dati geografici

In Cina e Asia – La Cina apre indagini sul flusso transfrontaliero di dati geografici

In Notizie Brevi by Redazione

I titoli di oggi:

  • La Cina apre indagini sul flusso transfrontaliero dei dati
  • Giappone, Kishida accetta le dimissioni del capo gabinetto Matsuno
  • Produzione oppio: il Myanmar supera l’Afghanistan
  • Pilota taiwanese accusato di aver accettato 15 milioni dollari da Pechino per disertare
  • Cina, centri per la quarantena trasformati in appartamenti
  • Alla Cop28 l’eredità di Kerry e Xie, veterani della politica climatica

La Cina ha avviato un’indagine sui potenziali rischi per la sicurezza legati a informazioni geografiche inviate all’estero. Un articolo pubblicato ieri su un account nei social media del ministero della Sicurezza di Stato cinese, la principale agenzia di spionaggio del paese, ha avvertito della presenza di software utilizzati da “importanti industrie” che hanno raccolto e invitato dati all’estero, comprese informazioni riguardanti strutture militari. Alcune “organizzazioni straniere” si sarebbero anche servite di software del sistema informativo geografico in grado di analizzare i dati sulla posizione di edifici e infrastrutture. Malgrado non siano stati forniti dettagli sulla questione, quanto emerso conferma l’attenzione crescente che il Partito comunista sta dedicando al flusso dei dati e alle sue implicazioni sulla sicurezza nazionale, come dimostra anche il recente lancio di un giro di vite contro le stazioni meteorologiche con collegamenti stranieri.

Giappone, Kishida accetta le dimissioni del capo gabinetto Matsuno

Secondo fonti anonime citate da media giapponesi, il primo ministro Fumio Kishida sta valutando la sostituzione di tutti i ministri appartenenti al Seiwaken, la fazione più numerosa del Partito liberaldemocratico (LDP), un tempo guidata da Shinzo Abe, a causa di una serie di scandali legati alla raccolta illegale di fondi. Qualche giorno fa il Nikkei Asia ha riportato che il premier avrebbe già accettato la dimissione del segretario capo di gabinetto e portavoce del governo, Hirokazu Matsuno. Le accuse riguarderebbero presunte omissioni nella segnalazione di più di 10 milioni di yen (circa 70 mila dollari) derivanti da raccolte fondi per la fazione. L’accaduto rappresenta un duro colpo per l’amministrazione attuale, già afflitto da un indice di gradimento ai minimi storici. Si tratta del quinto ministro del gabinetto a dimettersi dalla sua formazione, a novembre 2021. Il ministro dell’Economia, del Commercio e dell’Industria Yasutoshi Nishimura è accusato di azioni analoghe.

Pilota taiwanese accusato di aver accettato 15 milioni dollari da Pechino per disertare

Quindici milioni di dollari. Secondo un tribunale di Taiwan, è quanto è stato offerto a un pilota dell’esercito taiwanese per disertare facendo atterrare un elicottero su una portaerei dell’esercito popolare di liberazione (Pla). Il pilota è stato arrestato prima di mettere in atto il piano, ad agosto, per spionaggio in favore di Pechino. L’ufficio del procuratore dell’Alta corte di Taiwan, nell’atto d’accusa pubblicato lunedì, ha dichiarato che l’uomo era stato contattato a giugno da alcuni funzionari dell’intelligence cinese per pilotare l’elicottero CH-47 Chinook “fino alla portaerei comunista cinese, che avrebbe effettuato esercitazioni nelle acque a 24 miglia nautiche a largo di Taiwan”. Il compenso inziale: circa 6 milioni di dollari. Hsieh avrebbe rifiutato l’offerta perché troppo rischiosa. In un secondo momento, gli agenti cinesi avrebbero proposto 15 milioni di dollari, con un “deposito” di 1 milione di dollari. Secondo la corte taiwanese, Hsieh avrebbe accettato questa seconda offerta. Il ministro della Difesa di Taiwan, Chiu Kuo-cheng, si è detto profondamente addolorato per la scoperta, e ha aggiunto che le persone coinvolte dovranno pagare secondo la legge.

