Lo chiamano già “il casino low cost” e secondo il Wall Street Journal è la vera rivelazione di Macao, la patria del gioco d’azzardo cinese. L’ex colonia portoghese, ora zona amministrativa speciale della Cina – “un Paese, due sistemi”, come per Hong Kong – fattura ormai con i casino sette volte più di Las Vegas ed è passata dai 3 miliardi di dollari del 2002 ai 45 dell’anno scorso.
Tuttavia – sempre secondo il quotidiano finanziario – i margini di profitto maggiori li farebbe il Kam Pek, una specie di “Ryanair del gambling” dove puoi giocare cifre bassissime, i drink te li paghi da solo e al massimo ti offrono un po’ di pesce fritto e una stanza “per fare un riposino”, dice Jay Chun, il manager che l’ha in gestione e che si è di fatto inventato il business.
Grazie a lui, il Kam Pek attira ora circa 13mila giocatori al giorno che generano un fatturato di circa 13 milioni di dollari al mese. Meraviglie di un Paese, la Cina, dove l’offerta arriva spesso prima della domanda. O, quanto meno, è subito pronta a intercettarla. Negli ultimi tempi, infatti, quasi tutti i casino di Macao hanno alzato la puntata minima per tavoli “non-Vip”, passando dai 50 ai 130 dollari di media. Ed ecco che improvvisamente una moltitudine di “gnomi” dell’azzardo rimangono orfani di un tavolo per giocare.
Detto fatto. Arriva il signor Chun e consente puntate minime da due dollari e mezzo, intercettando due caratteristiche tipiche del cinese medio: passione per il gioco e vocazione al risparmio.
Non solo. Visto che il costo del lavoro a Macao è schizzato verso l’alto – si possono assumere solo i residenti e non esiste praticamente disoccupazione – e che il governo locale ha messo un limite al numero complessivo dei tavoli da gioco sul territorio, lui punta tutto sulla tecnologia ed elimina il problema alla radice.
La soluzione è una sorta di videogioco, che permette a otto croupier – anziché a 100 – di gestire 900 clienti. Gli operatori siedono soli soletti ai tavoli e vengono ripresi mentre pescano di continuo carte che i giocatori d’azzardo vedono su terminali personali. Nel video compaiono solo le mani dei croupier e le carte; i giocatori possono scommettere su più tavoli dalla propria postazione. Si perderà un po’ di fascino, ma è molto efficiente. E ovviamente, visto che il lavoro “è come quello di un robot” – parola dello stesso Chun – il salario dei croupier è inferiore del 30 per cento rispetto alla media.
A gennaio, il business dei casinò di Macao ha visto un calo dei profitti. All’origine, dicono esperti e operatori, il boom “eccessivo” dell’anno scorso (che fa apparire poca cosa le revenues più recenti) e il fatto che quest’anno il capodanno lunare cinese sia arrivato troppo presto, il 31 gennaio contro il 10 febbraio dell’anno scorso. È un andamento stagionale: nella settimana che precede chunjie, i profitti dei casino rallentano, per poi riesplodere durante le feste. Ma non solo: pare che quest’anno ci sia stata una concentrazione di vincite eccessive da parte dei giocatori d’azzardo, congiuntura sfavorevole (per i casino, s’intende).
Si rifaranno. Nessuno dubita infatti che, da febbraio in poi, la crescita tornerà a essere a doppia cifra, come l’anno scorso, quando si stabilizzò tra il 14 e il 15 per cento L’Ufficio del Turismo di Macao ha infatti già annunciato che gli arrivi per i primi cinque giorni di vacanza del nuovo anno lunare sono cresciuti del 19 per cento, per un totale di 760mila persone.
Probabilmente si tratta di una semplice crisi di crescita, dunque, ma c’è chi punta il dito su problemi più strutturali, come servizi e infrastrutture insufficienti per il definitivo lancio dell’ex colonia portoghese: trasporti, alloggi e così via.
Dubbi che evidentemente non sfiorano il Kam Pek, dove più che ai tychoon danarosi si strizza l’occhio ai “turisti del gioco”: in un ambiente fumoso e vociante, arredato con azulejos – le tipiche piastrelle portoghesi che citano il passato coloniale – motociclette e acquari – che citano non si sa cosa – gli “gnomi” del gambling arrivano, fanno la loro videopuntata, schiacciano un pisolino nella modesta stanzetta offerta gratuitamente dal casino e aspettano che alle sette di mattina riapra il confine con la Cina continentale, chiuso di notte.
È un modello da outlet del gioco che Paradise Entertainment, la grande compagnia che sta dietro al casino low cost, ha già riesportato a Vegas: al locale Sands’ Palazzo casino, ha infatti lanciato la moda delle puntate minime da 5 dollari.
[Scritto per Lettera43; foto credits: www.casinohotgambling.com]