I 140 caratteri di Liu Xia

In by Simone

Centoquaranta caratteri. Tanto è bastato a Liu Xia per far sapere a tutto il mondo di essere stata messa agli arresti domiciliari dopo essere riuscita a comunicare al marito, Liu Xiaobo, dissidente condannato a 11 anni di carcere con l’accusa di sovversione,la vittoria del premio Nobel per la Pace 2010. “Sono tornata”, ha scritto Li Xia in un messaggio su Twitter, “Sono stata messa agli arresti domiciliari.

Il mio telefonino è stato distrutto e non posso fare chiamate. Non so quando vi potrò rivedere. Aiutatemi e diffondete questo messaggio”. La donna era appena tornata dalla visita al marito nella prigione di Jinzhou, dove Liu Xiabo, in lacrime, aveva dedicato il premio ai “martiri” di piazza Tiananmen, gli stessi studenti cui si unì in sciopero della fame nel giugno del 1989. “Il governo cinese non apprezza le diversità d’opinione”, ha commentato il Dalai Lama all’agenzia giapponese Kyodo, mentre era di scalo all’aeroporto di Tokyo. Un commento che potrebbe mettere in imbarazzo il governo nipponico, tra quelli che non hanno pressato Pechino per l’immediato rilascio di Liu.

Strascico dei burrascosi rapporti delle ultime settimane per l’arresto del capitano di un peschereccio cinese al largo di un’isola contesa. Il Dalai Lama ha aggiunto “la costruzione di una società aperta e trasparente è l’unico modo per salvare tutti gli uomini della Cina”. Venerdì il leader tibetano fu tra i primi a congratularsi con Liu.

Quasi in risposta alle critiche è arrivato l’annuncio dell’Amministrazione di Stato per gli Affari religiosi, decisa a rafforzare dal primo novembre il proprio controllo sui monasteri tibetani. Scopo delle nuove misure: evitare che dentro i templi e i monasteri buddisti possano operare “forze separatiste interne ed esterne”. Un riferimento neanche troppo velato alla comunità tibetana in esilio e al Dalai Lama che Pechino considera un "pericoloso separatista” che “trama” per l’indipendenza del Tibet.

Sui social network è subito partito il passaparola affinché il maggior numero di persone possibile raggiungesse la casa di Liu per provare a entrare o almeno testimoniare la propria vicinanza alla moglie del Nobel. Con lei salgono ad almeno 30 gli intellettuali fermati, messi ai domiciliari o minacciati per aver festeggiato il riconoscimento assegnato dal comitato di Oslo.

Una strategia che sembra così confermare quanto detto al Riformista da Renee Xia di Chinese Human Rights Defender che già venerdì aveva parlato di arresti degli attivisti che festeggiavano il premio. “Ho due poliziotti sotto casa, non posso uscire”, ha fatto sapere lo scrittore Liu Jingsheng, “è il genere di situazione che di solito si ripete ogni qual volta a Pechino si riunisce il Partito o ci sono appuntamenti sensibili per il governo”.
Scene che si potrebbero ripetere a fine mese quando il Pcc terrà l’annuale plenum. Una sessione questa volta molto probabilmente dedicata alla successione del presidente Hu Jintao nel 2012. Un giro di vite non limitato alla Cina continentale. Nella più liberale Hong Kong una donna è stata arrestata per aver spruzzato con lo champagne un agente di guardia all’Ufficio di collegamento con Pechino, la rappresentanza cinese nell’ex colonia britannica.

Gli ha fatto eco Zhang Yu, direttore del ‘Comitato degli scrittori per la libertà d’espressione’: “Hanno provato a bloccare il flusso di informazioni su internet, sono andati avanti con gli arresti e interrotto le linee telefoniche. Sono sicuro sia stato tutto pianificato”.

L’impressione dei difensori dei diritti umani è che Pechino voglia abbassare l’attenzione internazionale sui detenuti politici suscitata dal premio. “Ha però sbagliato il modo per raggiungere l’obiettivo”, ha sottolineato ad Al Jazeera Catherine Baber, vice direttrice di Amnesty International per l’Asia e il Pacifico. Certo è che in Cina, circoli intellettuali a parte, in pochi sanno che per la prima volta il Nobel per la Pace è andato a un loro connazionale.

Come ha ricordato l’avvocato di Liu, Shang Baojun, la censura sui media ufficiali e sulla rete ha impedito ai cinesi di sapere della vittoria. Pechino considera il premio al dissidente “un’oscenità”. O come ha scritto oggi il China Daily “una parte del complotto per contenere la Cina”. Per motivare la tesi il giornale in lingua inglese lega insieme i Nobel 2010 e 1989, Liu Xiaobo e il Dalai Lama, “due personaggi che portano avanti una politica avversa a Pechino”.

Annunciate prima della decisione del comitato di Oslo, puntuale è arrivata anche la ritorsione del governo cinese. L’incontro tra il ministro della Pesca, Lisbeth Berg Hansen e il vice ministro di Pechino all’Agricoltura previsto per mercoledì nella capitale cinese è stato annullato. Lo ha riferito la la portavoce dell’ambasciata norvegese nella capitale cinese, Tone Aarvik. Già il mese scorso durante la sua visita a Oslo il viceministro degli Esteri, Fu Ying, aveva ammonito il governo norvegese sulle conseguenze nella relazione tra i due Paesi.

[Anche su Il Riformista] [Foto da Guardian]