La Cina raccontata per immagini: Chongqing (parte II)

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Cinque cose in breve da sapere su Chongqing:

▪Porto di collegamento e snodo cruciale tra la parte est, più sviluppata, e quella ovest, meno all’avanguardia
▪Punto di incontro di strategica importanza tra i fiumi Yangtze – fiume Azzurro – e Jialing
▪Tra il 1937 e il 1945 capitale provvisoria durante il governo di Chiang Kai-shek
▪Municipalità dal 1997
▪Dal 2013 il governo centrale punta alla politica “Go West” per lo sviluppo della municipalità e di altre regioni interne

Leggi qui la prima parte del nostro viaggio a Chongqing


Arrivati a Chongqing l’impatto con il cibo potrebbe non essere dei migliori per chi ha un palato – o lo stomaco – delicato. Io facevo parte di questo gruppo. Uso l’imperfetto perché quei giorni bui, pieni di incertezza, in cui non sapevo ancora quante prelibatezze mi stessi perdendo, sono per fortuna finiti. Il percorso di accettazione non è facile, ma andiamo con ordine.

Il “ben arrivata” dei colleghi ti accoglie con un calore che sa di casa e d’improvviso ti fa (quasi) dimenticare la stanchezza del viaggio. Alle 6:10 del mattino, con addosso diciassette ore tra voli e scali, sette ore di fuso da smaltire e due giorni insonni, l’unica cosa che vorresti è un caffè, un cornetto e probabilmente un letto. La cosa che ottieni, invece, è un baozi [panino al vapore] ripieno di carne di maiale, spaghetti in brodo di pollo, uovo fritto, e pane con quelle che a prima vista sembrerebbero gocce di cioccolato, ma che un esperto di Cina riconoscerebbe subito come giuggiole.

La prima colazione magari la saltiamo. Andrà meglio a pranzo.
E invece no. A pranzo andrà peggio.

Girando un po’ in città, tra strade secondarie e viuzze, si inizia ad esser circondati da odori forti e pungenti. Bancarelle ovunque, ognuna con una pietanza diversa: noodles di Chongqing, spiedini, spaghetti freddi con peperoncino e arachidi, frittate di uovo stile piadine, patate fritte, patate al cartoccio, tofu puzzolente, ravioli, frutta candita, ce n’è per tutti i gusti. È ora di pranzo e le saracinesche sono tutte alzate, in ogni angolo di strada si vede una fitta nebbia che non corrisponde ai venditori di caldarroste di inizio novembre ma alle canne fumarie delle bettole con i fuochi accesi e innumerevoli ceste di bambù per tenere al caldo i ravioli. I cestelli per la cucina al vapore possono raggiungere infiniti strati e ogni volta che il proprietario ne solleva uno sei travolto dal vapore al gusto funghi o maiale, a seconda del cestello corrispondente. Decidi di sederti in uno dei mille ristorantini – all’apparenza tutti uguali – che trovi lungo la strada. Ordini qualcosa e speri che sia dal sapore accettabile: sai di aver ordinato a caso basandoti sul piatto del cliente seduto al tavolo di fronte perché “sembra buono”. Ma la pseudo conversazione che hai portato avanti a gesti con la cameriera non è andata a buon fine e il piatto che ti presentano non era quello che ti aspettavi.

Andrà meglio a cena.
E invece no. A cena andrà ancora peggio. Hotpot.

