La Cina, la Libia e le armi a Gheddafi

In by Simone

La Cina è accusata di aver venduto armi a Gheddafi, contravvenendo alle sanzioni delle Nazioni Unite. Pechino nega e detta le sue condizioni – vaghe – per il riconoscimento del Consiglio Nazionale di Transizione. La solita Cina: da un lato nega, dall’altro prova a dettare le condizioni. E’ successo che un reporter canadese del Globe and the Mail ha svelato la vendita di armi da Pechino a Gheddafi per circa 200 milioni di dollari. Un documento che sarebbe nelle mani anche dei leader del Consiglio Nazionale di transizione libica, come confermato da alcuni suoi esponenti ai microfoni della CNN. Se fosse vero, la notizia metterebbe Pechino in una posizione scomoda, perché dimostrerebbe l’inadempienza cinese alle sanzioni delle Nazioni Unite.

La Cina come risposta conferma la doppia diplomazia in atto sul territorio libico, un porsi in modo ambiguo, esitante, in attesa della piega degli eventi per prendere una decisione precisa: da un lato nega la vendita di armi a Gheddafi, dall’altro attende «condizioni ottimali» per riconoscere il governo CNT libico. La stampa cinese ha ripreso nella mattinata di ieri le parole della portavoce del ministero degli esteri: «la Cina ha sempre assunto un atteggiamento responsabile e prudente verso il commercio di armi e non ha esportato materiale militare in Libia.

Il regime di Gheddafi ha contattato persone provenienti da alcune società cinesi nel mese di luglio senza che la cosa fosse a conoscenza del governo, ma le aziende non hanno firmato alcun contratto circa l’esportazione di materiali militari in Libia. La Cina, rispettando gli obblighi internazionali nonché le leggi e normative nazionali, conduce commercio di armi sotto lo stretto controllo governativo».

In un comunicato solo la Cina rende chiare le proprie intenzioni future: se c’è stato un affare è stato effettuato senza l’egida governativa, leggi il Partito. Dovesse trovarsi in situazioni estreme, il governo di Pechino potrà sempre scaricare la colpa su qualche businessman frettoloso e avido, spedirlo in qualche ufficio lontano da Pechino e provare a recuperare il terreno con i ribelli libici quando mai si verificassero le condizioni non specificate, richieste da Pechino.

I cinesi sono pratici: seppellito il mantello socialista sotto la straordinaria spinta di un mercato controllato dal Partito, guardano prima di tutto ai propri interessi: chi tutela meglio gli affari petroliferi cinesi in Libia, è il privilegiato nelle relazioni internazionali. Il documento sulla vendita di armi mette a repentaglio uno stile diplomatico non solo libico, mentre i media locali corrono, al solito, in soccorso ricordando come anche la Germania stia svolgendo verifiche per confermare o meno l’uso di armi tedesche da parte dei soldati di Gheddafi.

[Pubblicato su Il Fatto Quotidiano del 7 settembre 2011]