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In Cina e Asia – La Cina al centro della strategia di sicurezza nazionale Usa

In Notizie Brevi by Redazione

I titoli di oggi:

  • La Cina al centro della strategia di sicurezza nazionale Usa
  • Concluso il 7° Plenum del PCC: tutto pronto per il 20° Congresso
  • Pechino addestra la polizia delle Isole Salomone
  • Il pcc aiuta il cartello della droga messicano?
  • La Cina torna a costruire centrali a carbone

“La Cina nutre l’intenzione e, sempre più, la capacità di rimodellare l’ordine internazionale così da inclinare a proprio vantaggio il campo di gioco globale”. La nuova strategia di sicurezza americana mette bene in chiaro quale sia la principale minaccia per gli Stati uniti. Rilasciata ieri, con notevole ritardo rispetto alla tabella di marcia, la strategia sottolinea come “questo decennio sia fondamentale per definire i termini della concorrenza, in particolare con la RPC”. La Russia ha ottenuto oltre 70 menzioni, la Cina “solo” 55. Ma, pur ammettendo la possibilità di portare avanti una “coesistenza pacifica”, è la Cina che Washington considera “l’unico concorrente potenzialmente in grado di coniugare il suo potere economico, diplomatico, militare e tecnologico per lanciare una sfida continua a un sistema internazionale stabile e aperto”. Ergo, nonostante l’invasione russa dell’Ucraina, l’amministrazione Biden non si farà distogliere dall’Indo-Pacifico. Commentando la strategia, il consigliere per la Sicurezza nazionale, Jack Sullivan, ha affermato che l’amministrazione Biden risponderà alle crescenti sfide internamente coltivando “fonti e strumenti dell’influenza del potere americano” (tra cui la capacità di innovazione e i valori democratici), mentre all’estero la priorità resta “costruire la più forte coalizione possibile di nazioni” per rafforzare l’influenza collettiva.

Concluso il 7° Plenum del PCC: ora è tutto pronto per il 20° Congresso

Preparativi cerimoniali a parte, ora è davvero tutto pronto per il 20° congresso del PCC che inizierà il 16 ottobre. Mercoledì è terminato il 7° plenum del Comitato Centrale: quattro giorni di riunioni a porte chiuse in cui i 358 alti funzionari del partito sono stati informati su quanto sarà annunciato al congresso. Dalla conferma di Xi Jinping per uno storico terzo mandato (ormai quasi certa), agli emendamenti alla costituzione (che dovrebbero rafforzare la posizione e il pensiero di Xi) enunciati dall’ideologo Wang Huning. Le decisioni più importanti riguarderanno però i cambiamenti nella formazione del Comitato Permanente del Politburo e del Comitato Centrale stesso.

Secondo i calcoli del South China Morning Post, quasi la metà dei presenti al 7° plenum verrà rimpiazzata per sopraggiunti limiti di età. Un rimpasto enorme che sarà completato a marzo. I quadri hanno poi approvato il rapporto che Xi presenterà al congresso, rivendicando le politiche anti-corruzione e la “guerra totale” al covid che ha messo “la vita delle persone al primo posto”. È stato infine esaltato lo “spirito combattivo” mantenuto dal partito a salvaguardia degli “interessi nazionali”. Senza fare riferimenti espliciti agli USA, il Comitato Centrale ha citato gli sforzi per placare il “caos” a Hong Kong (con la legge sulla sicurezza nazionale del 2020) e la “risolutezza” nel contrastare “l’indipendenza di Taiwan”. Parole che rendono difficile pensare a un cambio di approccio sui due dossier dopo il 20° Congresso.

Pechino addestra la polizia delle Isole Salomone

L’accordo sulla sicurezza firmato nei primi mesi del 2022 tra Pechino e le Isole Salomone inizia a produrre i suoi primi effetti concreti. Come riportato dal Guardian, 34 agenti di polizia dell’isola sono arrivati in Cina per un corso di formazione della durata di un mese. L’addestramento a cura della polizia cinese non sarà comunque l’unico obiettivo della spedizione, che si tinge anche di soft power. Gli ufficiali dello stato del Pacifico acquisiranno infatti anche “una migliore comprensione delle variegate culture cinesi e dell’amichevole popolo cinese”, ha affermato Yao Ming, vice capo missione presso l’ambasciata cinese a Honiara.

