developer e i buyer non hanno accesso al credito, allo stesso modo con cui Pechino il Governo scarica le colpe sull’inflazione e l’accessibilità. L’industria è "dettata dalla politica", ha concluso la signora Zhang, "si spende più tempo a indovinare le mosse della politica che a fare il proprio lavoro."

Quale che sia il fattore scatenante, rimane il fatto che il mercato è in crisi, le vendite sono ferme e i prezzi delle abitazioni alle stelle. La bolla è sul punto di scoppiare, e il signor Qu e i cercatori di case come lui hanno veramente poche speranze di riavere indietro la loro.

[Scritto per Lettera 43; Foto di Tania Di Muzio]