Non si fermano le dighe

In by Simone

Il ministro per l’Ambiente raccomanda prudenza nella costruzione delle nuove dighe sullo Yangtze e invita le autorità a eseguire dei controlli accurati sull’impatto ambientale. Ma gli ambientalisti non sono convinti. Il suo ministero è troppo debole per fermare la costruzione dei mega progetti. Continua la costruzione di dighe sul fiume Yangtze e continuano le polemiche. Durante la giornata mondiale per l’ambiente il ministro cinese ha raccomandato di essere prudenti e di valutare attentamente le conseguenze ambientali prima di costruire cinque nuove dighe sul più grande fiume della Cina, come riportato oggi, 6 giugno, dalla stampa locale.

La costruzione di infrastrutture ciclopiche non è un evento nuovo per la Repubblica popolare, il cui governo ha spesso considerato i grandi progetti come mezzi per accelerare lo sviluppo del Paese e fare bella mostra di sé rispetto alla comunità internazionale.

La Diga delle tre gole, delle 36 già esistenti o pianificate sullo Yangtze, ne è forse l’esempio più celebre e discusso. Il suo sbarramento di 2,3 chilometri racchiude un bacino che si estende per oltre seicento chilometri. Dotata di ventisei turbine, detiene il record mondiale per capacità installata.

La sua costruzione, però, ha sepolto sotto una coltre d’acqua oltre mille e duecento villaggi, costringendo più di un milione di persone ad abbandonare le proprie case. È poco chiaro quale impatto abbia avuto sull’ecologia del fiume, ma certo non è stato uno sviluppo ecologicamente positivo.

Le autorità, spinte da una insaziabile bisogno di energia, non sembrano però intenzionate a cambiare i propri piani per il futuro, nemmeno di fronte alla crescente pressione per salvaguardare l’ambiente.

E così si è arrivati alle ultime quattro mega dighe sullo Jinsha, uno dei principali affluenti dello Yangtze, e a quella, denominata Xiaonanhai, presso la città di Chongqing sul corso principale.

Wu Xiaoqing, il ministro per l’Ambiente, si è inserito nel dibattito sottolineando che serve “prudenza” in questi casi.

Secondo quanto riportato dal South China Morning Post, “Wu, un ex governatore dello Yunnan, ha detto che la Cina del sud ovest, dove la maggior parte delle grandi dighe verranno costruite nel prossimo decennio, era ricco in termini di risorse ambientali e di biodiversità ed era soggetto ad un gran numero di rischi geologici quali terremoti e slavine”.

Il ministro ha anche aggiunto di aver chiesto “che altre agenzie governative e le autorità locali portassero a termine delle valutazioni complete dell’impatto ambientale delle dighe già esistenti prima di spingere per costruirne di nuove che sembrano destinate a danneggiare ulteriormente l’ambiente e il fiume”.

Riferendosi al progetto di Xiaonanhai, il ministro ha infatti dichiarato che “ad oggi non abbiamo ancora ricevuto il rapporto sull’impatto ambientale della diga” specificando di aver “controllato da vicino i progetti” e di aver “dato molta importanza alle opinioni dei media e dei vari gruppi sociali”.

Wu avrebbe anche chiesto alle autorità locali di fare attenzione alle proprie scelte, dopo aver valutato a fondo l’impatto del progetto.

Le chance di successo per il ministero dell’Ambiente sono però ridotte al lumicino: nonostante il supporto popolare e la sua ascesa a rango ministeriale nel 2008, “gli ambientalisti – scrive la stampa locale – sostengono infatti che il ministero di Wu non ha il potere di bloccare le dighe, che sono costruite da compagnie nel settore dell’energia e sono supportate dalla Commissione nazionale per lo sviluppo e le riforme".

Sembra infatti che una volta iniziati i lavori preliminari, che costeranno oltre 200 milioni di yuan (circa 25 milioni di euro) sarà virtualmente impossibile fermare il progetto, valutato nell’ordine dei 32 miliardi di yuan (circa 4 miliardi di euro).

* Michele Penna è nato il 27 novembre 1987. Nel 2009 si laurea in Scienze della Comunicazione e delle Relazioni Istituzionali con una tesi sulle riforme economiche nella Cina degli anni ‘80-’90. L’anno seguente si trasferisce a Pechino dove studia lingua cinese e frequenta un master in relazioni internazionali presso l’Università di Pechino. Collabora con Il Caffè Geopolitico, per il quale scrive di politica asiatica.

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