Giappone – Nessuno può cancellare lo Studio Ghibli

In by Gabriele Battaglia

Ha osservato lo Studio Ghibli più a lungo e da più angolazioni di chiunque altro. Negli ultimi anni, con un altro studio, ha creato una serie animata in 3D. Dopo l’annuncio dell’anno scorso della chiusura temporanea dello Studio Ghibli, il settimanale giapponese AERA ha raccolto i suoi pensieri oggi che è fuori dal “regno” di suo padre. Gorō Miyazaki* racconta il futuro del padre Hayao e del Ghibli. I cartoni animati di Hayao Miyazaki (73 anni), al cinema e in Tv, hanno fatto felici i bambini di tutto il Giappone. Tranne uno: suo figlio Goro. Da piccolo ha sempre patito l’assenza di suo padre.

“Papà non era mai a casa. Era sempre a lavoro. Non ho praticamente memoria di aver giocato con lui. Più che essere triste, avrei voluto che almeno si preoccupasse di me”. Ironia della sorte, a fargli passare la tristezza erano gli anime del padre. La domenica sera, con tutta la famiglia riunita davanti alla tv, si guardava Sekai Meisaku Gekijo [popolare programma tv di cartoni animati, ndt]. Era un rito a casa Miyazaki.

“Papà è colui che ha creato Heidi, un lavoro impeccabile, di cui andava molto fiero. Per lui, la famiglia non poteva far altro che sopportare la sua assenza. Non pensandola così non potevamo capirlo fino in fondo. Così, anche allo Studio Ghibli tutto doveva essere impeccabile. Non c’erano alternative”.
Cresciuto anche lui con gli anime del padre, ai tempi del liceo decide di lavorare nel mondo dell’animazione. Sua madre, una ex cartoonist, però, era contraria: quello dell’animazione è un mondo difficile dove tutto dipende dal talento del singolo.

E dato che Goro non disegnava bene come il padre non poteva intraprendere la strada dell’animazione, fine della discussione.

Così il giovane Miyazaki si iscrive alla facoltà di agraria dell’Università dello Shinshu e dopo la laurea diventa consulente su aree verdi e parchi pubblici per il settore edilizio. Dalla sua prospettiva di semplice impiegato, il lavoro del padre gli sembrava il massimo.

“In qualsiasi lavoro devi stare attento alle esigenze dei clienti e alle scadenze e a volte fare cose che non hai voglia di fare. Invece a mio padre permettevano di fare film come piaceva a lui, o almeno così mi pareva allora. Così mi chiedevo continuamente: ‘Ma perché lui sì e io no?

Anime per i più piccoli

La vita di Gorō prosegue quindi in quel mondo così distante dal cinema. Fino alla svolta decisiva: nel 1998 Toshio Suzuki, produttore dello Studio Ghibli, gli chiede di curare il design del Ghibli Museum di Mitaka, poco fuori Tokyo. Gorō trasforma in maniera spettacolare le immagini del parco disegnato dal padre in realtà. Suzuki si accorge del suo talento creativo e, dopo averlo nominato direttore del museo, anche della sua capacità gestionale. Sempre con Suzuki, nel 2006 debutta come regista. Esce I Racconti di Terramare.

Suo padre, però, non è contento. “’Basta anche un solo film e sei un regista per tutta la vita. Tu non hai capito niente di cosa significhi tutto ciò’, mi disse mio padre”, spiega Goro. “Gli risposi bruscamente che non ne avevo idea. In realtà però era come diceva lui”.

I Racconti di Terramare diventa celebre come l’opera prima del figlio di Hayao Miyazaki. Al botteghino il film ha un successo enorme e arriva ai primi posti delle classifiche nazionali. A livello di contenuti, però, viene criticato per “non discostarsi troppo dal padre”. Come gli aveva detto suo padre, a Goro ormai non restano vie di uscita.

Nel 2011 esce il suo secondo film: La Collina dei Papaveri. Preso dai dubbi sull’aspetto dei protagonisti, disegna e ridisegna gli storyboard più volte. Lavora a denti serrati, finché dalla troppa tensione non gliene si rompe uno.

Il film arriva al numero uno della classifica dei film giapponesi più visti quell’anno e si aggiudica il premio come miglior film d’animazione ai Japan Academy [gli “Oscar” giapponesi, ndt].

Ronja, la figlia del brigante, la prima serie animata creata da Goro Miyazaki, è stata trasmessa a partire da ottobre 2014 sul canale BS Premium della NHK. La serie è tratta da un romanzo di Astrid Lindgren, la scrittrice svedese creatrice di Pippi Calzelunghe. “In poche parole – spiega il regista – racconta dell’amore tra un padre e una figlia”. Figlia di un brigante, Ronja cresce imparando a cavarsela da sola nella foresta anche se suo padre la vorrebbe sempre al suo fianco. Il romanzo parla proprio dei conflitti e dei riavvicinamenti tra i due.

La serie nasce da una ricerca personale di Goro e dal suo desiderio di fare del libro un anime. Con la nascita del suo primo figlio nel 2008, ha confessato di aver letto il romanzo dal punto di vista di un genitore.

