In Cina e Asia – Un 2021 carbon-free per la Belt and Road Initiative

In Notizie Brevi by Sabrina Moles

Un 2021 carbon-free per la Belt and Road Initiative

La Cina non ha finanziato alcun progetto legato all’industria del carbone per tutto il primo semestre del 2021: è la prima volta dal lancio dell’ambizioso progetto di connettività transasiatica, avvenuto nel 2013. È quanto emerge dall’ultimo report dell’Institute of Green Finance di Pechino, think tank che si occupa di analizzare e studiare l’approccio del Governo cinese alle tematiche ambientali – in particolare attraverso investimenti e politiche economiche ad hoc. Ad oggi la Cina continua ad avere la responsabilità del 70% di tutte le centrali elettriche a carbone del mondo, ma iniziano a emergere nuove tendenze che evidenziano la stretta su aziende e investitori in tema di sostenibilità ambientale.

“Con le nuove linee guida per l’inverdimento degli investimenti all’estero da parte del governo cinese, ci aspettiamo ancora meno opportunità per i progetti di carbone nella Bri del futuro. In pratica, sta diventando più difficile ottenere finanziamenti per progetti che ruotano intorno all’industria delle fonti fossili più inquinanti”, spiega il direttore del think tank e autore del rapporto Christoph Nedopil. Nel documento si indaga, infatti, come la Cina stia tentando di conciliare gli investimenti per la Nuova via della seta con la sostenibilità ambientale. I finanziamenti Bri in 140 paesi hanno totalizzato 26,2 miliardi di dollari nei primi sei mesi del 2021, in calo del 29% rispetto all’anno precedente a causa dell’emergenza Covid. Energia e trasporti hanno rappresentato, ancora una volta, il 65% di tutti gli investimenti in questo periodo. All’interno del settore energetico, il 37% dei finanziamenti è andato al gas naturale, il 30% al petrolio e il 28% all’energia idroelettrica. [Fonte: Straits Times]

Stop nuovi account WeChat: Tencent cerca di adattarsi alle nuove leggi sulla cybersecurity

Per qualche tempo non sarà possibile creare nuovi account WeChat: lo ha annunciato Tencent Holdings nella giornata di martedì, additando come causa del disguido un “aggiornamento di sicurezza”  che servirà ad adeguare la piattaforma alle nuove leggi sulla sicurezza informatica emanate da Pechino. La superapp è nata nel 2011, e nel decimo anniversario dalla creazione si ferma per la prima volta e chiude ai nuovi utenti, come segnala sui suoi canali social: “Secondo i regolamenti e le leggi pertinenti, stiamo subendo un aggiornamento della tecnologia di sicurezza, durante il quale le registrazioni per gli account personali e pubblici sono sospese”.

L’aggiornamento dovrebbe essere completato già entro i primi giorni di agosto, e dovrà adattarsi alle nuove restrizioni in materia di raccolta e utilizzo dei dati degli utenti. La nuova legge entrerà ufficialmente in vigore il 1° settembre di quest’anno, e i regolatori hanno da tempo iniziato a indagare sui giganti del mondo digitale. L’ultima azienda finita nella bufera di sanzioni e sequestri era stata Didi, la nota app nata sul modello di Uber (ma che offre anche altri servizi), all’alba del suo debutto alla Borsa di New York con 4,4 miliardi di dollari di Ipo. Prima ancora era stato Jack Ma e il braccio fintech del suo colosso Alibaba, Ant Group, sempre per ragioni di poca trasparenza nella gestione dei dati sensibili e non in azienda. Ora potrebbe essere il turno di Tencent, che però cerca di battere i regolatori in velocità per evitare le conseguenze della stretta del Governo sulle big tech. [Fonte: Nikkei]

Qin Gang nuovo ambasciatore cinese negli Stati Uniti

“La Cina annuncerà la nomina di un nuovo ambasciatore negli Stati Uniti a tempo debito”: queste le parole del portavoce del ministero degli Esteri cinese Zhao Linjian in merito alle notizie che vedono Qin Gang, nome noto nel panorama diplomatico della Repubblica Popolare, come nuovo ambasciatore negli Stati Uniti. Nelle ultime 24 ore si è diffusa la notizia per cui Qin Gang si sarebbe imbarcato per Washington ieri mattina, dove andrà a sostituire lo storico ambasciatore cinese Cui Tiankai. Pechino sceglie quindi la cautela. Qin è un diplomatico di lunga esperienza nel campo della diplomazia tra Cina e Unione Europea, ed è stato il più giovane vice ministro degli Esteri della Repubblica Popolare. Per alcuni analisti Qin sarà l’uomo forte di Pechino, in quanto in passato si è dimostrato schietto nella difesa degli interessi cinesi. [Fonti: Scmp, Caixin]

