UPDATE Stupro di Delhi: pena di morte per gli imputati

In by Simone

Sono stati condannati a morte i quattro imputati per lo stupro di Delhi dello scorso dicembre. Le violenze subite da una giovane di 23 anni, morta giorni dopo in ospedale, hanno causato una reazione nazionale circa il problema delle violenze sessuali in India. (Updated)
13 settembre, 12:00 Update

Sono stati tutti condannati a morte i quattro imputati per lo stupro di gruppo e l’omicidio di una studentessa 23enne lo scorso dicembre a Delhi. Il processo è durato otto mesi. Il delitto, ha sentenziato il giudice, Yogesh Khanna, rientra per la sua efferatezza nel novero dei casi rari tra i più rari cui è applicata la pena capitale.

Mukesh Singh, Akshay Thakur, Pawan Gupta e Vinay Sharma sono stati giudicati colpevoli per aver violentato e scaraventato fuori da un autobus la ragazza che morì dopo dieci giorni in un ospedale a Singapore. Una violenza cui parteciparono in sei.

Un quinto imputato, Ram Singh, fu trovato impiccato nella sua cella nel carcere di massima sicurezza di Tihar. Mentre il sesto, minorenne all’epoca dei fatti, è stato condannato a tre anni di riformatorio.

La condanna a morte invocata dai manifestanti che fuori dalla corte ne chiedevano l’impiccagione non è definitiva e il processo dovrà passare per altri due gradi di giudizio, con gli avvocati della difesa che già prima del verdetto avevano annunciato il ricorso in caso di condanna a morte.

Lo stupro di Delhi aprì un dibattito in tutto il paese sulla condizione della donna e spinse il governo a varare leggi più severe in materia di violenza sessuale.

Contestualmente, una parte dell’opinione pubblica e del mondo femminista si chiede se la pena capitale e la condanna che i giudici hanno voluto “esemplare” siano una reale deterrente alla violenza di genere in India o se al contrario siano una soluzione rapida che non affronta il problema alla radice, ossia la cultura maschilista al lavoro nel paese.

22 dicembre, 20:00 Update

Sull’onda delle proteste popolari, degenerate anche in scontri con la polizia, il governo indiano ha deciso l’istituzione di una commissione per la revisione della legge sulla violenza contro le donne non escludendo l’ipotesi di condanna a morte per i casi di stupro. Lo ha annunciato il ministro dell’Interno, Sushilkumar Shinde, al termine dell’incontro con il premier Singh. Anche la leader del Congress, Sonia Gandhi, ha chiesto misure severe contro i presunti stupratori accusati della violenza contro una 23enne di Delhi domenica scorsa. Intanto nell’ambito delle indagini sullo stupro, cinque poliziotti sono stati sospesi dal servizio per negligenza.

22 dicembre, 17:23 Update

Secondo quanto riporta il quotidiano The Hindu il premier Manmohan Singh ha esortato il ministro dell’interno Sushilkumar Shinde a garantire la sicurezza di Delhi e fare in modo che non si possano ripetere stupri come quello di domenica. Intanto una breaking news dell’emittente Ibn Live riferisce che la polizia ha preso in custodia uno dei presunti stupratori.

Il leader del Bjp, Sushma Swaraj, ha chiesto una sessione speciale del Parlamento per discutere un inasprimento della legge sulla sicurezza della donne e chiesto la condanna a morte per i presunti stupratori.

22 dicembre, 15:35 – Update

La folla si è ingrossata e i manifestanti sono divisi sostanzialmente in due gruppi: violenti davanti alla residenza presidenziale che provano a sfondare barricate della polizia e migliaia di persone al Gate of India, diametralmente opposto, che pacificamente mostrano cartelloni e cantano slogan.

Il rischio concreto è che la manifestazione, inizialmente nata dai gruppi studenteschi di University of Delhi e Jawaharlal Nehru University, venga strumentalizzata da gruppi politici dell’opposizione in parlamento (Bjp) e dal movimento della società civile guidato da Arvind Kejriwal.

In oltre 6 ore di proteste, nessun rappresentante del governo è uscito a parlare con gli studenti. Una delegazione aveva chiesto un colloquio col presidente Pranab Mukherjee ma non sono stati accolti a causa di impegni precedentementi presi da Mukherjee con alcuni delegati stranieri.

Folla eterogenea: c’è chi parla di problema culturale, misoginia e condizione della donna; chi vuole pena di morte per gli aggressori; chi se la prende con la polizia e col governo per la mancata sicurezza nelle strade della capitale.

