India’s Daughter – Delhi censura documentario Bbc

In by Simone

La gior­na­li­sta bri­tan­nica Leslee Udwin ha lavo­rato per due anni su un docu­men­ta­rio per inda­gare il pro­blema delle vio­lenze ses­suali in India, tema salito pre­po­ten­te­mente alla ribalta con l’infame stu­pro di gruppo in cui Jyoti Singh, stu­den­tessa di medi­cina di 23 anni, perse la vita nel dicem­bre del 2012.
Il lavoro di Udwin, inti­to­lato India’s Daughter sarà tra­smesso in diverse parti del mondo anglo­sas­sone nella gior­nata dell’8 marzo. Ma non in India, dove il Mini­stero delle tele­co­mu­ni­ca­zioni nella notte di mar­tedì scorso ha dira­mato una cir­co­lare in cui vieta la messa in onda del documento, giu­sti­fi­cando lo stop con la neces­sità di non far per­ce­pire i media indiani come «com­plici» dei cri­mini di cui si sono mac­chiati i sei vio­len­ta­tori del cosid­detto «Delhi Gan­grape». Le anti­ci­pa­zioni mostrano un’intervista esclu­siva a Mukesh Singh, uno dei sei stu­pra­tori, rea­liz­zata all’interno del car­cere Tihar a New Delhi, dove Singh è dete­nuto con una sen­tenza in primo grado alla pena di morte, in attesa dell’appello in Corte Suprema.

Davanti alla tele­ca­mera, Singh giu­sti­fica il pro­prio cri­mine incol­pando la ragazza di «non averli lasciati fare», spie­gando che in India una ragazza che esce da sola di notte, non accom­pa­gnata da un mem­bro maschile della fami­glia, o che si vesta in modo «inde­co­roso», allora signi­fica che se la sta cercando.

Jyoti Singh, il 16 dicem­bre del 2012, era andata al cinema col suo ragazzo – nei media indiani sem­pre descritto come «un amico». Sulla via del ritorno a casa, sei uomini cari­cano Jyoti e fidan­zato su un auto­bus, mal­me­nano lui, vio­len­tano a turno lei (anche con una sbarra di ferro) e infine lasciano entrambi tra­mor­titi per strada. Jyoti morirà dodici giorni dopo.

Lo scorso 3 marzo il Mini­stero degli Interni ha ordi­nato alla poli­zia di New Delhi di aprire un’indagine su India’s Daughter, con l’obiettivo di assi­cu­rarsi che la troupe avesse agito inte­ra­mente nella lega­lità. Non è chiaro, infatti, come sia pos­si­bile che Udwin abbia avuto accesso al car­cere di Tihar e possa aver fatto un’intervista a Mukesh Singh, che ha un pro­ce­di­mento penale ancora in corso. Tihar, car­cere di mas­sima sicu­rezza nei pressi di New Delhi, secondo diversi atti­vi­sti per i diritti umani indiani è un luogo inaccessibile.

Udwin, in una con­fe­renza stampa a New Delhi, ha spie­gato di aver rice­vuto il nul­lao­sta sia del Mini­stero degli Interni, sia del diret­tore del car­cere, e che Mukesh Singh ha accon­sen­tito a rila­sciare l’intervista gra­zie all’intercessione di sua madre. Anche il fra­tello di Mukesh, Ram, era stato con­dan­nato alla pena capi­tale; il 13 dicem­bre del 2013 è stato tro­vato impic­cato nella sua cella. Le anti­ci­pa­zioni del docu­men­ta­rio uscite sulla stampa inter­na­zio­nale hanno sol­le­vato pole­mi­che in India, sia da ambienti con­ser­va­tori che da atti­vi­ste dei movi­menti fem­mi­ni­sti nazionali.

Se da un lato in molti plau­dono al divieto di tra­smis­sione di India’s Daughter nel paese, difen­dendo la scelta di non con­tri­buire alla pro­pa­ga­zione delle opi­nioni di Mukesh Singh – in verità abbon­dan­te­mente con­di­vise nella società indiana, a par­tire dallo stesso avvo­cato di Singh (inter­vi­stato da Udwin) e da diversi lea­der spi­ri­tuali hindu -, dall’altro alcune espo­nenti del movi­mento fem­mi­ni­sta indiano – in par­ti­co­lare Kavita Kri­sh­nan, segre­ta­ria della All India Pro­gres­sive Women’s Alliance — cri­ti­cano il taglio «occi­den­ta­li­sta» del docu­men­ta­rio, che pre­sen­te­rebbe la cosid­detta «emer­genza stu­pri» come un pro­blema squi­si­ta­mente indiano, fal­lendo nella con­te­stua­liz­za­zione della con­di­zione fem­mi­nile in India all’interno di una situa­zione pre­oc­cu­pante a livello mondiale.

Kri­sh­nan cri­tica l’utilizzo del ter­mine «daughter» nel titolo, scelta che alli­nee­rebbe Udwin al voca­bo­la­rio della società patriar­cale indiana, che insi­ste nella descri­zione della donna uni­ca­mente in chiave subor­di­nata di figlia, moglie, madre e nonna.

A seguito del blocco delle trasmissioni in India, Bbc ha deciso di mandare in onda il documentario nella serata di ieri. Ora è disponibile online, sulla piattaforma di Youtube.

[Pubblicato in versione ridotta su il manifesto; foto credit: guardian.com]