Incompreso e deriso: il Confucio ritrovato di Fei Mu

In by Simone

Si è concluso in questi giorni il breve tour pechinese della versione restaurata di kong fuzi (1940), presentata da Sam Ho dell’Hong Kong Film Archive e da Fei Mingyi, figlia del regista della pellicola Fei Mu e oggi celebre cantante, che ha portato una viva testimonianza del padre, oggi considerato uno dei grandi maestri della storia del cinema cinese.

Il tour ha toccato sedi diverse tra loro come l’Università di Pechino, dove era presente buona parte della critica cinematografica istituzionale nazionale, e l’UCCA, galleria straniera all’interno del distretto artistico 798. Tutto ha inizio nel 2009 quando l’Hong Kong Film Archive riceve da un anonimo donatore una rarissima copia di kong fuzi, che Fei Mu realizzò nel 1940.

Si intuisce subito l’importanza dell’opera e l’unicità della copia (una copia parziale era già presente al China Film Archive di Pechino). Il lungo e complesso lavoro di restauro viene affidato al laboratorio di Bologna “L’immagine Ritrovata” che riporta alla luce tutto ciò era ancora salvabile e lo digitalizza per restituirlo al pubblico del nuovo secolo; la colonna sonora è purtroppo assente in alcune parti, ma l’immagine a tratti sbiadita e sgranata è ancora capace di restituire i toni e quelle mezze-tinte che pochi anni dopo avrebbero causato la critica politica nei confronti del maestro Fei Mu.

Ma sono comunque proprio quelle irrimediabili imperfezioni e mancanze della pellicola a trasmettere ai nuovi spettatori quel fascino unico del cinema cinese degli inizi. Già da tempo si discute di quanto il confucianesimo sia oggi in Cina ancora un sistema di valori vivo e un fondamento della cultura nazionale; se sia ancora uno strumento di legittimazione di un ordine da preservare. Un pilastro della cultura politica cinese.

Almeno proprio in questa direzione si muoveva il blockbuster Confucius (kongzi) diretto lo scorso anno da Hu Mei, biografia in chiave nazionalistica del maestro Kong, interpretato dalla star di Hong Kong Chow Yunfat. Poi negli ultimi mesi si sono intravisti segnali di un eventuale cambiamento della posizione del confucianesimo all’interno della cultura contemporanea cinese, come la recente rimozione da piazza Tian’anmen di un’imponente statua raffigurante Confucio: simbolica dismissione dei valori confuciani da parte del governo, forse.

Non poteva capitare quindi in un momento migliore la presentazione di questo capolavoro ritrovato in cui Fei Mu mette in evidenza l’umanità di Confucio.

Il grande filosofo è ritratto come vittima del suo tempo, segnato da una sanguinosa contesa tra diversi regni per quei vasti territori che un giorno sarebbero diventati la Cina. Incompreso e deriso dai regnanti, ignorato dalla gente, la vita del maestro appare lontana dall’essere fondamento dell’impero cinese; Fei Mu enfatizza il contrasto tra la vita del maestro, circondato dai suoi discepoli e gli intrighi dei viceré degli “stati combattenti” per imporsi gli uni sugli altri.

Eppure la figura ieratica di Confucio si staglia come esempio morale, e il suo messaggio “ecumenico” sarà tramandato dai suoi discepoli a beneficio delle future generazioni. Prodotto dalla Minhua di Hong Kong, dove il regista si era trasferito in seguito dell’occupazione da parte giapponese di Shanghai, la Hollywood di Cina, che in quel momento divenne “isola orfana” (1937-1941). 

Proprio la dolorosa condizione di “isola orfana” (gudao) della sua Shanghai isolata dall’esercito nipponico, può essere stata la spinta che portò Fei Mu a realizzare Confucio, ritraendone isolamento e impotenza di fronte mala tempora dei ricorsi storici.

Fei Mu è oggi considerato uno dei grandi maestri del cinema cinese
, soprattutto per il suo capolavoro Springtime in A Small Town (Xiaocheng zhi chun, 1948), già oggetto di remake da parte del regista della Quinta generazione Tian Zhuangzhuang. Eppure se oggi Springtime in A Small Town è ritenuto una delle massime espressioni del cinema pan-cinese, è stato oggetto di critiche e attacchi nell’era maoista la cui affermazione fece emigrare definitivamente Fei Mu a Hong Kong.

Il film e con esso la poetica del regista furono criticati a causa di una sottigliezza psicologica considerata eretica ambiguità, e di una malinconia elegiaca vista dall’apparato ideologico come lassismo borghese. Proprio questi i tratti distintivi di Fei Mu, maestro della sfumatura psicologica, della profondità del pensiero, della raffinatezza espressiva. Tratti presenti già in Confucio, che oggi è tornato nuovamente alla luce.