22 dicembre, 12:10 – Update

Dopo giorni di proteste pacifiche in tutto il Paese stamattina una folla di studenti ha marciato verso la residenza presidenziale a Delhi, urlando slogan contro la misoginia in India e chiamando a gran voce l’impiccagione per i cinque aggressori della ragazza stuprata domenica scorsa.

La polizia ha caricato la folla, usando lacrimogeni e idranti. Ci sono feriti in entrambi gli schieramenti. In questo momento centinaia di manifestanti stanno assediando Rashtrapati Bhavan. Una delegazione degli studenti sembra sia stata ammessa all’interno del palazzo presidenziale.

La storia

L’ennesimo stupro avvenuto a Delhi lo scorso fine settimana ha scatenato una serie di proteste nelle maggiori città indiane, chiedendo al governo di agire col pugno di ferro ed interrompere l’impressionante serie di violenze contro le donne che continua a fare vittime in tutta l’India.

Domenica sera verso le 9 una ragazza di 23 anni, studentessa di medicina, stava tornando a casa in autobus con un amico. L’autobus privato, impegnato come scuolabus durante il giorno, era in servizio illegalmente nelle ore notturne.

Saliti sul bus, i due giovani sono stati attaccati da cinque aggressori. Secondo le notizie diramate dai media nazionali, la studentessa è stata violentata e malmenata per oltre un’ora e mezza. I cinque uomini, per colpire la vittima, avrebbero usato anche una spranga di ferro, rinvenuta dalle autorità all’interno dell’autobus.

La ragazza da due giorni è ricoverata a Delhi in terapia intensiva. Ha subìto quattro operazioni chirurgiche nel tentativo di salvare l’intestino che, secondo i medici, era in condizioni “disperate”.

Sin dalla giornata di lunedì diversi gruppi spontanei si sono riversati nelle strade della capitale, accusando il governo centrale guidato dall’Indian National Congress (Inc) – che controlla anche la municipalità di Delhi – di essere responsabile della mancata sicurezza di Delhi, soprannominata dall’opposizione in parlamento “la capitale degli stupri”.

I dati sono allarmanti: nel 2012, nella sola città di Delhi, sono stati denunciati più di 630 stupri. Gli ultimi dati disponibili a livello nazionale, risalenti al 2010, parlano di oltre 22mila stupri denunciati nel Paese.

Gli esponenti dell’opposizione, in particolare del partito conservatore Bharatiya Janata Party (Bjp), hanno inscenato una serie di proteste culminate questa mattina in un sit-in davanti al parlamento. Chiedono le dimissioni di Sheila Dikshit, chief minister di Delhi dell’Inc, e maggiori fondi a disposizione delle forze dell’ordine per garantire la sicurezza delle donne indiane sui mezzi pubblici.

Sushma Swaraj, capo dell’opposizione alla Rajya Sabha (il Senato indiano) ha auspicato l’impiccagione per i responsabili entro 30 giorni, un’eccezione rispetto al sistema legale indiano che prevede la pena capitale solo per reati di omicidio.

Stamattina il ministro degli Interni Sushilkumar Shinde si è presentato davanti alla Rajya Sabha per aggiornare i deputati sulle misure prese dalle autorità. Shinde, in pochi minuti di discorso, ha annunciato che da oggi ogni autobus sarà obbligato a rimuovere tendine o vetri oscurati e a tenere le luci interne accese durante la notte.

I controlli sui conducenti e proprietari di autobus privati saranno rafforzati, mentre alla forze dell’ordine saranno dati più mezzi per pattugliare le strade, compresi sistemi di rilevamento satellitare gps per seguire i movimenti di veicoli sospetti.

La polizia di Delhi ha già rintracciato tre dei cinque aggressori. Si tratta di Ram Singh, conducente dell’autobus, il fratello Mukesh e Vinay Sharma. Il quarto e il quinto sono scappati verso gli Stati del Bihar e Rajasthan ma le autorità, dicono, sono già sulle loro tracce.

Sharma ha confessato di aver malmenato il ragazzo ma di non aver toccato la studentessa. Mukesh Singh ha invece dichiarato: “Sono responsabile di un crimine mostruoso. Mi merito di essere impiccato”.

L’attenzione si sta lentamente – e tardivamente – spostando sulla condizione della donna in India, grazie alla mobilitazione di centinaia di studenti e studentesse nelle principali megalopoli indiane, dalla capitale Delhi a Mumbai.

Nel pomeriggio una manifestazione di studenti universitari davanti alla residenza della chief minister di Delhi Sheila Dikshit è stata dispersa con degli idranti.

