In Cina e Asia – La tragedia indiana e i limiti della “wolf warrior diplomacy” cinese

In Notizie Brevi by Redazione

Il web cinese si è scatenato questo finesettimana, dopo che un account legato al Partito Comunista aveva pubblicato su Weibo un’immagine dal contenuto “insensibile e inappropriato”. Nel post si vedono infatti due fotografie, la prima il lancio verso lo spazio del modulo Tianhe dello scorso 29 aprile, e per seconda una delle tante drammatiche fotografie che riportano lo stato delle cremazioni in India a causa della seconda ondata di Covid. In alto due scritte: “accendere un fuoco in Cina” vs. “accendere un fuoco in India”. In poche ore gli utenti del social network si sono accaniti contro l’account, che appartiene alla Commissione centrale per gli affari politici e legali del Partito Comunista. Il post è stato quindi cancellato, ma lo screenshot ha fatto il giro del mondo e ha sollevato le critiche anche dall’estero, chiedendo maggiore sensibilità nei confronti di quanto sta accadendo in India in queste settimane. Lo stesso Global Times si è schierato contro tali affermazioni, invitando istituzioni e figure pubbliche a “tenere alta la bandiera dell’umanitarismo in questo momento difficile, mostrare simpatia per l’India e collocare saldamente la società cinese su un terreno elevato dal punto di vista morale”. L’episodio sembra evidenziare i limiti della strategia nazionalista dispiegata negli ultimi anni per ottenere il consenso dell’opinione pubblica cinese nei principali dossier di politica estera [Fonte. The Independent]

In calo i lavoratori migranti in Cina

Per la prima volta dal 2008 la Cina ha registrato un netto calo dei lavoratori migranti: 285 milioni in meno rispetto al calo di soli 5.17 milioni nel 2019. Secondo gli esperti questo dato è emblematico di una crisi demografica più profonda, che va oltre ai danni causati dalla pandemia. Quest’ultima ha svolto un ruolo importante nel ridefinire il mercato del lavoro interno, in particolare nei settori alberghiero, ristorazione ed edilizia. Secondo quanto riportato da Geoffrey Crothall, direttore delle comunicazioni presso il China Labour Bulletin, il trend è in aumento anche a causa dell’invecchiamento della popolazione, mentre sono sempre meno i giovani migranti che entrano nel mondo del lavoro rispetto alle generazioni precedenti. Il national Bureau of Statistics avrebbe dovuto rilasciare in questi giorni i dati del censimento, ancora non confermati, che potrebbero confermare l’invecchiamento della popolazione e il rallentamento delle nascite. I lavoratori migranti sono diminuiti anche a causa di altri fattori, come le nuove politiche per la riduzione della povertà che stanno attirando i flussi di migranti nelle provincie centroccidentali, più vicine alle zone da cui i lavoratori emigrano. Per approfondire il tema ne avevamo parlato anche su China Files in questo articolo. [Fonte: SCMP]

Un tweet del ministro degli affari esteri filippino infiamma il dibattito sulla Cina

Il ministro degli affari esteri delle Filippine, Teodoro Locsin, non ha risparmiato parole al vetriolo nei confronti dell’ingerenza di Pechino nel Mar Cinese Meridionale. In un tweet postato lunedì il politico scrive, senza giri di parole, “get the fuck out” e “[Cina] sei come un brutto idiota”, riferendosi alla questione delle centinaia di navi cinesi che si trovano all’interno della Zona Economica Esclusiva (ZEE) delle Filippine. L’uscita arriva dopo giorni di critiche, più o meno velate, da parte dei vertici della politica estera di Manila nei confronti della presenza delle che Pechino rivendica come pescherecci al lavoro e che invece dall’isola sono etichettate come navi militari. Per questo motivo il paese sta continuando le esercitazioni della marina nella sua ZEE, accusando la guardia costiera cinese di “pedinare, bloccare e svolgere manovre pericolose e nei confronti della guardia costiera filippina”. Ciò non toglie che il presidente Duterte abbia contribuito a riscaldare i rapporti con la Cina in cambio di progetti d’investimento e prestiti: “La Cina resta il nostro benefattore. Solo perché abbiamo un conflitto con la Cina non significa che dobbiamo essere scortesi e irrispettosi. [Cina] lascia che i nostri pescatori peschino in pace e non ci saranno problemi” [Fonte: Reuters]

