India – Modi in testa secondo gli exit poll

In by Gabriele Battaglia

L’esito delle urne anticipato dagli exit poll indiani incorona all’unanimità il candidato del Bharatiya Janata Party (Bjp) Narendra Modi come prossimo primo ministro della Repubblica indiana, seppur con un’enorme incognita.
Storicamente gli exit poll in India si sono rivelati strumenti poco affidabili per interpretare realisticamente l’esito finale del voto – atteso per venerdì 16 maggio – come provano le esperienze recenti delle elezioni locali di Delhi (nessuno aveva predetto l’emergere dell’Aam Aadmi Party come terzo partito nella capitale) o delle nazionali del 2009, quando tutte le proiezioni indicavano una vittoria schiacciante del Bjp, salvo poi essere ribaltate dalla riconferma al governo della coalizione guidata dall’Indian National Congress (Inc).

Nonostante queste premesse, i media indiani hanno celebrato ampiamente l’effetto devastante della cosiddetta «Modi Wave», la marea pro Modi in grado di assicurare alla coalizione di destra della National Democratic Alliance (Nda) un numero di seggi da record: tra i 250 e i 280, sicuramente intorno alla soglia di 273, la maggioranza parlamentare necessaria per la formazione dell’esecutivo.

In una tornata elettorale per molti aspetti destinata ad entrare nella Storia – record di aventi diritto al voto, 815 milioni; record di affluenza, 66,38 per cento – il popolo indiano sembra aver premiato la meticolosa campagna elettorale architettata dagli strateghi al servizio di Modi, un connubio perfetto di propaganda mediatica indirizzata alle élite urbane – con social network e copertura televisiva inedita – e lavoro «sul campo» tra gli strati sociali tradizionalmente estranei al partito della destra hindu.

Se nell’India meridionale, dove temi, lingua e istanze hanno creato un panorama politico a sé, il Bjp si è riconfermato largamente minoritario (virtualmente inesistente in Tamil Nadu, dove il partito regionale dravidico di Jayalalithaa ha fatto il pieno con oltre il 40 per cento delle preferenze), oltre a consolidare la propria presenza nell’India nord-occidentale, Narendra Modi ha sbaragliato il resto dei partiti in Uttar Pradesh (Up) e Bihar, un bacino da oltre 140 milioni di voti rappresentato alla Lok Sabha (la Camera bassa del parlamento centrale) da 120 seggi.

In una personalizzazione dello scontro politico, Modi aveva deciso di candidarsi – oltre che nel «suo» Gujarat – anche nella circoscrizione della città santa di Varanasi, legittimandosi agli occhi dell’elettorato di fede hindu come il candidato prescelto da una delle divinità del pantheon induista.

«Nessun uomo mi ha detto di venire qui, a Varanasi: sono stato chiamato dalla Madre Ganga» aveva annunciato NaMo vantando un impeto vocazionale arrivato direttamente dal fiume sacro Gange – che in India è femmina e dea – in un territorio che, incidentalmente, il Bjp sapeva di dover fare proprio per aumentare il numero di seggi vinti strappandoli ai partiti locali: il Samajwadi Party (partito di governo in Uttar Pradesh, espressione delle caste basse) e il Bahujan Samaj Party (partito dei dalit).

In Up il Bjp si sarebbe assicurato, come minimo, ben 50 seggi, mettendo di fatto un piede nella residenza di South Block, Raisina Hill, gli appartamenti riservati al primo ministro indiano a New Delhi.

L’Inc, reduce da una campagna elettorale mal gestita affidata a un leader in perenne carenza di carisma com Rahul Gandhi, si prepara ad incassare la disfatta. Perdendo quasi ovunque nel paese – unica nota positiva, lo stato meridionale del Kerala – il partito della dinastia Nehru-Gandhi si aggiudicherebbe, secondo gli exit poll, non più di 100 seggi, un risultato al di sotto delle aspettative più catastrofiche.

In modalità «damage control», le alte sfere del partito l’altroieri hanno disertato le dirette tv degli exit poll, uscendo solo ieri allo scoperto nel tentativo di salvaguardare la figura del delfino Rahul dall’ecatombe elettorale. In caso di conferma degli exit poll, hanno sottolineato, la debacle non sarà imputabile al figlio di Sonia Gandhi, bensì ai ministri e rappresentanti dell’esecutivo ora in carica (del quale il giovane Rahul non ha mai fatto parte).
Aspettando i risultati di venerdì, l’euforia dell’elettorato pro Modi sembra annunciare davvero la fine di un’era.

[Scritto per il manifesto; foto credit: independent.co.uk]