L’Associazione Italia-Asean nasce nel 2015. La sua missione è quella di rafforzare il legame e rendere più evidenti le reciproche opportunità, sia per le imprese che per le istituzioni. Qui pubblichiamo la newsletter Italia-Asean del 15 gennaio.
Sono molte e sempre più competitive le società tecnologiche che, dal ride-hailing, all’e-commerce, passando per le consegne a domicilio, fino ai pagamenti online si contendono il primato nel Sud-Est asiatico, rendendo la regione una delle aree più interessanti e dinamiche del pianeta in questo senso, ognuna con le sue strategie di marketing e promozione. La compagnia tecnologica singaporiana Shopee, di proprietà di Sea Group, ha ad esempio, puntato su consegne gratuite e basse commissioni per sfondare nel mercato vietnamita, scelte che l’hanno portata, nell’anno appena conclusosi, a diventare la piattaforma di commercio online più popolare nel Paese. Nell’era post-COVID, l’e-commerce sarà la pietra angolare di una nuova serie di alleanze e sta crescendo la concorrenza tra compagnie rivali per costruire interi ecosistemi atti a soddisfare il maggior numero possibile di esigenze dei clienti. Lo sviluppo delle più celebri startup tecnologiche dell’area ASEAN, come Grab e Gojek, è stato stimolato dalla diversificazione dei servizi offerti e ad oggi, proprio Sea Group, punta in questa direzione, stringendo legami e finalizzando acquisizioni con altre compagnie, per cavalcare la ripresa economica che tutti si aspettano nel 2021. Secondo molti esperti, quindi, il mercato delle società tech del Sud-Est asiatico ha iniziato una fase decisiva che porterebbe, nel giro di pochi mesi, al consolidamento di alcune grandi società come Sea, Grab, Gojek, Lazada e Tokepedia. Secondo uno studio di Google, Temasek Holdings e Bain & Company, nel Sud-Est asiatico, oltre ai celebri unicorni della tecnologia, si registrano ben 12 startup dal valore superiore al miliardo di dollari, che stanno progressivamente rivoluzionando il commercio in ASEAN. Tutto questo si tradurrebbe, quindi, in un mercato con una solida leadership di diversi attori in continua competizione tra loro e sostenuto da investimenti provenienti dai più grandi gruppi industriali e finanziari di tutto il mondo.
CAI: una svolta nelle relazioni economiche Italia-Cina
Sono diversi i settori economici nei quali la Cina garantirà maggiore apertura e competitività per le imprese europee. Si va dal settore manifatturiero (che riguarda la metà degli IDE europei in Cina) e dell’automotive, a quello dei servizi finanziari, dei trasporti aerei e marittimi, delle tecnologie di comunicazione e informatiche, della sanità, dell’ambiente e sostenibilità. In ciascuno dei suddetti settori non solo sarà appunto garantita maggiore apertura, ma la Cina assicurerà che il mercato sia governato da regole certe e viga la piena concorrenza tra impese europee e di stato cinesi, soprattutto per ciò che concerne la trasparenza e i sussidi, oltre a vietare i trasferimenti forzati di tecnologia. In aggiunta, le imprese europee potranno beneficiare di iter semplificati nell’avere autorizzazioni e nel completare procedure amministrative e potranno avere accesso agli organismi di normalizzazione cinesi.
Sia l’UE che la Cina sono entrambi molto impegnati nel rispetto degli Accordi di Parigi sul clima e quindi hanno voluto ribadire la centralità del tema della sostenibilità nel recente Accordo. Infatti, le due parti contraenti hanno deciso di vincolarsi al rispetto dei valori espressi nei principi dello sviluppo sostenibile in merito agli investimenti e le questioni relative allo sviluppo sostenibile saranno soggette a un meccanismo di applicazione composto da un panel di esperti indipendenti, come avviene per tutti gli accordi commerciali dell’UE. Ciò significa una risoluzione trasparente disaccordi con il coinvolgimento della società civile. È da notare che questo è il primo caso in cui la Cina accetta vincoli tanto stringenti con un altro partner commerciale. Come conseguenza la Cina dovrà modificare la propria politica in materia ambientale e lavorativa in modo da innalzare gli standard di controllo rispetto al livello attuale, tenuti volontariamente bassi proprio per attrarre maggiori investimenti. In aggiunta, dovrà rispettare i propri obblighi internazionali e far si che le sue aziende attuino una condotta responsabile.
Dal punto di vista europeo il CAI assicura che la Cina continui e non torni indietro sulla sua politica di liberalizzazione degli investimenti portata avanti negli ultimi 20 anni, dando maggiore sicurezza alle aziende europee. Permette all’UE di ricorrere al meccanismo di risoluzione in caso di violazione degli impegni e di giovarsi dell’eliminazione di varie restrizioni all’accesso al mercato come restrizioni quantitative, limiti di capitale o requisiti di joint venture. D’altra parte il CAI preserva settori sensibili come energia, agricoltura, pesca, audiovisivo, servizi pubblici.
Se si analizza il CAI anche alla luce del recente accordo RCEP, si può constatare come il gigante asiatico si sia chiaramente indirizzato verso una strada che porta a una maggiore apertura verso il mercato. È significativo notare come in un lasso di tempo davvero breve la Cina abbia sottoscritto due grandi accordi commerciali da una parte con 14 paesi dell’Asia-Pacifico e dall’altra con la più grande organizzazione sovranazionale, l’UE. Bisognerà vedere come gli USA sotto la nuova presidenza Biden risponderanno a questa offensiva market friendly cinese e soprattutto quali saranno le implicazioni per le relazioni transatlantiche. Infatti, la Cina potrebbe aver voluto concedere maggior spazio di manovra agli europei nel suo mercato con l’intento di ingraziarseli e con la conseguenza recondita di rompere l’asse USA-UE in funzione anticinese in tema di rispetto dei diritti umani. Questa mossa europea scompagina certo l’asse occidentale nei confronti della Cina, ma è difesa a Bruxelles con la motivazione che l’UE deve avere una sua relazione con la Cina indipendente dalle posizioni di Washington. il tema vero su cui l’UE dovrebbe riflettere è che ad oggi manca una vera politica europea onnicomprensiva nei confronti della Cina.
A cura di Niccolò Camponi
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