Letteratura e viaggio: sulla linguistica e l’etnocentrismo

In by Simone

Secondo convegno letterario italo-cinese “Letteratura e viaggio”, a questo indirizzo la presentazione e la prima giornata.

Università di lingue e cultura di Pechino, 12 ottobre 2010
Incontro con gli scrittori Camilla Baresani e Gian Antonio Stella

Innovazione linguistica al centro della scrittura

Lingua. O meglio, innovazione linguistica. È questo che fa grande uno scrittore. Parole di Camilla Baresani, autrice di romanzi e opinionista di importanti giornali e riviste italiane. Non poteva cominciare diversamente il suo intervento presso la prestigiosa Università di lingue e cultura di Pechino (BLCU). Davanti a lei una gremita aula di studenti cinesi, per la maggior parte giovani che si dedicano allo studio della lingua italiana.

Se è vero che non è semplice emergere come scrittore se il pubblico di riferimento è quello italiano (i numeri contano!), è pur sempre vero che la qualità è data proprio dell’uso innovativo della lingua. E dunque provare, sperimentare, tentare un uso delle parole più originale, un ritmo meno scontato. Ad imporlo sembra quasi essere il tempo in cui viviamo: cambiano le forme di comunicazione, con esse devono dunque cambiare anche lingua e linguaggi. Nei romanzi è la prosa che va modificata, seguendo un ritmo simile alla forma di comunicazione contemporanea stessa.

A non cambiare resta invece il più scontato dei segreti per diventare scrittore: leggere. E farlo con attenzione. È questo il consiglio che dà agli studenti cinesi Camilla Baresani, docente lei stessa di scrittura creativa presso un corso di Master allo IULM di Milano.

Abile è stata la scrittrice a trovare un punto di incontro tra Italia e Cina, un terreno comune di intesa culturale: il cibo. Se mangiare è un’attività centrale nella vita sociale del popolo italiano, lo stesso dobbiamo dire dei cinesi. Da anni Camilla Baresani scrive infatti recensioni sui ristoranti italiani che visita e frequenta occasionalmente. Anche questo è (e resterà) un modo di raccontare l’Italia e gli italiani.
 
 
Hic sunt leones: l’etnocentrismo secondo Stella

Diverso per taglio e tematica l’intervento del giornalista e scrittore Gian Antonio Stella. Prendendo in parte spunto dal suo libro L’Orda. Quando gli albanesi eravamo noi (2002), l’autore ha posto l’accento sulla relatività di concetti come “centro” ed “esterno”, “locale” e “straniero”.

Non poteva meglio cogliere nel segno, se pensiamo al fatto che la stessa parola Cina in cinese si dice zhong-guo, ovvero “regno di mezzo” o “paese di mezzo”.

La paura per la diversità di genti lontane geograficamente da noi non è certo un’invenzione contemporanea. Indipendentemente da chi sia quel “noi”. Stella ha fatto un parallelo tra lo storico e poeta cinese del primo secolo d.C. Ban Gu e il filosofo greco Aristotele: entrambi consigliavano infatti agli statisti di turno di avere un rapporto amichevole con i popoli vicini, ma di trattare al pari delle bestie i popoli lontani.

Razzismo. Anzi, razzismi. Una carrateristica che da sempre contraddistingue “gli stranieri” è quella dell’odore sgradevole. Che siano arabi, ebrei, cinesi, tedeschi o meridionali. La storia dell’uomo è piena di esempi di questo genere. Esempi che hanno portato alcuni antropologi a coniare l’espressione “il razzismo è nel naso di chi lo annusa”.

Tra le tante cose che accomunano italiani e cinesi c’è sicuramente la migrazione in massa nel continente americano durante il scorso secolo. E gli episodi di intolleranza e razzismo che entrambi hanno dovuto subire. Negli Stati Uniti come in Messico o in Argentina, le comunità locali si sono mostrate spesso poco amichevoli nei confronti dello straniero italiano o cinese. Puzzolente o meno che egli fosse.  

In chiusura, spazio all’ambito più strettamente giornalistico. A pochi giorni di distanza dall’edizione 2010 del Festival del giornalismo a Ferrara, organizzato dalla rivista Internazionale, Gian Antonio Stella ha fatto notare come se c’è un futuro nel giornalismo, questo deve venire dall’unione di due elementi: internet e il senso di responsabilità.

Se ormai la carta è destinata al romanticismo dei più affezionati e internet è il canale principale di comunicazione ed informazione, il cronista del futuro dovrà però “mettere la faccia”, mostrarsi e dare garanzia nei vari articoli che scrive.

Altrimenti c’è il rischio che internet si riveli solo un grande serbatoio di immondizia e l’informazione una massa indistinta di notizie per lo più false e pericolose.