Migliaia di ragazze ogni anno vengono prelevate con l’inganno dalla regione nord-orientale dell’Assam e portate nelle grandi metropoli indiane. Convinte di trovare un lavoro in regola, vengono schiavizzate e inserite nel business della prostituzione o della servitù domestica, in combutta con autorità compiacenti.
Una nuova inchiesta del settimanale indiano Tehelka ha riportato l’attenzione sul traffico di ragazze dall’Assam verso le metropoli del subcontinente.
Già nel 2011 la notizia era stata presentata dal Times of India dopo l’arresto e la condanna di Munna Chaudhary a sei anni di carcere per traffico di ragazze. Tuttavia dal 2011 a oggi la situazione non sembra cambiata: sempre il Times of India, lo scorso ottobre, ha indicato che da gennaio sono state rapite 2740 ragazze, di cui il 60 per cento per traffico umano, diventando, secondo il giornale, una delle principali preoccupazioni della polizia dell’Assam.
Tehelka ha indagato a Lakhimpur, una delle aree più colpite, raccogliendo le storie sia di quelle ragazze che, sfruttate per anni, sono riuscite a tornare, sia di quelle famiglie le cui figlie non sono mai tornate, mostrando come, nonostante la gravità della situazione e l’apparente “preoccupazione” della polizia, manchino le misure pratiche per contrastare il traffico di ragazze.
L’inchiesta ha portato alla luce un network di agenzie centrali con sede a New Delhi e Mumbai a cui si collegano i vari agenti locali. Questi reclutano le ragazze o con l’inganno di falsi viaggi a Delhi o con la scusa di aiutarle a trovare un lavoro; quello che le aspetta è però sfruttamento, lavoro massacrante e mal pagato, spesso violenze, stupri e prostituzione forzata.
Secondo un rapporto rilasciato dalla Commissione dei Diritti Umani Nazionale (National Human Rights Commission) molte delle ragazze firmano contratti scritti in inglese senza avere gli strumenti linguistici per capirne i termini e hanno uno stipendio di circa 2.200-4.500 rupie al mese (che corrispondono a circa a 27-56 euro) che in parte è trattenuto dall’agenzia.
Diversi sono i fattori che contribuiscono a questo traffico. Secondo Walter Fernandes, direttore del Centro Risorse Sociali del Nord Est di Guwahati, la chiusura di molte piantagioni di tè tra il 2005 e il 2010 ha reso molte famiglie bisognose facili prede, determinando la crescita del traffico.
Altro fattore è la collaborazione della polizia locale: sempre secondo il rapporto, ci sono prove che le autorità locali siano a conoscenza delle attività illegale, ma non agiscano. Infatti, in molte storie raccolte da Tehelka, i genitori delle vittime non hanno potuto denunciare i rapimenti perché scoraggiati dalla polizia stessa.
Che la situazione sia volutamente lasciata inalterata è evidente dal fatto che i giornalisti di Tehelka hanno intervistato nove trafficanti (venendo a sapere il numero di ragazze portate a Delhi e la commissione ottenuta): indagine che se fatta dalle forze dell’ordine avrebbe portato facilmente al loro arresto.
Ulteriore fattore è poi la condiscendenza della middle class delle grandi città a comprare schiave per i lavori domestici ad un prezzo che si aggira intorno alle 35000/40000 rupie(430/500 euro).
In India una ragazza che ha subito violenze sessuali e riesce a tornare a casa è spesso vittima di umiliazione sociale e costretta ad una vita da reclusa. È dunque probabile che molte vittime di abusi preferiscano non tornare per evitare di portare vergogna alla propria famiglia.
Un quadro preoccupante per l’emancipazione femminile e i diritti di genere nel paese che, nonostante alcune iniziative varate del governo – come l’inaugurazione di una banca per donne poche settimane fa a Mumbai – è ben lontano dagli standard che si richiedono alla più grande democrazia del mondo.
*Daniela Bevilacqua nasce a Roma nel 1983. Durante gli studi universitari in Lingue e Civiltà Orientali sviluppa un rapporto odi et amo con l’India. Dapprima interessata a studi storici sulla religione, decide poi di focalizzarsi sul nazionalismo di estrema destra hindu e i movimenti politici ad esso connesso. Al momento lavora ad una ricerca storico/antropologica sul ruolo del guru tradizionale nell’India contemporanea.
[Foto credit: genderbytes.wordpress.com]