Prima dell’intervento delle forze dell’ordine, gli studenti sono stati intervistati dalle televisioni locali. Hanno chiesto la dimissioni di Dikshit e uno di loro – mentre una ragazza urlava a squarciagola “Shame, shame!” – è riuscito a spiegare che il problema non è solo di sicurezza ma coinvolge anche la considerazione che la popolazione ha delle donne.

A differenza degli esponenti politici e di molte signore intervistate dalle reti nazionali, concentrate sulla sicurezza nei luoghi pubblici, le testimonianze più profonde arrivano da giovani ragazze costrette a fare i conti ogni giorno con minacce e stalking – categoria riassunta in India con la vellutata dicitura eve-teasing.

Una studentessa di Bangalore, intervistata dall’emittente Ndtv, ha dichiarato: “Il problema è culturale. Mia madre mi proibisce di uscire di casa dalle cinque del pomeriggio in poi, in molte famiglie le ragazze ricevono addirittura meno cibo dei propri fratelli solo perché donne”.

Una sua collega, rispondendo alle domande dell’inviato, ha chiarito che la pena di morte non aiuterà a cambiare le cose: “Serve un’azione immediata sul luogo del misfatto. I molestatori devono essere colpiti e ripresi davanti a tutti, farli vergognare davanti alla comunità, così che non lo rifacciano più”.

Un’altra manifestante, a Delhi, ha lamentato l’indifferenza della società indiana davanti alle discriminazioni giornaliere subìte dalle donne nel Paese: “Siete tutti qui a fissare senza fare niente. Dove eravate domenica sera? Dove siete stati tutto questo tempo? Dov’erano i media, dov’era la politica?”.

La sensibilità del tema è palese ma la politica, nonostante una serie incredibile di stupri che negli ultimi mesi ha colpito gli stati di Haryana e Mumbai, continua a rifiutarsi di affrontare un problema che in India ha profonde radici culturali.

La reazione generale dell’opinione pubblica davanti ad uno stupro è riassumibile in “se l’è andata a cercare”. Si accusano le donne di aver adottato una moda occidentale troppo provocante e di girare per le strade delle città o nei pressi di locali dove servono alcool nonostante il rischio di attenzioni indesiderate.

A Gurgaon, nei pressi di Delhi, e a Calcutta, quando mesi fa si verificarono stupri nei pressi di pub o discoteche, la risposta delle autorità fu estendere un coprifuoco femminile e chiudere i locali notturni alle 11 di sera.

In Bengala Occidentale addirittura, per volere della chief minister Mamata Banerjee, un film che mostrava una scena di stupro fu censurato dalle sale dello Stato in quanto “incentiva azioni criminali”. Banerjee ha anche stigmatizzato la copertura del caso di stupro da parte delle televisioni, lamentando che davanti alla tv la sera "ci sono i bambini".

La polizia non è da meno. Un’inchiesta del magazine Tehelka ha messo nero su bianco l’opinione di alcuni ufficiali di polizia riguardo i casi di stupro nel Paese.

Tehelka ha mandato 23 giornalisti ad intervistare i responsabili delle centrali di polizia di diverse località, raccontando di essere ricercatori universitari. Qui di seguito alcune delle dichiarazioni raccolte.

Satbir Singh, di Faridabad: “Se una ragazza si mette dei vestiti trasparenti incoraggia pensieri sconci da parte dei ragazzi. Le ragazze si mettono le minigonne. Si mettono dei vestiti attillati che non lasciano nulla all’immaginazione. Non si mettono le dupatta (una sorta di velo appoggiato al seno per nasconderne le forme, nda). Espongono i loro corpi. E’ ovvio che i ragazzi poi siano attratti”.

Jangsher Singh, di Delhi: “Queste ragazze sono corresponsabili, cooperano. Credo siano molto rari i casi in cui non ci sia cooperazione”.

Rajpal Yadav, di Gurgaon: “Le ragazze da Darjeeling e dal Nepal vengono qui per questioni di affari. Vanno con gli uomini per i soldi. Quando i soldi non arrivano, allora dicono di essere stuprate”.

Su Twitter la scrittrice Nilanjana Roy ha ricordato che, secondo i dati del governo, in oltre il 90 per cento dei casi di stupro registrati in India nel 2011 l’aggressore era una persona nota alla vittima. La maggioranza degli stupratori sono membri della famiglia o vicini di casa.

Il dibattito che sta infuriando in tutta l’India non sembra destinato a concludersi in tempi brevi. Sperando che la società indiana smetta finalmente di guardare dall’altra parte e riesca a varare delle politiche più efficaci della rimozione di tendine negli autobus privati.

[Foto credit: news.outlookindia.com; makeupandbeauty.com]