La Cina discute il primo matrimonio omosessuale

In by Gabriele Battaglia

In settimana in Cina inizierà un procedimento del tutto particolare: una coppia omosessuale infatti, dopo essersi vista rifiutare il riconoscimento della propria unione, ha citato un funzionario in giudizio. E la Corte avrebbe accettato di dicuterne. Si tratta di un primo e ad ora unico caso per la Cina.La storia è la seguente: Sun Wenlin e Hu Mingliang, hanno cercato di registrarsi in un pubblico ufficio per gli affari civili in una città cinese del sud. Come riportato dal New York Times e dal Global Times, un dipendente ha rifiutato, sostenendo che la legge cinese «non permette il matrimonio omosessuale».
La coppia – scrive il Times – ha fatto l’impensabile: ha citato in giudizio l’ufficio degli affari civili.

Questo mese un tribunale distrettuale ha accettato il loro caso; si tratta della prima volta per un tribunale cinese, accettare una causa legale sul matrimonio tra persone dello stesso sesso.

Nonostante l’omosessualità in Cina non sia più considerata una malattia mentale, come accadeva fino al 2001 o un reato, come è accaduto fino al 1997, per la comunità gay cinese i tempi sono ancora difficili.

La società del Celeste Impero – nonostante le straordinarie trasformazioni economiche e sociali – è ancora profondamente agganciata ai valori tipici di una popolazione tradizionalmente rurale, organizzata nella stretta gerarchia confuciana che vede nella famiglia formata da un uomo, una donna e un figlio, il fulcro della vita sociale di tutto il paese.

Alcuni passi avanti sono stati compiuti, così come sono stati ottenuti importanti risultati,  ma è difficile immaginare che Pechino possa approvare – e farlo a breve – l’istituto delle unioni civili o dei matrimoni tra omosessuali. Qualche speranza era stata risposta quando il Partito comunista ha portato alla luce un progetto di legge che prevede pene severe nei confronti della violenza domestica.

Per la prima volta Pechino ha deciso di affrontare questo argomento proprio alla fine del 2015, ma è stato chiarito fin da subito che il provvedimento non intende cambiare i «canoni familiari» concepiti al di qua della Muraglia.

E sono da considerarsi – per ora – poco più che folklore alcuni casi isolati di matrimoni tra omosessuali, celebrati e in alcuni casi ripresi anche dai media ufficiali; si tratta però di azioni senza alcun valore legale, come sottolineato dagli stessi protagonisti.

Non che proposte in tal senso, anche all’organo più importante della macchina legislativa cinese, non siano mai state fatte. La combattiva sociologa e sessuologa Li Yinhe ha proposto più volte all’Assemblea Nazionale la possibilità di legiferare sui matrimoni omosessuali, senza venire mai ascoltata.

L’azione di Li Yinhe, però, era coscientemente rappresentativa e mirava soprattutto a sdoganare l’argomento in sede pubblica.

Il governo, infatti, riguardo il tema ha sancito la cosiddetta «politica dei tre no»: non si approva, non si disapprova, non si promuove. Il tema della possibilità per gli omosessuali di vivere una vita più tranquilla in Cina, rispetto al passato, ha trovato recentemente un suo momento fondativo: una sentenza del gennaio 2015 ha infatti stabilito che l’omosessualità non è una malattia da curare. La sentenza ha dato ragione a un ragazzo che era stato «ricoverato» dai genitori all’interno di un centro che prometteva la possibilità di «guarire l’omosessualità».

La sentenza della corte pechinese, secondo la quale l’omosessualità non è una malattia e come tale non può essere curata, ha costituito un risultato storico per tutto il movimento Lgbt cinese.

La corte di Pechino ha inoltre stabilito che la clinica che aveva provato a curare l’omosessualità con ipnosi e scariche elettriche, dovrà anche ricompensare il «paziente». Una cifra irrisoria, circa 500 euro, ma importante da un punto di vista simbolico.

Il mondo Lgbt del resto non sta a guardare e ha trovato alcune soluzioni per ovviare a una situazione sociale ancora precaria per chi vuole vivere liberamente la proprio sessualità.
Ultimamente va parecchio di moda un’applicazione che permette agli omosessuali di incontrarsi e procedere a un matrimonio combinato tra un gay e una lesbica, in modo da placare le pressioni familiari che, specie alle donne, chiedono di sposarsi in fretta.

Si tratta di Queers, un’app di appuntamenti «che in pochi minuti può collegare un gay cinese a oltre 4.000 lesbiche che cercano un partner gay per un matrimonio di convenienza», ha scritto il South China Morning Post.

Questo accordo in cinese viene chiamato xinghun ed è simile al concetto occidentale di beard. Scappatoie, in attesa di tempi decisamente migliori.

[Scritto per Eastonline; foto credit: turner.com]