L’atomica cinese

In by Simone

Il governo della Repubblica popolare cinese ha approvato il Piano quinquennale per la sicurezza delle sue centrali nucleari. Dopo Fukushima la Cina riapre il dibattito sull’energia nucleare e la sua sicurezza. Lo ha riportato oggi 1 giugno il China Daily, aggiungendo che “la Cina aderirà ad una linea di ‘sicurezza e qualità innanzitutto’”. L’avvenimento potrebbe preannunciare la rimozione del bando imposto un anno a marzo 2011 – dopo il disastro di Fukushima – sull’approvazione di nuove centrali nucleari.

Nel marzo del 2011 un violento tsunami si abbatté sulle coste nord occidentali del Giappone e – oltre a uccidere 20mila persone – danneggiò irreparabilmente il sistema di emergenza della centrale nucleare di Fukushima, causando un disastro mai visto dai tempi di Chernobyl. E oggi, mentre il Giappone continua a lottare contro le conseguenze di quegli avvenimenti, il dibattito sulla sicurezza delle centrali si è riacceso anche in Cina.

Secondo quanto riportato dall’Agenzia internazionale per l’energia atomica, nel 2011 la Cina disponeva di 13 centrali attive e ne aveva 28 in costruzione. Quella nucleare è una fonte di energia sulla quale la Cina ha deciso di scommettere per ridurre la sua dipendenza energetica dall’estero.

Dopo l’incidente giapponese, tuttavia, anche Pechino aveva avuto dei dubbi e aveva “congelato” i suoi nuovi progetti con un bando sulla loro approvazione. Oggi, a oltre un anno di distanza dall’incidente, i dubbi potrebbero essere svaniti. Il South China Morning Post, infatti, ha scritto che secondo gli analisti “la mossa riprova ancora una volta la determinazione di Pechino nel perseguire l’espansione della sua industria nucleare, a dispetto dell’incidente avvenuto nel marzo dell’anno scorso alla centrale nucleare di Fukushima in Giappone e del fatto che la revisione della sicurezza sia durata più di quanto in molti si aspettassero”.

La conferma è arrivata anche da Yang Fuqiang, un consigliere nel settore energetico presso l’ufficio del Consiglio per la Difesa delle risorse naturali a Pechino. Al South China Morning Post Yang ha dichiarato che “l’approvazione del piano per la sicurezza da parte del Consiglio di Stato è un chiaro segno del fatto che Pechino è pronta a ricominciare l’approvazione delle nuove centrali nucleari.

Lo stesso quotidiano di Hong Kong ha scritto che “nonostante le diffuse preoccupazioni del pubblico sui rischi per la sicurezza dell’energia nucleare, i sostenitori non hanno cambiato la loro opinione”. Questi ultimi sostengono che “la Cina ha degli standard di sicurezza più elevati per il suo settore nucleare e che l’impatto di un incidente nucleare simile a quello avvenuto a Fukushima sarebbero ‘temporanei e limitati”’.  

Il quotidiano di Hong Kong ha scritto che l’approvazione del piano potrebbe però non tradursi nell’eliminazione immediata del bando sull’approvazione di nuovi progetti nucleari. Lin Boqiang, direttore del centro per la ricerca sull’economia energetica presso l’università di Xiamen, ha dichiarato che “il bando ha reiterato la volontà di Pechino di sviluppare nuovi progetti. Ma la questione dell’eliminazione del bando dipende sulla percezione che il pubblico ha del problema della sicurezza e anche da possibili cambiamenti nella politica di altri Paesi sul nucleare”.

A rendere questo scenario più plausibile c’è anche il fatto che, secondo la dichiarazione seguita all’approvazione del piano quinquennale, permarrebbero dei problemi di sicurezza. I media locali, citando i punti chiave della dichiarazione, hanno infatti scritto “che alcune non sono pronte ad affrontare uno tsunami come quello che ha colpito il Giappone”.

* Michele Penna è nato il 27 novembre 1987. Nel 2009 si laurea in Scienze della Comunicazione e delle Relazioni Istituzionali con una tesi sulle riforme economiche nella Cina degli anni ‘80-’90. L’anno seguente si trasferisce a Pechino dove studia lingua cinese e frequenta un master in relazioni internazionali presso l’Università di Pechino. Collabora con Il Caffè Geopolitico, per il quale scrive di politica asiatica.