Gli Usa in Asia parlano soprattutto di Cina

Il segretario di Stato Usa Anthony Blinken ha raggiunto l’India nella giornata di ieri, martedì 27 luglio. Qui il funzionario statunitense incontrerà l’omologo Subrahmanyam Jasihankar e il primo ministro Narendra Modi. Il paese asiatico è da qualche tempo uno degli alleati chiave nella regione, in quella che è sempre più dichiaratamente una strategia di contenimento dell’avanzata cinese. Tra i temi sul tavolo non può, quindi, non dominare la Cina: Nuova Delhi inoltre partecipa al Quad, gruppo a guida Usa che comprende anche Giappone e Australia e punta a contenere l’atteggiamento “aggressivo” di Pechino in Asia. Martedì Blinken ha anche parlato al telefono con il primo ministro del Nepal, Sher Bahadur Deuba, sul rafforzamento della partnership tra i due paesi e l’emergenza Covid: Washington ha inviato a Kathmandu 1,5 di vaccini e altro materiale sanitario essenziale per affrontare la pandemia.

Per il segretario alla Difesa David Lloyd Austin invece è stato il turno di Singapore, prima tappa di un viaggio istituzionale che lo porterà anche in Vietnam e Filippine. È il primo membro dell’amministrazione Biden a mettere piede nel Sudest asiatico, un’area dove si sono registrate crescenti tensioni dovute alla massiccia presenza di Pechino nel Mar Cinese Meridionale. Non per niente, durante la conferenza stampa Lloyd Austin ha parlato soprattutto di Cina, con la quale Washington cerca di avere “una relazione stabile e costruttiva”. Ciononostante, come ammette il segretario alla Difesa, il compito degli Stati Uniti ora è di “non tirarsi indietro quando gli interessi del Paese e dei suoi alleati sono minacciati”. Ha però anche invitato i paesi del gruppo Asean a non cercare partitismi perché “noi non vi stiamo chiedendo di scegliere tra Usa e Cina“. Il funzionario statunitense ha davanti il difficile compito di ricucire le relazioni diplomatiche all’interno del quadrante Indopacifico in fase post-trumpiana, mentre la vicesegretario di Stato Usa Wendy Sherman ha parlato lunedì con il ministro degli Esteri cinese Wang Yi dei nodi critici nel dialogo Cina-Stati Uniti. [Fonti: Nikkei, Scmp]

Riparte la hotline tra Corea del Nord e Corea del Sud

Se vi ricordate di quella volta che Pyongyang ha ordinato di far detonare l’ufficio di collegamento con la Corea del Sud al 38° parallelo (giugno 2020), ricorderete anche che da allora le comunicazioni tra le due Coree erano ripiombate nel silenzio. Ora Kim Jong-Un ci ha ripensato, e ha deciso insieme al presidente sudcoreano Moon Jae-in di riattivare la hotline e ripristinare il dialogo tra i due Paesi. I due avevano iniziato a sentirsi ad aprile in occasione del terzo anniversario dal loro primo incontro, e la mossa di martedì 27 luglio segna un allentamento delle tensioni al confine che tanti aspettavano. Per esempio, gli Stati Uniti, ai cui richiami per ora Pyongyang sembra sorda. Tra le sfide sul tavolo, la pandemia e la crisi economica generata dall’isolamento della Corea del Nord, anche se non è ancora nota la natura di questi tavoli di lavoro – soprattutto perché ad oggi nessun caso di Covid19 è stato segnalato dalle autorità sanitarie nordcoreane. Per alcuni funzionari e ricercatori sudcoreani la ripresa del dialogo è solo un ritorno alla normalità, non bisogna illudersi sulle scelte del vicino a nord: “Dobbiamo vedere una certa serietà da parte di Pyongyang verso la denuclearizzazione per poter dire che ci siano dei progressi autentici”, ha commentato James Kim dell’Asan Institute for Policy Studies di Seoul. [Fonte: Reuters]