Likonomics? Meiwenti!

In by Simone

In Cina una delle espressioni più usate comunemente è meiwenti; significa «non c’è problema» ed è quanto stanno cercando di ripetere i politici cinesi di fronte al rallentamento economico più importante dal 1990. Da anni si parla del potenziale hard landing cinese, ovvero il brusco atterraggio o meno dell’economia, che comincia a soffrire come altri per la crisi mondiale.
L’annuale Congresso Nazionale del Popolo nel marzo scorso aveva fissato al 7,5 percento la crescita, ma un’analisi dei primi dati circa il prossimo quadrimestre indica che la Cina potrebbe fermarsi al 7 percento, con possibilità di numeri anche più bassi. A rassicurare hanno pensato i big del Partito e del governo. Lou Jiwei, il ministro delle finanze ha ribadito di avere tutto sotto controllo.

Secondo Lou – che in precedenza era a capo del fondo sovrano cinese – anche se la Cina crescesse al 6,5 percento non ci sarebbero scossoni rilevanti. Parole confortanti sono giunte anche dal premier Li Keqiang: «fino a quando il tasso di crescita economica, l’occupazione e altri indicatori non scivolano sotto il nostro limite più basso e l’inflazione non supera il nostro limite più alto, potremo concentrarci sulla ristrutturazione della nostra economia, spingendo per le riforme».

Proprio Li Keqiang in questa fase di attenzione alle questioni economiche, è diventato il protagonista assoluto della scena. La sua ricetta economica ha trovato infatti un nuovo termine, coniato da tre esperti della Barclays: Likonomics. Si tratta di una parola che insieme a «urbanizzazione» e «banche ombra» è tra i più citati su Weibo, il Twitter cinese e negli articoli dei media nazionali.

La Likonomics, in cinese Li Keqiang jin ji xue (l’economia di Li Keqiang) si baserebbe su tre principi, veri e proprio pilastri delle ricetta economica del premier cinese: no agli stimoli statali, deleveraging (ovvero una riduzione del livello di indebitamento delle istituzioni finanziarie, attraverso una riduzione dei prestiti) e le riforme strutturali.

Secondo alcuni osservatori cinesi la ricetta della Likonomics sarebbe corretta, perché di fatto anziché ricercare la crescita, tenterebbe di controllare la crisi, provando a creare le condizioni per una ripartenza più pulita, di qualità. Li Keqiang e il Presidente Xi Jinping, infatti, ereditano una condizione economica particolare: il decennio di Hu Jintao e Wen Jiabao, definito dorato dai media cinesi, perché la crescita è arrivata al 14 percento, in realtà ha creato molti dei problemi che ora il Partito si ritrova a dover risolvere.

Nel decennio appena concluso la Cina è cresciuta senza controllo, creando diseguaglianza e problematiche strutturali all’economica cinese, proprio nel momento di crisi del mondo occidentale e conseguente capitombolo del modello basato sull’esportazione.

A questo si aggiunge il fatto che i pacchetti di stimoli statali decisi durante il regno di Hu e Wen avrebbero creato una condizione pericolosa per l’economia cinese, finendo per riempire di denaro binari morti per quanto riguarda la qualità degli investimenti; tanto più grave perché si è calcolato che questa massa di prestiti interbancari – che ha fatto lanciare l’allarme di un credit crunch in Cina – pare sia ormai il 200 percento dell’intero Pil del paese.

I soldi prestati sono finiti in bolle o potenziali bolle, come quella immobiliare, che hanno causato il non ritorno di tanti prestiti bancari. Come al solito per la Cina il problema – e le non facili soluzioni – ricorrono: trasformare la quantità, in qualità, anche decidendo di gestirsi per un certo periodo una situazione di crisi.

[Scritto per il Manifesto; fotocredits: storify.com]