Il G7 si apre a Londra con uno sguardo verso Cina e Russia

Ieri è stato inaugurato il ciclo di colloqui tra i G7, il primo in presenza degli ultimi due anni. Oltre ai membri storici del gruppo (Canada, Francia, Germania, Giappone, Italia, Regno Unito e Stati Uniti) parteciperanno anche Unione Europea, India, Australia, Corea del Sud, ASEAN e Sud Africa. La scelta degli invitati asiatici non è casuale, scrive Nikkei, ma segue il rinnovato interesse di Londra verso l’Indopacifico in epoca post-Brexit. Ciò fa intuire che tra gli argomenti sul tavolo si parlerà molto di Asia, ma anche – e soprattutto – di coordinamento tra paesi democratici davanti all’ascesa autoritaria di Cina e Russia. Da oltre dieci anni sono soprattutto USA e Regno Unito a auspicare l’espansione del gruppo e trasformarlo in un’alleanza tra grandi democrazie, un D-10 che gli altri membri avrebbero fino ad oggi osteggiato in quanto “rischioso” per la stabilità del gruppo. I commenti rilasciati dopo la prima giornata di incontri dal segretario americano Blinken e dal ministro degli affari esteri inglese Raab propendono nella direzione di una possibile dichiarazione congiunta in nome della tutela della democrazia. “Quando qualsiasi paese – Cina o altro – intraprende azioni che sfidano, o indeboliscono, o cercano di erodere quell’ordine basato su regole precise, ci alzeremo in piedi e lo difenderemo”. Dal 3 al 5 maggio i paesi riuniti avranno modo di discutere dell’emergenza Covid-19 e cooperazione sanitaria, ma anche di cambiamento climatico. [Fonte: Nikkei, The Guardian]

Hong Kong torna allo splendore finanziario, ma non rallentano le restrizioni

L’ex-colonia britannica è tornata a incassare alti rendimenti nel settore della finanza: è quanto emerge dagli ultimi dati, che illustrano una ripresa delle offerte sul mercato azionario di 47 miliardi, quasi l’equivalente del giro di denaro dell’intero 2020. È un segnale di ripresa per la città, da decenni hub finanziario della regione asiatica, e di come il resto del mondo stia lentamente tornando a fare affari grazie alle politiche monetarie espansive per favorire gli investimenti. È stato un inizio anno da record per le quotazioni sulla borsa di Hong Kong, e la maggior parte di esse sono legate al settore tech che sta decollando sia nella Cina continentale che nei paesi limitrofi. Se la finanza lancia dei segnali molto positivi per investitori e risparmiatori, dall’altra parte dello spettro si assiste a un lento deterioramento dei diritti: la leader di Hong Kong Carrie Lam ha dichiarato questa mattina che il LegCo sta lavorando a una legge contro la disinformazione. La dichiarazione arriva poche ore dopo che l’emittente pubblica RTHK, già sotto la direzione di un burocrate scelto dall’establishment, ha deciso di non rinnovare il contratto alla giornalista Nabela Qoser, nota per le sue domande schiette verso Lam e altri alti funzionari, in particolare durante il periodo dChina Files propone alle aziende italiane interessate alla Cina servizi di comunicazione quali: newsletter, aggiornamenti su specifici settori, oltre a progetti formativi e approfondimenti ad hoc. Contattaci a info@china-files.comelle proteste pro-democrazia del 2019. Dopo l’affermazione del capo esecutivo gli esperti hanno ripreso a interrogarsi sulle restrizioni ai media e alla libertà di espressione, che in questi ultimi mesi ha fatto crollare la città all’80° posizione nell’indice Reuters sulla libertà di stampa. [Fonti: Nikkei, Reuters]

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