Myanmar, la Cina facilita i colloqui tra golpisti e i ribelli

La Cina ha facilitato i colloqui tra l’esercito golpista del Myanmar e alcune milizie di ribelli pro-democrazia. La notizia arriva a un mese da una delle offensive più potenti lanciate dalla resistenza birmana contro i militari di Min Aung Hlaing, dopo che i vertici militari avevano invitato gli oppositori a un confronto “politico” tra le parti. La guerra civile in Myanmar è un problema per Pechino, che teme per la destabilizzazione delle sue province meridionali al di là della frontiera. In particolare, a preoccuparla sono gli affari del cybercrimine dell’area autogestita di Kokang, nel nord del Myanmar, al confine con la provincia cinese dello Yunnan. La polizia cinese ha recentemente stilato una lista di 10 presunti gangster. Tra questi figurano anche uomini d’affari e politici a cui farebbe capo il business delle frodi online di cui sono vittima numerosi cittadini cinesi. Secondo il ministero della Pubblica sicurezza di Pechino, le bande criminali operano nel Sudest asiatico attraverso crimini violenti, detenzione illegale, traffico e sfruttamento di esseri umani.

Produzione oppio: il Myanmar supera l’Afghanistan

Il Myanmar è diventato il più grande produttore mondiale di oppio, superando l’Afghanistan. Secondo l’ultimo rapporto dell’Ufficio delle Nazioni Unite contro la droga e il crimine (UNODC), quest’anno il paese del sudest asiatico ha prodotto circa 1.080 tonnellate di oppio, componente essenziale dell’eroina, mentre in Afghanistan il settore è crollato del 95%. Il valore totale stimato dell’“economia degli oppiacei” in Myanmar è salito tra 1 e 2,4 miliardi di dollari, pari a tra l’1,7% e il 4,1% del PIL del paese nel 2022. Secondo gli esperti, il sorpasso è stato reso possibile da una parte dall’inasprimento dei divieti imposti in Afghanistan dai talebani. Dall’altra, dal caos in cui vertono le aree in cui è concentrata la coltivazione: gli stati semiautonomi Shan, Chin e Kachin, al confine tra Myanmar, Thailandia e Cina, sono ormai sotto il controllo di milizie locali supportate dal governo ombra che dal golpe del febbraio 2021 sta cercando di sfruttare le storiche rivalità locali per scalzare dal potere la giunta militare.

Cina, centri per la quarantena trasformati in appartamenti

Durante la pandemia la Cina ha costruito un gran numero di centri per la quarantena e ospedali di fortuna (i cosiddetti fangcang 方舱). Solo nell’area metropolitana di Pechino se ne contano più di venti. Ora in varie parti del paese le autorità li stanno trasformando in unità abitative a prezzi accessibili per giovani lavoratori: una mossa che dovrebbe rispondere alle esigenze di molti cittadini delle grandi città (soprattutto i più giovani), dove i salari medi spesso non sono sufficienti a coprire gli alti costi della vita. Secondo la stampa locale, il mese scorso già più di 500 persone hanno “realizzato il loro sogno abitativo” trasferendosi nel complesso “colorato” di Jinzhan, a nord-est di Pechino, che include 4900 unità abitative e dispone anche di servizi mensa. Ma un reportage pubblicato dalla statunitense National Public Radio ha raccolto le testimonianze di alcuni residenti, che si sono lamentati della mancanza di isolamento termico e della posizione remota e lontana dalle fermate dei mezzi pubblici. Requisiti d’altro canto in linea con la loro funzione originaria all’epoca dell’emergenza Covid.

Alla Cop28 l’eredità di Kerry e Xie, veterani della politica climatica

Mentre la Cop28 volge al termine, il rappresentante statunitense John Kerry e quello cinese Xie Zhenhua fanno leva sul loro rapporto di lunga data per promuovere il piano per la riduzione dei combustibili fossili. Negli anni, i due funzionari hanno mantenuto i contatti anche quando le relazioni bilaterali tra i rispettivi Paesi erano ai minimi storici. “Sperano che il rapporto forgiato sul cambiamento climatico possa resistere agli alti e bassi della diplomazia tra Stati Uniti e Cina”, ha scritto Sha Hua su Wall Street Journal. Alla conferenza sul clima di Dubai, Kerry e Xie hanno spinto per un accordo sulla riduzione delle emissioni di metano, hanno proposto di triplicare le energie rinnovabili entro il 2030, declinare in termini di prospettiva economica gli impegni climatici e di includere tutti i gas serra entro il 2035. Come ha sottolineato lunedì Wall Street Journal, i negoziati della conferenza sul clima di Dubai saranno probabilmente l’ultima occasione in cui i portavoce di Usa e Cina, ormai al termine della loro carriera, compariranno insieme.

A cura di Agnese Ranaldi e Vittoria Mazzieri