Nel nome del padre

In by Gabriele Battaglia

In attesa di conoscere il verdetto del tribunale di Jinan, Bo Xilai scrive una lettera a familiari e sostenitori. Nella missiva, riportano i media cinesi, parole di ringraziamento e di incoraggiamento. E una promessa su tutte: come già fu per il padre, uno degli Otto immortali del Pcc, il suo nome sarà riabilitato.  Domenica conoscerà il proprio destino, intanto parla lui.

Bo Xilai, l’ex leader del Partito comunista cinese di Chongqing ha scritto una lettera a una cerchia ristretta di familiari e sostenitori, una missiva che sarebbe in circolazione da martedì scorso. Intanto, il tribunale della città di Jinan, nello Shandong, dove ad agosto si è tenuto il processo a Bo per corruzione, appropriazione indebita e abuso di potere, ha comunicato che il verdetto sarà annunciato domenica.

Nella lettera, riporta il South China Morning Post, Bo dice che è pronto a seguire le orme di suo padre, andando in prigione, e sostiene che un giorno il suo nome verrà riabilitato

Due persone con stretti legami con la sua famiglia hanno confermato al giornale di Hong Kong che la lettera è autentica, scritta di proprio pugno dal 64enne ex membro del Politburo. Si tratta della prima comunicazione di cui si abbia conoscenza tra Bo e i familiari, dal momento del suo arresto nel marzo del 2012.

Dalla missiva traspare lo stesso atteggiamento che l’uomo ha tenuto durante il processo: sfida aperta nei confronti del potere che lo giudica.

“Aspetterò tranquillamente in carcere”, ha scritto l’ex capo del partito di Chongqing che – ricordiamolo – perse il potere nel marzo 2012, alcune settimane dopo la fuga del suo ex capo della polizia, Wang Lijun, nel consolato Usa di Chengdu. Lo scandalo fece emergere il coinvolgimento di Gu Kailai, moglie di Bo, nella misteriosa morte di Neil Heywood, un cittadino britannico in affari con la famiglia. Gu è già stata riconosciuta colpevole di omicidio e ha ricevuto una “condanna a morte sospesa”.

“Mio padre è stato incarcerato più volte – scrive l’ex membro del Politburo -. Seguirò i suoi passi”. Il riferimento è a Bo Yibo, uno dei più influenti vecchi leader comunisti e uno dei sopravvissuti alla Rivoluzione culturale. Era uno dei cosiddetti “Otto Immortali”, il gruppo – di cui faceva parte anche Deng Xiaoping – chiamato così per la longevità politica dei suoi membri. Bo Yibo è morto nel 2007 a 98 anni.

Nella sua lunga carriera politica, fu incarcerato almeno due volte dai nazionalisti prima che i comunisti prendessero il potere nel 1949. Fu poi epurato nel 1966, durante la Rivoluzione Culturale, e quindi reintegrato nel 1970.

Nella sua lettera, Bo ha anche scritto: “Mio padre e mia madre sono morti, ma i loro insegnamenti continuano a essere per me preziosi. Non sarò indegno del loro glorioso passato anche se dovrò sopportare miserie ancora più grandi”. Bo ha raccontato di tenere una foto della madre sul letto e di non sentirsi più solo con questa presenza al suo fianco. Secondo resoconti ufficiali, la donna, Hu Ming , si suicidò durante la Rivoluzione Culturale.

Bo ha anche ringraziato i familiari per il loro sostegno. “In queste ore angoscianti, [mi sono reso conto che] il sangue non è acqua”, ha scritto . “Mi sono sentito più forte quando vi siete seduti dietro di me durante il processo”.

In chiusura di lettera, Bo ha inviato un messaggio ai suoi due figli: Li Wangzhi, 35 anni, avuto in prime nozze, e il 25enne Bo Kuangyi, più noto come Bo Guagua, nato dal matrimonio con Gu Kailai e ora negli Usa per completare gli studi. “Wangzhi e Kuangyi sono bravi ragazzi”, ha scritto Bo. “Vorrei che potessero prendere in consegna la tradizione di famiglia e che raggiungessero qualcosa nella vita. Spero che diventino buoni fratelli”.

Secondo gli esperti, Bo rischia una condanna ad almeno 15 anni e probabilmente ricorrerà in appello. È invece altamente improbabile che riceva una condanna a morte.

Durante i cinque giorni del processo, ad agosto, l’ex leader di Chongqing ha negato le accuse che gli sono state rivolte. Le trascrizioni delle udienze sono state in buona parte rese pubbliche e la relativa trasparenza ha aperto un dibattito sulla possibile evoluzione del sistema giudiziario cinese in direzione di uno Stato di diritto compiuto. 

[Scritto per Lettera43; foto credits: beta.afr.com]