Caratteri cinesi – La vecchia e ricca Hong Kong

In by Simone

Hong Kong splende nella sua luminosa modernità che contamina la natura. Densa, stretta, ma comunque vivibile, è città unica costellata da grattacieli, "gemme preziose incastonate nella giada nera". E si scopre che anche gli infiniti tunnel che separano gli esseri umani dal suolo sono esempio di una virtù che nasce dalla necessità. Parola di Feng Tang. Il capo della società di consulenza in cui lavoravo non arrivava neanche a cinquanta anni ma aveva la barba e i capelli completamente bianchi.
“Ho lavorato in questo settore per più di venti anni, settanta ore alla settimana. Ora mi voglio riposare per sei mesi. Voglio avere cura del mio tempo, aspettare che l’anima e il corpo diventino una cosa sola e vedere se si può rimanere soffocati dai ricordi”.
“Dove vai?” gli ho domandato.
Australia”, mi rispose. “Così diversa da Hong Kong. Cielo aperto e terra sconfinata, senza l’ombra di nessuno”.
“Ok, prima di partire facciamo una cena.” gli dissi.

La segretaria mi suggerì, per lasciargli una bella immagine della città, di portarlo a Kowloon, allo Spoon. Un ristorante francese al secondo piano dell’Intercontinental, con una vetrata che dal pavimento arriva fino al soffitto. Fuori c’è il mare e, davanti, Victoria Harbour.
Abbiamo cominciato a mangiare alle sette. Il panorama era molto più spettacolare dei piatti. Anche il modo in cui erano serviti era più spettacolare del loro sapore. Si potevano anche mangiare solo con gli occhi. La parte nord di Victoria Peak si estendeva dalla vetrata fino all’isola di Hong Kong. Da oriente a occidente era pieno di grattacieli, che seguivano lo stretto corso delle colline e il tratto di terra edificata e rubata al mare.

Sembravano tutti svettare più in alto di Victoria Peak: la torre numero uno e la numero due dell’International Financial Centre, l’Exchange Square; la torre della Bank of China; il Cheung Kong Centre; il Pacific Place, e tanti altri.
Il cielo era già scuro e il mare color zaffiro. Gli occhi distinguevano ancora le increspature delle onde dalla voluttuosa semi trasparenza di tutto il resto. Victoria Peak era giada nera. Le luci sui grattacieli erano tutte accese, diverse nel loro scintillante luccichio. Gemme preziose incastonate nella giada nera. Ci sono molti traghetti che vanno dal porto di Kowloon a Central, nell’isola di Hong Kong. Anche i traghetti sono illuminati. Frammenti di perle aggiunte alla perfettibile compiutezza della roccia di giada nera.

Avevo ripetutamente chiesto al capo di sedersi sulla sedia che guardava il mare. E io, lo guardavo mentre era seduto. Alle otto e mezzo in punto nella Victoria Harbour hanno iniziato a sparare i fuochi d’artificio. La giada nera non riusciva più a sopportare il peso delle pietre scintillanti, che hanno cominciato a zampillare verso il cielo. Poi, piano piano, per l’effetto della forza di gravità, si sono sparse tutt’intorno. E la notte, in quei pochi minuti, cominciò a illuminarsi.
Il capo mi fece sedere dove potevo vedere Victoria Harbour. I fuochi d’artificio splendevano nel cielo. Tutte le persone accanto a noi posarono forchetta e coltello e smisero di masticare. C’erano tante coppie. Il colore dei loro occhi era diverso, data la provata varietà dei loro promiscui antenati.

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L’isola di Hong Kong è una protuberanza collinare nel Mar cinese meridionale. Un campo terrazzato, dove sono stati piantati, ordinatamente, i grattacieli. Sono state fatte le valutazioni ambientali, le rivolte popolari sono state soppresse e poi hanno costruito accanto al mare. Alti palazzi, ancora.
Tra l’isola di Hong Kong e Kowloon non c’è più il mare, ma un ampio fiume di cui è difficile stimare la grandezza. La gente del posto non dice uscire in mare ma andare al fiume. Ancora tanta perseveranza, ancora cantieri, e Kowloon e Hong Kong sono state collegate tra di loro. Il fiume è diventato un corso d’acqua sotterraneo. Gli uomini e le macchine non hanno avuto più bisogno di andare in barca o sui canali.

Nell’arco dei trent’anni che vanno dal 1949 all’epoca delle riforme, in tutta l’immensa Cina, solo Hong Kong rappresentava il passaggio per il resto del mondo.
Ci saremmo continuati a stipare in questo piccolo tratto di terra, anche a costo di stringerci ancora di più, e tutto questo per gli hot money, per il potere dei tanti e imponenti capitali fluttuanti. Difficile come se a un giovane, nel pieno dell’adolescenza, fosse permesso di avere l’acne solo su un centimetro quadrato sulla punta del naso; e quel centimetro dovrebbe comunque sembrare una perla splendente.

Si tratta del risultato delle condizioni storiche, un sistema legislativo creato da cent’anni di colonialismo dell’impero britannico e la forza lavoro anglofona. Ma Hong Kong, in trent’anni, spremuta fino all’osso, da un piccolo campo e deposito militare inglese è divenuta il primo porto al mondo, il terzo centro finanziario e la terza metropoli più cara per terra edificabile.
A causa della scarsità del suolo, si è costruito con molta cura. I grattacieli sono come le penne Mont Blanc fatte in Germania. Tutti i dettagli sono stati presi in considerazione, senza lasciar nulla al caso. Raffinati architetti, con le migliori tecnologie dell’epoca, hanno utilizzato ogni pezzo di terra per estrarre il massimo risultato.
Data la densità dei grattacieli, tra i palazzi ci sono dei ponti coperti che li collegano. Il traffico di persone e automobili è separato. Nell’ottanta per cento delle situazioni, agli appuntamenti di lavoro si va a piedi, non in macchina.

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Non è facile violare la riservatezza fisica e spirituale degli abitanti, sebbene i grattacieli siano stretti ermeticamente l’uno con l’altro. Necessità fa virtù: tra i palazzi, ci sono campi sportivi aperti al pubblico; i giardini tra gli incroci e i parchi giochi per bambini sono dei piccoli bonsai.

In cinque minuti di taxi arrivi al bello ed equipaggiato Victoria Peak. Da lì si dispiegano tre o quattro punti di partenza per i percorsi degli amanti della montagna, che per buttare giù la pancia, sudano e camminano in salita. Gli alberi sulla strada hanno grandi fronde ombrose. A volte si incontrano dei piccoli animali che appaiono e scompaiono. A distanza di tre o quattro stazioni della metropolitana, sei alla Marina di Causeway Bay e con neanche mezz’ora di traghetto ci sono delle isole deserte e l’immenso Oceano Pacifico. La comodità nella densità non si è mai vista in nessun’altra parte al mondo.

[Il pezzo è anche su Caratteri cinesi. Traduzione di Désirée Marianini]

*Feng Tang è lo pseudonimo con cui Zhang Haipeng – classe 1971 e vicedirettore della holding China Resources – firma i suoi libri. Dopo un dottorato in Medicina a Pechino, con una specializzazione in ginecologia, lo scrittore-manager decide di studiare business e management negli Stati Uniti, poi torna in Cina e quindi a Hong Kong, dove oggi lavora e scrive i suoi romanzi. Tra questi ricordiamo Ogni essere vivente cresce (Wanwu shengzhang), I diciotto anni mi hanno dato una ragazza (Shiba sui gei wo yi ge guniang), Pechino Pechino (Beijing Beijing).