Marò, l’Italia gioca la carta arbitrato

In by Gabriele Battaglia

Venerdì scorso la Farnesina ha annunciato l’attivazione delle procedure per l’arbitrato internazionale relativo al caso dei due fucilieri di marina italiani sospettati dell’omicidio di due pescatori indiani. È l’asso nella manica della diplomazia italiana, che cerca una soluzione al caso in corso da tre anni. Nel tardo pome­rig­gio di venerdì la Far­ne­sina, in un comu­ni­cato, ha annun­ciato l’attivazione delle pro­ce­dure per l’arbitrato inter­na­zio­nale rela­tive al caso dei due fuci­lieri di Marina Sal­va­tore Girone e Mas­si­mi­liano Latorre, unici sospet­tati per l’omicidio dei due pesca­tori indiani Ajesh Binki e Valen­tine Jela­stine nel feb­braio del 2012.

La svolta arriva dopo che la Corte suprema aveva rica­len­da­riz­zato l’udienza del caso, pre­vi­sta per il primo luglio, al 14 luglio, un giorno prima della sca­denza del per­messo gra­zie al quale Mas­si­mi­liano Latorre, per motivi di salute, è in Ita­lia dallo scorso mese di settembre.

Il ricorso all’arbitrato inter­na­zio­nale è da anni il pre­sunto asso nella manica della diplo­ma­zia ita­liana, che fino a que­sto momento ha sem­pre cer­cato una riso­lu­zione del caso – che ormai si pro­trae da oltre tre anni – per vie poli­ti­che, son­dando la dispo­ni­bi­lità dei due governi che si sono suc­ce­duti a New Delhi dal 2012 nella spe­ranza di tro­vare un accordo tra le parti.

Accordo che, pare chiaro, non è stato pos­si­bile rag­giun­gere. Nei mesi scorsi il governo di Naren­dra Modi aveva fatto tra­pe­lare la noti­zia di avere sul tavolo una pro­po­sta fatta per­ve­nire da Roma: un docu­mento dal con­te­nuto segreto che l’esecutivo, ha chia­rito, stava valu­tando, dopo che nume­rosi rin­vii e le posi­zioni incon­ci­lia­bili di difesa e accusa ave­vano fatto are­nare il pro­ce­di­mento penale in una fase di stallo.

L’India sostiene di avere la giu­ri­sdi­zione esclu­siva del caso, cioè di avere il diritto di giu­di­care Latorre e Girone per la pro­ba­bile accusa di omi­ci­dio col­poso. «Pro­ba­bile» poi­ché, acco­gliendo i ricorsi della difesa ita­liana riguardo la par­te­ci­pa­zione della poli­zia fede­rale Natio­nal Inve­sti­ga­tion Agency (Nia) nell’istruzione del caso, i giu­dici indiani hanno di fatto impe­dito la for­mu­la­zione del docu­mento d’accusa da parte degli inqui­renti della Nia, che pur hanno annun­ciato nei mesi scorsi di essere in pos­sesso di prove suf­fi­cienti ad aprire il dibattimento.

L’Italia, dal canto suo, ritiene che i due fuci­lieri di Marina deb­bano essere giu­di­cati da una Corte Mar­ziale ita­liana, in virtù dell’immunità fun­zio­nale che copre ele­menti dell’esercito in missione.

Atti­vate le pro­ce­dure per l’arbitrato inter­na­zio­nale — para­fra­sando il comu­ni­cato della Far­ne­sina, «nel qua­dro della Con­ven­zione delle Nazioni Unite sul Diritto del Mare» — toc­cherà a un pool di giu­dici terzo deci­dere chi tra India e Ita­lia possa aprire defi­ni­ti­va­mente il pro­cesso. I tempi per rag­giun­gere una sen­tenza nel merito – cioè non deci­dere se Latorre e Girone siano col­pe­voli, bensì deci­dere quale organo giu­ri­dico abbia il diritto di istruire il pro­cesso che li riguarda — secondo l’opinione di diversi giu­ri­sti si aggi­re­reb­bero intorno ai 2 o 3 anni. Anche per que­sto, ricor­rere all’arbitrato inter­na­zio­nale è sem­pre stato con­si­de­rato da tutti i governi ita­liani coin­volti nel caso — Monti, Letta, Renzi — come una «extrema ratio», pre­di­li­gendo un con­fronto diplo­ma­tico giu­di­cato più spedito.

Il primo mini­stro indiano Naren­dra Modi in pas­sato ha dichia­rato che il caso è nelle mani della Corte Suprema e che ogni azione del governo nel merito non può che essere subor­di­nata ai pro­nun­cia­menti dei mas­simi giu­dici indiani. Nel comu­ni­cato della Far­ne­sina si legge che, con­te­stual­mente alle pro­ce­dure di inter­na­zio­na­liz­za­zione della vicenda legale, «l’Italia chie­derà imme­dia­ta­mente l’applicazione di misure che con­sen­tano la per­ma­nenza di Latorre in Ita­lia e il rien­tro in Patria di Girone».

Mas­si­mi­liano Latorre, che nel set­tem­bre del 2014 ha sof­ferto di un attacco ische­mico a New Delhi, sta seguendo un per­corso di ria­bi­li­ta­zione com­pleta in Ita­lia, in virtù di una licenza di tre mesi con­cessa dalla Corte Suprema e rin­no­vata, per due volte, per un totale di altri sei mesi, in sca­denza il pros­simo 15 luglio.

Sal­va­tore Girone risiede all’interno dell’ambasciata ita­liana a New Delhi. 

[Scritto per il manifesto; foto credit: indianexpress.com]