La hotpot è uno di piatti più diffusi nella cucina orientale e i cinesi ne vanno letteralmente matti. Consiste in una pentola con brodo posizionata al centro del tavolo e a seguire diversi piatti che possono essere ordinati a piacere: carne, patate, verdure, funghi, patate dolci, tofu, radice di loto, interiora, ravioli, pesce… qualsiasi cosa riusciate a pensare, non vi preoccupate, il proprietario farà in modo di averla e farvela mangiare. Esistono diversi tipi di hotpot e quella di Chongqing è famosa per il livello di piccantezza: 70% peperoncino e 30% olio. Sembra quasi vogliano fare a gara a chi riesce a mangiare più piccante. Te lo chiedono divertiti: “lo riesci a sopportare?” Inizi a mangiare e non sai se stai piangendo per il bruciore o perché stai ingurgitando il grasso che di solito accumuli in tre mesi. Il giorno dopo stai malissimo e giuri che non mangerai più piccante in vita tua ma poi la tua collega ti chiama per andare a cena fuori e… un invito non si rifiuta mai!
Superato lo shock dei primi giorni ti ritrovi ad essere tu la collega che invita gli altri a mangiare hotpot. È perfetta per tutto. È il pranzo in famiglia, la cena con i colleghi, lo spuntino di mezzanotte. È il pasto caldo che avvolge i freddi inverni. È la cena di lavoro con brindisi e discorsi formali. È lo spuntino notturno che accompagna l’estate umida tipica di Chongqing. Inizia così un viaggio alla scoperta di piatti tipici preparati dai locali in giro per la città.

Xiahao è un quartiere a sud di Chongqing, una zona non molto frequentata se non da chi è del luogo. Un quartiere di cui, anche qui, restano solo macerie. Non sanno ancora quando, ma lì verrà di sicuro costruito un altro centro commerciale. Le famiglie sono state sistemate nei nuovi appartamenti del centro città e le case, ormai quasi del tutto abbandonate dai proprietari, sono adesso occupate dagli operai. Tutte le abitazioni completamente dissestate con fili della luce che pendono dal tetto, pochi panni da lavoro stesi fuori ad asciugare. Un signore dà una sistemata all’orto, credo sia uno dei pochi proprietari rimasti.
“Gli appartamenti in centro sono luminosi e spaziosi, ma non ho giardino” dice.

C’è un odore intenso di erbe aromatiche, pannocchie appese, un gatto che miagola indeciso se per la noia o per la fame. In mezzo ad una grande cappa di fumo la vicina di casa smuove della legna, sta preparando salsicce affumicate. La porta di casa è aperta: un tavolo e qualche sgabello, il boccione dell’acqua sempre pronto per soddisfare il loro continuo bisogno di acqua bollente. Aromi, bottigliette e bustine di ogni tipo sul tavolo pronti a condire i pranzi e le cene dei mesi a venire, qualche straccio e un lavandino.

La riscoperta di un passato millennario e la voglia di non dimenticare le origini sono sentimenti forti e presenti, proprio gli stessi che hanno reso famoso il quartiere di Ciqikou che, sebbene ormai ricostruito, ricalca molto lo stile delle case che si trovano lungo il fiume. La linea guida sembra essere “conservazione del patrimonio culturale” dove non sempre la parola “conservazione” va di pari passo con il concetto occidentale di “ristrutturazione”. Ciqikou si trova nel distretto di Shapingba. Ci spostiamo verso ovest, a cinquanta minuti di metro dal distretto Yuzhong.

Ciqikou è vicoli che si intersecano tra locali di musica folkloristica e karaoke. Zie che pestano peperoncini per ricavarne un nettare con cui condiranno le conserve ai nipoti. Venditori di gelati al gusto di uovo e piselli. Negozi di souvenir di cose di cui non avevi bisogno ma che diventeranno necessarie dopo averle viste. Bettole dove ubriacarsi con pochi spicci e negozi di liquori pregiati. Case da tè di lusso e bar improvvisati. Costosi ristoranti e barbecue all’aperto. È Starbucks e McDonalds per andare incontro al turismo invadente. È un chiosco di tè a cinque stelle in tazze di porcellana pregiata per i fedeli alla tradizione.

Le realtà che si incontrano in Cina sono tante quante i suoi abitanti. Innumerevoli contraddizioni e infinite meraviglie.

Di Martina Bucolo*

*Laurea magistrale in relazioni internazionali e comunicazione interculturale all’università di Enna (Kore). Ha insegnato cinese ai bambini di una scuola dell’infanzia tramite un progetto in collaborazione con l’Istituto Confucio di Enna. Dopo la laurea si è trasferita in Cina, dove ha insegnato italiano ai cinesi, prima a Chongqing in una scuola elementare e poi a Chengdu alla Sichuan Normal University (dove è tutt’ora)