Uno studio sui termini più ricercati su internet dai cinesi, dimostra che al primo posto c’è Dio. Non solo, sono più le ricerche su Gesù che quelle sul presidente Xi Jinping, il papa supera di poco il presidente Mao, la Bibbia il Libretto Rosso. E infatti acuni studiosi ritengono che la comunità protestante raggiungerà 160 milioni di membri entro il 2025, superando così la popolazione protestante Usa.
La comunità protestante contava un milione di membri nel 1949, quando venne fondata la Repubblica popolare. Ma oggi stiamo assistendo a un vero e proprio boom evangelico. Nel 2010 i protestanti in Cina erano 58 milioni (sono 40 in Brasile e 36 in Sud Africa) e alcuni studiosi cinesi credono che raggiungerà la cifra di 160 milioni di membri entro il 2025, superando così la popolazione protestante Usa. Secondo lo studio del professore di sociologia Yang Fenggang, autore di ‘Religion in China: Survival and Revival under Communist Rule‘, nel 2030 la popolazione cristiana cinese (inclusi i cattolici) supererà i 247 milioni.
Il fatto che questo avvenga in Cina è di per se una notizia. Dal 1949, infatti, il Partito comunista cinese – per sua natura ateo, materialista e totalitario – pone lo Stato (e di fatto il Partito) al vertice di ogni valore. Non porre lo Stato prima di qualunque altro valore è un potenziale pericolo per il la tenuta dello Stato e, di fatto, le religioni possono facilmente mettere in secondo piano la volontà del Partito ispetto a quella di Dio.
L’esempio più recente è quello della demolizione delle chiese nella regione meridionale dello Zhejiang. Sulle sue mura era stato scitto, a lettere cubitali, chai ovvero ‘demolire’. Si è così aperto un piano di accesa discussione a livello locale. Wenzhou, il capoluogo della regione dov’è situata la chiesa in questione, è addirittutura soprannominata la ‘Gerusalemme cinese’ a causa della quantità di cristiani, quasi tutti protestanti, presenti: sono il 15 per cento di circa 9 milioni di abitanti. Qui la chiesa Longwan Hebin è stata completamente distrutta dalle autorità.
Il luogo di culto "è stato raso al suolo in sole due ore", ha scritto un testimone sui social media. All’inizio della settimana scorsa i funzionari hanno rimosso una croce dal tetto della chiesa Baixi nella sua periferia di Wenzhou e anche parti della chiesa Feng’ao sono state demolite. Nel frattempo la congregazione di una delle più grandi chiese “domestiche” di Pechino ha chiesto il rilascio di tre membri che sono stati arrestati domenica scorsa mentre tenevano una "messa all’aperto".
A Pasqua migliaia di fedeli hanno raggiunto la chiesa di Liushi, un edificio capace di ospitare 5mila persone, il doppio dell’abazia di Westminster. La sua croce è alta 62 metri ed è visibile da chilometri di distanza. Come molte altre chiese del paese, quella di Liushi ha una storia complicata che racconta le alterne fortune della religione nell’ex Impero di mezzo. Fondata nel 1886 da un missionario, fu costretta a chiudere negli anni Cinquanta a causa delle campagne maoista contro la religione.
Solo con la morte di Mao e la fine della Rivoluzione culturale poté riaprire. Oggi ha una media di 2600 fedeli regolari e celebra una settantina di battesimi all’anno. L’anno scorso è stata ricostruita e, con i suoi 450mq, è diventata la chiesa più grande dell’intera Cina. E il suo caso non è isolato. Costruzioni e ristrutturazioni di chiese sono attestate in tutta la Cina e sembra che siano più i cinesi che gli europei a santificare ogni domenica, come la tradizione religiosa insegna.
Anche i cattolici sono in crescita. Secondo le fonti ufficiali, attualmente in Cina sono aperte al culto 4.600 chiese cattoliche. Le fonti ufficiali si riferiscono agli edifici di culto gestiti da personale dell’Associazione patriottica, ovvero i cattolici che, almeno ufficialmente, non riconoscono il primato sul papa. Molti dei vescovi dell’Associazione invece hanno chiesto segretamente l’approvazione della Santa Sede all’ordinazione episcopale e alcuni hanno rifiutato di celebrare ordinazioni imposte dal governo.
L’esempio più recente è quello del vescovo di Shanghai Ma Daqin che nell’estate del 2012 ha espresso pubblicamente fedeltà al Papa e ha chiesto di abbandonare l’Associazione patriottica. L’alto prelato è stato prima rinchiuso nel seminario di Sheshan «per riposare», privato della possibilità per due anni di celebrare Messa nonché di comparire in pubblico. Infine l’11 dicembre 2012 l’Associazione patriottica l’ha destituito dalla carica episcopale e il titolo di vescovo gli è stato revocato (ma per il Vaticano è tuttora valido).
Il perché è presto chiarito. Un recente studio sui termini più ricercati su internet dai cinesi, dimostra inequivocabilmente che dio è tra i termine in assoluto più ricercati. Non solo, sono più le ricerche su Gesù che sul presidente Xi Jinping, il papa supera di poco il presidente Mao, ma immensa è la distanza tra le ricerche sulla Bibbia rispetto a quelle sul Libretto Rosso. E sono in molti a pensare che la leadership comunista abbia paura che la fede in una religione possa piano piano diventare concorrente al Partito.
Nonostante la Costituzione del 1982 garantisca ai cittadini di praticare “normali attività religiose” infatti, officianti e praticanti sono marcati stretti, e anche i sermoni non devono divergere dalla linea che il Partito considera accettabile. Secondo quanto riportato dal Telegraph, nella chiesa di Liushi ci sono telecamere a circuito chiuso proprio per controllare le scelte delle letture e le omelie. Cristiani sì, ma con caratteristiche cinesi.
[Scritto per Lettera43; foto credits: chinadivide.com]