Le nozze strategiche tra Seul e Tokyo le celebra Biden

In Asia Orientale, Relazioni Internazionali by Lorenzo Lamperti

A Camp David vertice tra Stati uniti, Corea del Sud e Giappone. Sullo sfondo il timore del crescente allineamento tra Cina e Russia. I tre leader annunceranno esercitazioni militari, linea telefonica diretta e cooperazione su lotta alla coercizione economica e cybersicurezza

Fino a poco più di un anno non si parlavano nemmeno, oggi celebrano un improvviso matrimonio. Ma Giappone e Corea del sud non saranno soli, visto che il luogo delle “nozze” è Camp David, residenza del presidente degli Stati uniti. È la prima volta che Joe Biden accoglie qui leader stranieri. Soprattutto, è il primo storico summit trilaterale tra Washington, Tokyo e Seul. I due paesi asiatici sono tradizionali alleati degli Usa in Asia, ma tra loro non è mai corso buon sangue. Le ferite aperte dell’imperialismo giapponese non si sono mai rimarginate. Ma la guerra in Ucraina ha cambiato tutto. Il timore di un crescente allineamento tra Cina e Russia, oltre all’aumento delle tensioni con la Corea del nord, ha portato i due paesi asiatici a un rapido disgelo. Favorito anche dall’avvento del presidente conservatore Yoon Suk-yeol, che entra a Camp David insieme al premier giapponese Fumio Kishida. Entrambi sono stati già ricevuti alla Casa bianca nel 2023, rafforzando la partnership militare con gli Stati uniti a livello bilaterale. Stavolta, si balla in tre.

Che cosa può produrre il vertice? I tre leader annunceranno che i loro paesi terranno esercitazioni militari congiunte su base regolare. Il summit verrà istituzionalizzato come un appuntamento annuale. Si sta lavorando anche a una linea telefonica diretta tra i tre leader. Secondo il media giapponese Asahi Shumbun, saranno prodotti due documenti congiunti. Uno dovrebbe essere intitolato “Principi di Camp David”, per delineare le posizioni di base sull’ordine globale. Si dirà che qualsiasi tentativo di cambiare unilateralmente lo status quo con la forza non sarà tollerato. Il pensiero va alla penisola coreana ma anche allo Stretto di Taiwan. Il riferimento a Taipei sarebbe accolto dalla Cina come la prova che il principale obiettivo è contenerla. Il secondo documento dovrebbe invece elencare le specifiche aree di cooperazione, tra cui la creazione di quattro organi consultivi tra leader, ministri degli esteri, capi della difesa e capi della sicurezza nazionale. Verrà inoltre preannunciata una maggiore cooperazione su cybersicurezza, catene di approvvigionamento e lotta alla coercizione economica.

Nel menù anche il fronte militare. Biden e Kishida dovrebbero annunciare lo sviluppo congiunto di un missile intercettore di nuova generazione per contrastare le testate ipersoniche di Cina, Russia e Corea del nord. Ma la novità forse più rilevante sarebbe una dichiarazione di Tokyo e Seul in cui si afferma che la loro sicurezza è interconnessa. Un passo su cui sarebbe difficile inserire la retromarcia in futuro per non mettere a repentaglio la tutela americana, nonostante le rispettive opposizioni interne sono tutt’altro che entusiaste. D’altronde, sia Kishida sia Yoon hanno partecipato per due anni di seguito al summit della Nato, con cui stanno approfondendo la cooperazione. Tanto che la possibilità dell’apertura di un ufficio dell’Alleanza atlantica a Tokyo è ancora sul tavolo.

Non sono da escludere reazioni al vertice di Camp David, sia a livello retorico che strategico. A Seul si ritiene che la Corea del nord possa programmare il lancio di un nuovo missile balistico intercontinentale a cavallo dell’incontro. Pyongyang starebbe anche cercando di organizzare test di missili a gittata più breve ma con la capacità di trasportare testate nucleari di piccole dimensioni. Facendo dunque sentire i vicini asiatici più direttamente nel mirino. Kim Jong-un ha appena silurato il capo di stato maggiore Pak Su-il, sostituito da Ri Yong-gil, e ha chiesto un aumento della produzione di missili per rafforzare la “prontezza alla guerra”.

Non esclusa una dimostrazione di forza da parte della Cina, che in questi giorni ha osservato con fastidio anche il doppio transito del vicepresidente (e candidato presidente) taiwanese Lai Ching-te da New York e San Francisco. Il ministro della Difesa Li Shangfu è appena stato a Mosca per la seconda volta in 4 mesi e in passato di fronte a eventi di rilievo tra Usa, Giappone e Corea del sud sono già state effettuate manovre congiunte tra Cina e Russia. Wang Yi, appena tornato ministro degli Esteri, lo scorso mese aveva avvertito gli omologhi di Tokyo e Seul che, a prescindere dalle loro azioni non potranno mai “diventare occidentali”. Avviso simile elargito ieri al vicepremier del Vietnam, Tran Luu Quang. “In quanto vicini con ideologie simili, dovremmo aumentare gli scambi” ed evitare “interferenze da parte di forze esterne”, ha detto Wang. La tensione resta alta anche nel mar Cinese meridionale, dopo i cannoni ad acqua sparati dalla guardia costiera cinese in direzione di navi delle Filippine in acque contese. Secondo immagini satellitari, la Cina sta costruendo una pista di atterraggio su un’isola rivendicata dal Vietnam nell’arcipelago delle Paracelso.

Di Lorenzo Lamperti

[Pubblicato su il Manifesto]