Perché si parla sempre di crisi immobiliare in Cina, perché non è ancora il caso di allarmarsi e cosa ha detto a Davos il premier Li Keqiang a proposito della crisi immobiliare. Un’analisi della potenziale bolla immobiliare cinese che parte dall’importanza della casa per arrivare alle politiche di urbanizzazione della leadership.
Da tempo la Cina è al centro dell’attenzione mondiale per la tanto attesa bolla immobiliare. Ogni anno, infatti, ci si aspetta che il mercato immobiliare crolli o dia scossoni tali, da mettere in ginocchio l’economia nazionale. Questi timori – o forse per qualcuno si tratta di auspici – nascono da un mercato fortemente sballato, da anni di investimenti sbagliati, da costruzioni a getto continuo, da prezzi sempre in salita e poi in clamorosa discesa. È stato calcolato che la Cina abbia «urbanizzato» nell’ultimo decennio oltre 150 milioni di acri di terreno e che in soli due anni, tra il 2011 e il 2012 abbia prodotto più cemento di quanto non abbiano fatto gli Stati uniti in tutto il 1900. Eppure il mercato immobiliare, non è ancora crollato.
Partiamo dall’inizio, con una premessa. La casa per la maggioranza dei cinesi è una conquista sociale importante. Comprare casa è un passo fondamentale nella vita di molti cinesi, che sia da solo o in coppia. I genitori così come spingono per il matrimonio, spingono per l’acquisto di una casa, dove spesso finiscono per voler andare ad abitare anche loro. C’è poi una seconda premessa: negli ultimi anni il costo della vita in Cina, specie nelle grandi città è cresciuto enormemente. E con esso, a un certo punto, il mercato immobiliare è completamente impazzito.
(Un esempio personale e parziale, ma che rende l’idea. Ho abitato dal 2008 al 2011 in un appartamento in un quartiere popolare di Pechino, sul terzo anello. Una casa vecchia, di 50 metri quadri circa, ma in buona posizione e tutto somato confortevole, in un palazzo di soli cinesi. Nel 2008 l’affitto era di 1.800 rmb, che allora non equivalevano neppure a 200 euro. Nel 2011 ho abbandonato, molto a malincuore, l’appartamento perché la richiesta della padrona di casa era l’equivalente di 550 euro. Si tratta di un affitto, ma rende l’idea del «balzo» fatto in poco tempo dalle case. E proprio di fronte a casa, nel 2010, sorsero – nello spazio di neanche un mese – due palazzi: uno ospitava gli uffici, che servivano a vendere gli appartamenti del palazzo accanto. Entrambi ultimamente erano disabitati e in stato di abbandono).
1- Perché si parla sempre di crisi immobiliare in Cina
Perché dopo la sbornia che ha portato il costo delle case a salire, da quattro anni i prezzi sono in discesa per mancanza di richieste, con la paura di banche e investitori che le nuove città cinesi o i nuovi quartieri delle grandi città diventino «fantasma» (e ci sono molti esempi al riguardo). Gli investimenti immoliari in Cina rappresentano – oggi – il 13 per cento del pil del paese.
Come avviene l’investimento immobiliare? In molti casi è viziato da almeno due elementi: un’espropriazione illegale di terra, mandando via – spesso usando violenza – vecchi abitanti o requisendo terreno. Gli investimenti erano garantiti dal credito delle banche, che avveniva sempre ai soliti: aziende di stato o funzionari con i contatti giusti. Ma poi i prezzi salivano troppo e le case rimanevano vuote. E i prestiti, soprattutto, non tornavano indietro. Secondo una ricerca pubblicata a dicembre dall’Accademia di Scienze sociali di Pechino, il prezzo delle case, il prossimo anno, dovrebbe scendere ulteriormente. Nonostante questa discesa dei prezzi, però, gli appartamenti rimangono senza acquirenti.
2- Perché – in ogni caso – non sarebbe ancora il caso di allarmarsi
Perché questo calo dei prezzi, unitamente alle riforme del governo improntate a una sorta di redistribuzione del reddito (aumento dei salari dei lavoratori, specie nella regione più produttiva, il sud est, riforma del welfare, aumento degli stipendi dei dipendenti pubblici, edilizia «popolare», le case «a prezzi accessibili» di cui parla, come vedremo nel punto 3, la dirigenza cinese), dovrebbe consentire una ripresa del mercato. Ovvero i prezzi bassi dovrebbero, nel tempo, garantire la possibilità per i cinesi di acquistare casa.
Lo ha sottolineato anche una ricerca interna dell’Economist, pubblicata di recente: «Negli ultimi quattro anni – ha scritto il magazine – soprattutto nelle città medie cinesi, il prezzo delle case è diventato più accessibile, al contrario delle grandi megalopoli dove il rapporto con il reddito medio è ancora alto. Il problema, piuttosto, è che in Cina c’è un eccesso di abitazioni». Analoga opinione, ovviamente, si ritrova sui media cinesi, che recentemente hanno citato un rapporto del China International Capital Corp, in cui si legge che «se sostenuta da una politica monetaria adeguata alla situazione, le vendite di case nazionali si potrebbero a breve trasformare in «crescita», dall’attuale fase di «contrazione», già nel secondo trimestre del prossimo anno, creando un aumento del fatturato annuo del 3 per cento».
3- Cosa ha detto il premier Li Keqiang a Davos, a proposito della crisi immobiliare
L’argomento è talmente sentito, che Li Keqiang il premier cinese è intervenuto al riguardo durante il meeting di Davos. «Se c’è qualche turbolenza, ha detto, è solo frutto di una regolazione normale. La potenziale domanda di immobili rimarrà enorme per un periodo piuttosto lungo in Cina, dato il gran numero di residenti rurali che si trasferiscono in aree urbane ogni anno».
Come sottolineato dal China Daily, 18 milioni di contadini, o abitanti di zone rurali, si sono spostati verso le città nel 2014, «in cerca di migliori condizioni di vita, istruzione e servizi sociali, spingendo il tasso di urbanizzazione del paese a circa il 60 per cento» (dal 2011 la Cina ha più abitanti urbani, che rurali, per la prima volta nella sua storia e il processo di urbanizzazione non è affatto terminato).
Li ha escluso la possibilità di un intervento del governo immediato nel mercato immobiliare, affermando che la priorità del governo per l’edilizia abitativa è di «fornire case a prezzi accessibili per i bisognosi», specificando che il governo aumenterà l’offerta di case "popolari" quest’anno a più di 100 milioni di persone che ancora vivono nelle baraccopoli urbane. Questa popolazione – ha detto – «dimostra in modo chiaro che la domanda di investimenti in Cina nel settore immobiliare è enorme e tale domanda sarà in grado di compensare gradualmente la sovra capacità di produzione nel settore del cemento e dell’acciaio».
[Scritto per East]