Dato che i cartoni animati sono cose da bambini, mi sono chiesto se non sia meglio farli pensando a loro. Però finora non ho ancora trovato un cartone animato che mi venga voglia di vedere insieme a mio figlio. Si può vendere il merchandising, si possono vendere i Dvd, ma queste sono faccende da adulti. Gli anime sono ormai dipendenti dal mercato”.

Accorgendosi di come stavano le cose, Goro ha preso una decisione: “Voglio disegnare un anime che sia l’equivalente di ciò che per me è stato Heidi quando ero piccolo”.

Autocontrollo in stile Ghibli

Come base creativa, Goro ha scelto uno studio diverso dal Ghibli. Per di più, ha deciso di realizzare la serie in computer grafica e non in disegno manuale, marchio di fabbrica dello Studio Ghibli.

“Quando fai un cartone animato a mano sai a grandi linee come sarà il prodotto finale. Per la mia serie, invece, ho deciso che avrei provato a seguire una via totalmente diversa”.

Goro ammette di essere rimasto affascinato dalla “voglia di fare” e dall’“alto livello tecnico” degli animatori in computer grafica che hanno lavorato con lui. Fino a quel momento avevano sempre lavorato come contractor per le grandi case d’animazione americane.

Era la prima volta che si trovavano a lavorare all’interno di uno studio d’animazione. Eppure, nonostante la loro esperienza, cercavano di migliorarsi ancora. “Quando vedo i loro lavori finiti mi domando: non è che forse esagerano?”, scherza Goro.

Lavorano con me sapendo che insieme ci divertiremo. È perché alle decisioni arriviamo insieme, attraverso la discussione e il confronto [Lett. Nel testo: ci riesce bene il “catch-ball”, ndt]. Quando li guardo lavorare, mi viene voglia di fare qualcosa che li renda orgogliosi”.

Questo approccio partecipativo è stato quasi impossibile nei due film fatti al Ghibli.

Lo Studio Ghibli è lo studio di Hayao Miyazaki. L’ho capito da quando sono fuori dal Ghibli. Anche con altri registi intorno, l’uomo dalla barba bianca si avvicina agli animatori, dice: ‘qui così non va bene’ e continua il suo giro. Lo staff non può fare altro che stare a sentire quello che dice lui. Alla fine tutti gli danno ragione, perché lui è il ‘re’. Con persone del calibro di Isao Takahata [un altro regista storico del Ghibli, ndt] è diverso, ma se qualcuno che come me non ha esperienza nel disegno manuale vuole fare qualcosa a modo suo, difficilmente verrà ascoltato”.

Anche i conflitti vissuti all’interno del Ghibli, continua Goro, gli sono apparsi finalmente chiari.

Al Ghibli la filosofia è quella di fare ciò che si è fatto da trent’anni a questa parte. Chi ci lavora adotta una sorta di autocontrollo nel convincersi che un anime o lo si fa in ‘stile Ghibli’ o non lo si fa. Così allo Studio Ghibli si riescono a fare solo cose che rispettino le leggi del ‘regno’. Si parla del problema dell’ ‘erede al trono’, ma secondo me il concetto stesso di ‘eredità’ è totalmente estraneo alla mentalità del Ghibli. Lo Studio Ghibli sarà sempre il regno di Hayao Miyazaki”.

Lo spot di Ronja è stato trasmesso in Tv lo scorso luglio. Anche Toshio Suzuki dello Studio Ghibli lo ha visto. “Mentre lo guardavo ero molto emozionato. Gorō si è liberato dai suoi vincoli. Se fosse rimasto al Ghibli non avrebbe potuto creare Ronja.

D’altro canto Gorō si è reso conto di avere dentro di sé un po’ di Ghibli.È difficile liberarsi dell’imprinting di mio padre”.

Accorgersi del peso del destino

Per quanto uno ci provi è sempre difficile staccarsi dal padre. Una volta intrapresa una strada, bisogna proseguire su quella.

L’anno scorso Hayao Miyazaki ha annunciato il suo ritiro da regista di film d’animazione. In questi giorni è in proiezione nelle sale giapponesi Omoide no Marnie (lett. Marnie dei ricordi), l’ultimo film di Hiromasa Yonebashi. Ed è poco dopo arrivata la notizia della chiusura dello Studio Ghibli.

È impossibile cancellarlo con un solo colpo di spugna. Per quanto riguarda il copyright dei film, parlando da figli di Hayao Miyazaki, non posso permettere che i film finiscano in mano a qualche sconosciuto che ci si arricchisca. E poi c’è il museo: come si fa a ‘chiudere’ di colpo tutto quanto?”. Oggi Goro Miyazaki sembra essere pronto a sostenere il peso del proprio destino.

[Tradotto per Internazionale; foto credit: squarespace.com]

*Goro Miyazaki è figlio di Hayao, fondatore dello Studio Ghibli. Come il padre è regista di lungometraggi animati. Tra i suoi lavori I Racconti di Terramare (2006) e La collina dei papaveri (2011) con cui nel 2012 ha vinto il Japan Academy Prize for Animation. Nel 2014, è uscita solo in Giappone la sua prima serie animata, Sanzoku no musume Ronya, adattamento del romanzo per bambini di Astrid Lindgren, Ronja. La figlia del brigante