La voce del Partito. Ovvero, il giornalismo

In by Simone

Secondo Hu Zhanfan, il nuovo presidente della Cctv – la televisione di Stato cinese – il ruolo dei giornalisti è quello di essere “microfono” del Partito. E scoppia la polemica in Rete.
“Un certo numero di lavoratori dell’informazione non definisce il proprio ruolo nei termini del lavoro di propaganda del Partito, ma piuttosto come giornalisti professionisti, e questa è una definizione erronea. […] La prima e più importante responsabilità sociale dei giornalisti è di servire bene come microfono. Questo è il contenuto centrale della visione marxista del giornalismo e il più fondamentale dei principi.

Lui si chiama Hu Zhanfan, è il nuovo presidente della China Central Television, la televisione di Stato cinese. Aveva definito come sopra la professione giornalistica a gennaio 2011 – da direttore del Guangming Daily, organo del dipartimento dellla Propaganda – in un intervento a un convegno sulla “falsa informazione”.

Ai tempi, le sue dichiarazioni passarono inosservate. Ma la recente nomina a capo della più importante emittente cinese ha scatenato i commenti sui social media, dove già impazza il dibattito sulla recente campagna del governo cinese contro la diffusione di “voci” e notizie non verificate.

Su Weibo, la piattaforma di microblogging che va per la maggiore in Cina, Hu è stato definito novello Goebbels e c’è chi ha pubblicato fotomontaggi con folle plaudenti di cinesi che sventolano bandiere naziste, mentre qualcun altro ha riportato la seguente citazione del ministro della Propaganda del Reich: “Se ripeti una bugia un sufficiente numero di volte, diventa verità.”

La vicenda rivela l’attuale surriscaldamento degli animi (e del dibattito) quando si tratta di informazione: da una parte la campagna anti-dicerie del governo, dall’altra la Rete, che della campagna dovrebbe essere il principale obiettivo.

La campagna contro le wǎngluò yáoyán (dicerie su Internet) è cominciata quest’estate. Ma sul Quotidiano del Popolo del 28 novembre un articolo di Wang Chen, capo dell’ufficio statale sull’informazione in Internet, citava le decisioni assunte dal Comitato centrale di ottobre e sosteneva la necessità di controllare maggiormente l’opinione pubblica che si esprime nei microblog.

Da allora, sulla stampa ufficiale si sono succeduti parecchi articoli che hanno paragonato i rumors che compaiono in Rete alle droghe, fino all’esplicito Attaccare frontalmente i creatori e diffusori di dicerie in Internet (Quotidiano del Popolo, 1 dicembre), in cui si legge: “I rumors in Internet sono ‘droghe sociali’… non meno nocive alla società della pornografia online, del gioco d’azzardo e delle droghe.”

A questo punto, il timore dei netizen è che si stia preparando una di quelle campagne che restringono la “zona grigia” in cui in Cina è lecito muoversi anche se non legale: gli spazi di libertà non garantiti per legge che rimangono esposti alla discrezione (arbitrio) del potere politico e, talvolta, del funzionario di turno.

Le difficoltà economiche che per la prima volta colpiscono anche il ceto medio sostegno del governo e l’approssimarsi del rimpasto politico del 2012, lascerebbero intendere l’arrivo di un giro di vite verso i diffusori di “voci” in Internet, per un’informazione sempre più “armonizzata” e meno destabilizzante.

Il termine di cui prendere nota è “management sociale”: l’ha pronunciato in settimana Zhou Yongkang, uno dei nove uomini che fanno parte del comitato permanente del Politburo (il direttorio che di fatto governa la Cina), riferendosi al ruolo dei governi provinciali.

In questo contesto, le parole (ormai datate) di Hu Zhanfan appaiono più quelle di uno zelante funzionario desideroso di attenersi alle disposizioni per fare carriera, che quelle di uno “che ci crede”: un Minzolini più che un Goebbels.

È presto per dire se Cctv diventerà sempre più un “microfono” del Partito. I giornalisti che conoscono Hu di persona, secondo testimonianze raccolte da China Media Project, ne parlano di un collega tutto sommato “liberal”. Ma alla fine, anche lui “tiene famiglia”.

* Gabriele Battaglia è fondamentalmente interessato a quattro cose: i viaggi, l’Oriente, la Rivoluzione e il Milan. Fare il reporter è il miglior modo per tenere insieme le prime tre, per la quarta si può sempre tornare a Milano ogni due settimane. Lavora nella redazione di Peace Reporter / E-il mensile finché lo sopportano.

[Foto credits: theblotsays.com]