Meno chiese!

In Uncategorized by Gabriele Battaglia

Nella provincia più cristiana della Cina, il governo locale ha cominciato la campagna “Tre Revisioni e Una Demolizione”, che prende di mira le chiese protestanti: edifici "troppo appariscenti" rasi al suolo, croci "fuori norma" rimosse. Per il governo locale è una questione di abusivismo edilizio; per i fedeli, un attacco al proprio culto. La chiesa Longwan Hebin di Wenzhou, la città della provincia dello Zhejiang conosciuta come "la Gerusalemme della Cina", è stata completamente distrutta dalle autorità. Il luogo di culto "è stato raso al suolo in sole due ore", ha scritto un testimone sui social media. Precedentemente, i funzionari avevano rimosso una croce dal tetto della chiesa Baixi, alla periferia della stessa città. Anche parti della chiesa Feng’ao sono state demolite.

La provincia orientale a sud di Shanghai sembra percorsa dal grido "meno chiese". A cui, ci scommettiamo, si può aggiungere anche il tradizionale "più case" (bolla immobiliare docet).
Ma i funzionari della provincia negano di avere iniziato una “campagna di demolizione” contro i luoghi di culto della provincia più cristiana (protestante) del Paese, dopo le voci secondo cui almeno una dozzina dovrebbero essere tirate giù.
I fedeli riferiscono che, oltre alle demolizioni, ad alcune comunità locali viene richiesto di rimuovere le croci, mentre ad altre è stato ordinato di rendere il luogo di culto “meno appariscente”: insomma, che si spengano le luminarie almeno di notte.

Tutto era cominciato con il trambusto creato dal caso della chiesa protestante di Sanjiang, sempre nella municipalità di Wenzhou, la cui costruzione è in corso da tre anni e che è già costata più di 20 milioni di yuan (oltre 2.300.000 euro). Un paio di mesi fa, il governo locale aveva ordinato di smantellarne alcune parti e di rimuovere una croce “eccessiva”; i fedeli si erano raccolti sul sagrato per protesta. La foto ha fatto il giro del mondo.
Secondo un funzionario dell’Ufficio per gli Affari Etnici e Religiosi di Wenzhou, citato dal Global Times, la decisione delle autorità era stata presa perché la chiesa sarebbe una struttura abusiva che viola qualsiasi norma di sicurezza.
Secondo il piano di costruzione approvato dal governo locale – riportano fonti ufficiali – la chiesa dovrebbe coprire una superficie di 1881 metri quadrati. Tuttavia, l’attuale struttura in costruzione avrebbe già superato i 7mila metri quadrati, quasi il quadruplo della dimensione consentita.

Il governo dello Zhejiang ha iniziato lo scorso anno una vasta campagna contro l’abusivismo edilizio che è ora in pieno svolgimento. È stata rinominata movimento delle “Tre Revisioni e Una Demolizione”, e colpisce qualsiasi tipo di costruzione, non solo quelle religiose. Almeno, secondo la narrativa ufficiale. Raccontata così, la campagna sembrerebbe del tutto in linea con il tentativo della leadership di abbandonare il vecchio modello di crescita fondato sulla speculazione immobiliare, nonché assolutamente coerente con il giro di vita “contro gli eccessi” (cioè anticorruzione) voluto dal presidente Xi Jinping, che dovrebbe colpire “sia le tigri sia le mosche”.

Lo scorso febbraio, Feng Zhili, presidente del Comitato sugli Affari Enici e Religiosi della provincia di Zhejiang, avrebbe chiesto alle sezioni locali del Movimento Patriottico delle Chiese Protestanti dei “Tre-Sé” (Tspm) e del Consiglio Cristiano Cinese (Ccc) – le organizzazioni riconosciute ufficialmente – di sostenere la campagna, scrive il Global Times. In quell’occasione, Feng avrebbe però citato anche alcuni “problemi profondamente radicati” nello sviluppo del cristianesimo all’interno della provincia, sottolineando la sua crescita “eccessiva ed estesa” e aggiungendo che il modo in cui la gente si converte causa attriti sociali e fa perdere “fiducia religiosa”, in una chiara allusione a presunte influenze esterne che spingerebbero le congregazioni verso la dissidenza. La campagna di demolizione – secondo il funzionario – avrebbe quindi contribuito a migliorare il cristianesimo, dandone un’immagine di “modestia, tolleranza, inclusione e apertura”.
Insomma, va bene la lotta all’abusivismo, ma già che ci siamo mettiamo al loro posto questi invasati così esposti alla propaganda occidentale. Secondo il britannico Telegraph, la notizia rivelerebbe quindi un certo fastidio del Partito comunista per la veloce crescita delle congregazioni a Wenzhou, già ribattezzata “Gerusalemme della Cina” dai media occidentali, dove i protestanti ammonterebbero già a un milione (sui nove della popolazione complessiva).

La diffusione del cristianesimo protestante è in genere vista di buon occhio dalla leadership di Pechino, che ci ha messo del suo nello smantellare i valori socialisti e che ora strizza l’occhio a tutte quelle “morali” che possano contribuire a governare, nel segno della stabilità sociale, un processo di modernizzazione spesso lacerante.
L’anno scorso, Xi Jinping osservò come la Cina stesse “perdendo la sua bussola morale” e aggiunse che le fedi “tradizionali”, come il buddismo, il confucianesimo e il taoismo avrebbero potuto “contribuire a colmare un vuoto che ha permesso alla corruzione di prosperare” secondo quanto riportò Reuters all’epoca.
Ma anche il protestantesimo non è poi così male. Come l’esperienza europea e Max Weber insegnano, la predicazione di Lutero coincide con lo sviluppo della borghesia e la Riforma compenetra fede e successo individuale, costituendo una “etica del capitalismo” che si può perfettamente adattare alla Cina contemporanea.

Tuttavia, la religione non deve sfuggire al controllo del potere secolare cinese – cioè il Partito – in un Paese formalmente ateo in cui le fedi ufficialmente riconosciute sono il buddhismo, il taoismo, l’islam e i “cristianesimi” (protestante e cattolico), tutte debitamente organizzate in associazioni “patriottiche” che si coordinano direttamente con le autorità politiche.

Su questo sfondo si innesta la questione “edilizia” – nella fattispecie la costruzione dei luoghi di culto – che è notoriamente piuttosto importante in Cina.
Secondo le normative ufficiali, i gruppi religiosi devono fare domanda al locale Ufficio degli Affari Etnici e Religiosi per ottenere i permessi di costruzione. Sono tenuti a presentare un’ampia documentazione sullo stato dei credenti e dei predicatori, nonché sull’effettiva necessità del luogo di culto. Si forma quindi un comitato di pianificazione e, dopo che l’edificio è costruito, bisogna registrarlo di nuovo presso le autorità locali.
La trafila può anche durare dieci anni – dicono oggi i fedeli di Sanjiang – così spesso si iniziano i lavori mentre le pratiche sono ancora in corso (un po’ come succede da noi quando si tira giù una parete in casa e si comunica “l’inizio lavori” in attesa dei permessi effettivi).
Le autorità chiudono generalmente un occhio e lasciano fare ma, nello Zhejiang delle “Tre Revisioni e Una Demolizione”, la musica è evidentemente cambiata. Almeno per le chiese.

[Scritto per Lettera43]