L’opposizione thailandese è scesa in piazza per protestare contro l’ipotesi di un’amnistia generale, uno stratagemma – temono – per far rimpatriare nel paese l’esule Thaksin Shinawatra, fratello dell’attuale premier. In Pakistan l’ex dittatore Musharraf ottiene la libertà su cauzione, mentre la premier sudcoreana Park pretende le scuse dal Giappone per le atrocità del passato.
THAILANDIA – Migliaia in piazza contro l’amnistia
Migliaia di persone sono scese in piazza oggi a Bangkok contro la proposta di amnistia generale del governo thailandese.
L’opposizione che ha organizzato la manifestazione, scrive l’Agenzia France-Presse dalla capitale thailandese, accusa il governo di voler favorire velatamente il rientro di Thaksin Shinawatra, ex primo ministro e magnate delle telecomunicazioni, fratello dell’attuale premier Yingluck.
Circa 10mila manifestanti si sono diretti in marcia verso il Grande Palazzo Reale dalla stazione ferroviaria di Samsen, dove continua la protesta indetta già dallo scorso giovedì.
"Protesteremo contro questa proposta di legge finché non sarà abbandonata dal governo", ha dichiarato Suthep Thaugsuban del Partito democratico, citato dall’agenzia Xinhua.
Anche alcuni esponenti delle Camicie rosse, il movimento che nel 2010 aveva protestato contro la deposizione di Thaksin, poi represso nel sangue dall’esercito, hanno dichiarato la loro contrarietà al progetto di legge allo studio del governo. “Supporteremo una proposta in tal senso, ma non un’amnistia generale”, ha spiegato uno degli attivisti.
PAKISTAN – Cauzione per Musharraf
Un tribunale di Islamabad ha concesso la libertà su cauzione all’ex presidente e dittatore pakistano, Pervez Musharraf, in relazione alle accuse di aver ordinato la repressione della Moschea Rossa nel luglio del 2007.
La Lal Masjid fu teatro dello scontro tra le forze di sicurezza pakistane ed estremisti asserragliati nella scuola coranica, che fece almeno 100 morti.
L’ex generale dovrà pagare l’equivalente di 2.000 dollari. La cauzione gli permetterà di uscire dai domiciliari anche per gli altri casi in cui è coinvolto: l’accusa di complicità nell’omicidio di Benazir Bhutto a dicembre del 2007 e del leader separatista del Belucistan, Nawab Akbar Sharif.
L’ex capo di stato, che parla di accuse politicamente motivate, resterà comunque sotto sorveglianza, anche per le minacce di morte ricevute dal suo ritorno in Pakistan. Il suo nome rimane inoltre nella “exit list” delle persone che non possono lasciare il paese.
COREA DEL SUD – Senza scuse di Tokyo dialogo inutile
Se prima il governo giapponese non chiederà scusa per gli “errori” del proprio passato militarista, un vertice tra il capo di Stato sudcoreano e il premier nipponico Shinzo Abe, sarà senza senso. A dirlo è stata la stessa presidentessa sudcoreana Park Geun-hye in un’intervista alla Bbc alla vigilia della tappa britannica del suo viaggio europeo che l’ha portata prima in Francia e si concluderà in Belgio.
Dall’elezione alla Casa Blu lo scorso dicembre, Park non ha ancora tenuto un summit bilaterale con il leader liberal-democratico giapponese. Le parole all’emittente britannica sembrano chiudere la porta all’eventuale dialogo in un momento in cui Seul e Tokyo dovrebbero trovare intese per confrontarsi con la Corea del Nord sul programma nucleare del regime.
Sui rapporti tra i due paesi pesa tuttavia il ricordo delle atrocità compiute dalle truppe d’occupazione nipponiche nella prima metà del Novecento e il nodo ancora irrisolto delle “comfort women”, le donne di conforto, eufemismo con cui venivano definite le ragazze costrette a prostituirsi per i soldati del Sol Levante.
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