PacMan alla conquista di Vegas

In by Simone

Non è la sfida tra il nuovo mondo multipolare e l’impero Usa e neanche tra il bene e il male, ma il "match del secolo" Mayweather-Pacquiao promette scintille. Da un lato un campione imbattuto in 47 incontri, dall’altro l’"octuple champion", cioè il solo ad aver vinto in otto diverse categorie di peso: Money contro PacMan. Campione in otto categorie diverse, quindi ubiquo. Due volte parlamentare e forse futuro presidente del suo Paese, perciò carismatico e quasi sacro. Religioso come solo i filippini riescono a esserlo, cioè con un dio che lo sospinge. Attore, ex cantante e perfino giocatore di basket, dall’alto dei suoi 169 centimetri (d’accordo, per soli sette minuti e in una squadra allenata da lui stesso medesimo): poliedrico. Salvatore dei condannati, perché pare sia stato il suo appello in televisione a sottrarre in extremis a un plotone d’esecuzione indonesiano la connazionale Mary Jane Fiesta Veloso, che doveva essere messa a morte per narcotraffico con altri otto. Unica ancora viva, Mary Jane, grazie a PacMan.

Arriva a Las Vegas da sfavorito, per questo motivo molti pensano che vincerà: “Pacquiao by TKO”, mi scrive un amico inglese che non potrà venire al raduno indetto per le 8.45 pechinesi di domenica – cappuccino e pugni – in un locale specializzato in rhum. Non vedrà in compagnia “il match del secolo” (quante volte l’abbiamo sentita, questa formula?) tra Pacquiao e Mayweather, quello che riunirà i titoli dei pesi welter WBA, WBC e WBO.
È Asia contro Usa – o almeno così facciamo finta di pensare – dato che le Filippine non rappresentano esattamente il mondo multipolare alternativo all’impero americano.

Floyd “Money” Mayweather non è mai stato battuto nei 47 combattimenti che ha sostenuto da quando è diventato professionista nel 1996, e punta al record di Rocky Marciano: 48-0.
Manny “PacMan” Pacquiao ha perso cinque dei suoi 64 incontri. “Ogni volta che mi trovo sfavorito, mi piace. In questi casi, il mio istinto omicida e la mia concentrazione vanno al massimo. Credo che [Mayweather] subirà la sua prima sconfitta”, ha detto. Del resto, Pacquiao è l’unico ad essere diventato campione in così tante categorie. E poi ci sono i KO: lui ne ha inflitti 38, l’avversario 26.

 

 

PacMan ha 36 anni, Money 38. Si spartiscono una ventina di titoli mondiali e soprattutto la borsa più alta di sempre per un incontro di boxe: tra i 230 e i 300 milioni di dollari secondo indiscrezioni non confermate. Ma Manny si è lamentato perché il rapporto è 60-40 a favore dello statunitense.
Nelle dichiarazioni pre-match, Mayweather ha definito lo stile del filippino “avventato”, sottolineando così la propria freddezza e capacità di calcolo, che alla fine dovrebbero dargli l’ennesima vittoria. Eppure, scrive Kevin Mitchell sul Guardian, al momento della pesa il più nervoso sembrava proprio lui, il campione Usa, nella sua ostentazione di superiorità.

Manny era semplicemente se stesso con la sua gente.
Oddio, la discrezione risiede altrove. È arrivato a Vegas da Los Angeles – dove si è allenato – con un convoglio di cento macchine, tra cui un pullman Volvo deluxe dipinto con il suo volto. Una carovana di adoranti filippini al seguito per 270 chilometri, intrattenuti poi al Mandalay Hotel & Casinò con rap e canzoni melodiche.

Ha sorpreso tutti dicendo che non cerca la vittoria prima del limite, ma intende invece battere Mayweather ai punti in tutte le riprese. 

Pretattica? Per i pesi welter si dice che non abbia il pugno del KO, ma la velocità, quella sì. Quindi Packman dovrà martellare Mayweather sommando la potenza alla rapidità, cercando di ridurre la distanza. Il che può risultare fatale contro un avversario che dalla sua ha il carisma dell’imbattibilità e che proprio in quell’istinto geometrico della distanza ha uno dei suoi punti forti. Boxeur ortodosso e completo, “Money” Mayweather, che ci ha tenuto a spiegare come perfino le proprie intemperanza giovanili (un passaggio anche in galera) fossero un calcolo per attirare attenzione e, quindi, una posta più alta.

Manny ha però un’arma in più: è mancino, southpaw, cioè a guardia inversa, sinonimo di guai per chi non è abituato a combatterci. La ragione è semplice: solo un pugile su dieci è sinistro.
Mentre un “ortodosso” deve quindi per forza snaturare la propria boxe per abituarsi a quell’avversario “all’incontrario”, il mancino è perfettamente a suo agio, dato che in carriera ha quasi sempre incontrato non-mancini. Mayweather è famoso per la sua difesa basata sulla rotazione della spalla. Bene, dovrà ruotare l’altra, di spalla. Non è che non abbia mai incontrato mancini, ma di là c’è PacMan: brutta faccenda, con uno così veloce.
Senza scomodare Davide contro Golia, l’incontro di sabato sarà come l’assalto della cavalleria leggera a una città fortificata: astuzia e imprevedibilità contro solidità. Non vi diciamo per chi facciamo il tifo, ma speriamo che si pestino per tante, lunghissime, riprese. Dopo il cappuccino, vogliamo anche il rhum.