Sono stati 4 giorni di jazz sudato e suonato, per le strade e i bar di Shanghai dal 15 al 19 ottobre. Il Padiglione Italia che sta per concludere la sua presenza all’Expo ha organizzato “The best of Italian Jazz in Shanghai”. Europe Square, nel cuore del parco dell’Expo, è diventata una sorta di Umbria jazz, con session all’1 alle 4 e alle sei di pomeriggio per tutti i giorni del festival e un continuo inseguirsi di assoli, citazioni e contaminazioni tra musicisti.
Stefano Bollani, Gegè quintet, i “Cafiso 4out”, gruppo del fenomeno Francesco Cafiso, che ha 21 anni e ha già suonato per Obama, oltre a dirigere il jazz festival di Vittoria. Poi i mostri sacri del Trio Roma: Danilo Rea al piano, Enzo Pietropaoli al basso e Amedeo Ariano, istrionico e versatile alla batteria (tanto da suonare anche col Gegè Quintet). Paolo Fresu in versione Paf trio, con l’orso buono Furio Di Castri al contrabbasso e il pirata Antonello Salis al piano, e poi magicamente solo in un Padiglione Italiano stregato dalla sua tromba, con i manichini giganti vestiti da Zegna e Versace, percorsi da brividi quasi umani. Roberto Gatto e il suo quartetto, elegante, fresco, sommerso, per troppa disponibilità da migliaia di richieste di autografi e fotografie.
Fin qui il programma ufficiale con due esibizioni fuori expo: al Misheng Museum nel cuore di Red Town e nella concert hall della Jin Mao Tower. Ma dopo, a notte inoltrata le anime irrequiete dei jazzisti italiani trascinavano strumenti e colleghi fuori dalle camere d’albergo, per aggirarsi fino all’alba per i locali della concessione francese, strumenti in spalla, in cerca di palchi, pubblico e altri musicisti con cui sfidarsi.
Due notti di folle jam session fino al mattino al J Z, locale storico della scena shanghainese, che manco a farlo apposta in quei giorni organizzava il festival jazz di Shanghai, richiamando in Cina alcuni tra i migliori nomi del jazz mondiale.
In un attimo Shanghai era New York e anche un timido come Paolo Fresu inizia a lucidare la tromba con gli occhi che gli brillano e si prepara ad entrare di prepotenza sul palco. Francesco Cafiso che non credeva a occhi e orecchie, corre in albergo a prendere il sax. Torna in un attimo (senza conoscere né strade né la lingua misteriosa dei taxisti cinesi, guidato da chissà chi) e trova già sul palco la sua band che lo tradisce col rivale.
Ci mette un attimo a salire e Shanghai regala per la prima volta il duello tra tromba e sax migliori d’Italia, diversa l’età, diverso lo stile, ma gli “assolo” sono da togliere il fiato. Una platea di musicisti mai vista fa la sua parte sotto il palco: Gegè Telesforo se la ride con China Moses, la bravissima figlia trentaduenne di Dee Dee Bridgewater, e qualcun altro si innamora flirta con l’unica cantante cinese, mentre Mark, manager del Jz. si nasconde terrorizzato, il pubblico non vuole più andar a casa e continua a bere.
Roy Hardgrove tiene a riposo la tromba sorseggiando gin tonic, mentre tutti aspettano l’arrivo di Brandon Marsalis, fratello di Winston, che avrebbe suonato il giorno dopo, ma aveva promesso di scendere dall’aereo e arrivare lì al J zì!