Per decenni è stata l’Australia a fornire addestramento e supporto sul campo alle forze di sicurezza delle Isole Salomone, come durante le rivolte contro il governo del 2021, un legame rinnovato dai rispettivi primi ministri (Albanese e Sogavare) lo scorso 6 ottobre. L’accordo sulla sicurezza con la Cina ha però rappresentato una svolta e preoccupato tutto l’occidente, non soltanto Canberra. A fine settembre il presidente americano Joe Biden ha ospitato a Washington i leader delle nazioni del Pacifico per cercare di riprendere in mano una regione tentata dalle attenzioni di Pechino. Il vertice ha prodotto una dichiarazione che parla del rafforzamento dei rapporti USA-Pacifico, senza però menzionare direttamente la Cina o Taiwan: si ritiene proprio le Isole Salomone avrebbero spinto l’amministrazione Biden a rimuovere ogni messaggio provocatorio nei confronti di Pechino.

La Cina torna a costruire centrali a carbone

Per il suo futuro energetico la Cina sembra ancora guardare al carbone. Come riporta Caixin, in meno di un mese la sola provincia del Guandong ha approvato la costruzione di ben 6 centrali elettriche che usano il combustibile fossile, e il trend è in crescita. Si tratta di un dietrofront impensabile solo fino a un paio di anni fa. Nel quattordicesimo piano quinquennale (2021-2025) – e sul piano internazionale – Pechino si era posta tra i paesi capofila nella lotta al cambiamento climatico, promettendo investimenti nelle rinnovabili e riduzioni nette di gas serra. Ora si prevede che nel 2025 la Cina possa raggiungere il proprio picco storico di installazioni di centrali a carbone, invertendo quel processo virtuoso che aveva fatto scendere il livello del carbone, nella quota di produzione di energia totale, dal 66,9% al 46,7% in 10 anni.

Le crisi energetiche dell’estate 2021, dovute al caldo fuori controllo, hanno innescato il ripensamento. Per il National Bureau of Statistics, nel luglio 2022 più della metà delle 31 province cinesi presentava un problema di alimentazione elettrica. Per loro natura, le fonti di energie rinnovabili dipendono inevitabilmente dalle condizioni meteorologiche e dalle stagioni, non fornendo, secondo i fautori del ritorno al carbone, la necessaria stabilità energetica. I critici fanno però notare che il problema risiederebbe nella gestione del picco della domanda di energia, non nelle capacità di produzione assoluta. Quindi non sarebbe necessario, né utile, costruire così tanti impianti a carbone.

Il pcc aiuta il cartello della droga messicano?
Un gigantesco sistema di riciclaggio di denaro del cartello della droga messicano si reggeva apparentemente sulle spalle di un solo uomo cinese, Li Xizhi. ProPublica ha ricostruito la sua storia: Li, nato nel Guandong, a 16 anni è emigrato con i genitori in California e qualche anno più tardi è diventato cittadino americano. Dopo essere stato introdotto dalla sua famiglia nella triade 14K (la seconda più grande della Cina), Li ha allacciato contatti con diversi funzionari della diplomazia cinese negli USA. Ricercato per traffico di droga si è poi rifugiato a Città del Messico. È lì che ha iniziato a costruire il suo vero impero criminale, fondato su un sistema di “Transazioni speculari” da centinaia di milioni di dollari. I corrieri di Li ritiravano i soldi del cartello in dollari “pagandone” l’equivalente in pesos e trattenendo una percentuale. I dollari, tramite ulteriori scambi in yuan e pesos, venivano poi riciclati rispettivamente con uomini privati cinesi (bisognosi di valuta estera in nero per aggirare le leggi anti-corruzione di Xi Jinping) e infine con aziende messicane, che compravano in Cina utilizzando lo yuan derivante dal traffico illecito. Un circolo che foraggiava indirettamente l’economia cinese, con lo scopo, secondo alcuni funzionari statunitensi, di aumentare l’influenza di Pechino in Messico e contestualmente destabilizzare la regione.

Secondo gli investigatori americani ci sono prove del coinvolgimento diretto nell’attività da parte di funzionari del PCC. Tutte le conversazioni tra i membri dello schema criminale avvenivano liberamente su WeChat, e le banche cinesi hanno chiuso più di un occhio su transazioni sospette da decine di milioni di dollari. Il capo dell’Homeland Security Investigation (HSI) di Honolulu ha dichiarato che dietro questi traffici illeciti “c’è una strategia” precisa del governo di Pechino, e che tutto non inizia e finisce con Li Xizhi. “La quantità di denaro che esce dalla Cina attraverso il sistema bancario sotterraneo è così significativa che sarebbe praticamente impossibile, per un governo che ha tanto controllo sul proprio popolo quanto il governo cinese, non essere consapevole di come sta accadendo”, ha aggiunto il capo dell’HSI. Li Xizhi è stato condannato in America a 15 anni di carcere nell’ottobre 2021.

A cura di Francesco Mattogno; ha collaborato Alessandra Colarizi