In Cina e Asia – GT: L’Italia non è il cavallo di Troia cinese in Europa

In Notizie Brevi by Alessandra Colarizi

A poche ore dall’arrivo di Xi Jinping in Italia, il tabloid Global Times rassicura che non è intenzione di Pechino strumentalizzare l’accesso italiano nella Belt & Road (primo paese del G7 ad aderire) per creare una frattura tra l’Europa e gli Stati Uniti. “Comprendendo la vicinanza tra Stati Uniti ed Europa, la Cina non vuole allontanare l’Europa dagli Stati Uniti. Innanzitutto perché non è possibile. Secondo, non è ciò che la Cina vuole”, spiega l’autore dell’editoriale che viene descritto come ricercatore presso il Beijing-based China Institute of International Studies, “La Cina non vede il mondo come una lotta per il potere. La politica a lungo termine della Cina è di cercare partnership piuttosto che alleanze.” L’op-ed spiega che il raffreddamento dei rapporti all’interno del blocco atlantico è in realtà da attribuire alle provocazioni commerciali e alla postura euroscettica di Trump, responsabile dell’uscita degli Stati Uniti da iniziative multilaterali europee come gli accordi di Parigi. Va detto che ad oggi la questione del MoU tra Italia e Cina è stata ampiamente trascurata dalla stampa cinese, così come non sembra aver catturato l’attenzione dei social network, spesso barometro dell’opinione pubblica cinese. Bisogna tornare sulle colonne della versione inglese (quindi indirizzata a un pubblico straniero) del Global Times per trovare una posizione più sbottonata sulla questione. Il quotidiano semiufficiale ricorda che “l’Italia è nell’urgente necessità di investimenti cinesi nelle sue piccole e medie imprese, nell’innovazione finanziaria, nelle energie rinnovabili e in un’ampia serie di progetti infrastrutturali incluse telecomunicazioni, strade pubbliche, ferrovie e shipping. I trasporti, soprattutto i porti, e la logistica saranno il primo focus per la cooperazione della Belt and Road per il futuro prevedibile”. E aggiunge: “malgrado l’Italia sia rimasta impantanata nella crisi finanziaria internazionale e nella crisi del debito sovrano europeo, mantiene ancora la guida globale su scienze e innovazione tecnologica e manifattura meccanica, tra i vari settori. Ed è la terza più grande fonte di acquisizione di tecnologia della Cina nell’Unione europea”.

I colossi dell’hi-tech cinese approdano in Tibet

Secondo Nikkei Asian Review, alcune delle principali aziende cinesi come Alibaba, Baidu, Tencent Holdings e i giganti del riconoscimento vocale e facciale iFlyTek e SenseTime, stanno cementando la loro presenza nella regione autonoma del Tibet – teatro di scontri interetnici nel 2008 – con l’apertura di centri di ricerca e partnership accademiche per lo sviluppo di tecnologia AI e servizi di cloud. Il tutto soprattutto con fini di ordine pubblico. La liaison tra il governo di Pechino e i produttori di alta tecnologia è di natura win-win. Come ricorda la pubblicazione nipponica, infatti, anche se la crescita economica nazionale è scesa ai minimi dagli anni ’90, l’economia tibetana presenta ancora buone opportunità di business con un prodotto interno lordo regionale in salita del 9,1% nel 2018. Operare sul Tetto del Mondo offre inoltre la possibilità di usufruire di sussidi e altre forme di sostegno statali e sgravi fiscali messi a disposizione del governo per accelerare lo sviluppo delle aree più remote del paese.

La Banca centrale cinese bandisce l’uso rituale delle banconote finte

La Banca centrale cinese vieterà l’uso rituale delle banconote false durante il Qingming Jie, la tradizionale festa dei morti in programma per il prossimo mese. In un comunicato del 18 marzo, la People’s Bank of China ha spiegato che la restrizione sulle offerte è mirata a “preservare l’integrità e la dignità” della valuta cinese e a prevenire “l’uso improprio delle immagini valutarie”. Non è chiaro in quali sanzioni incorreranno i trasgressori. In passato i soldi finti, o meglio l’usanza di bruciarli in offerta agli antenati, erano già finiti nel mirino delle autorità ma con più comprensibili finalità ambientaliste.

Il Kazakistan verso una successione dinastica?

Le dimissioni di Nazarbayev, dopo 30 anni di presidenza, chiudono simbolicamente un capitolo storico del Kazakistan. Ultimo leader regionale dell’epoca sovietica, Nazarbayev ha governato con il pugno di ferro condividendo il dispotismo dei suoi colleghi centroasiatici ma sfoderando una politica estera multivettoriale finalizzata alla cordiale coesistenza con le varie potenze vicine e non: Russia, Cina ma anche Ue e Stati Uniti Ma. Probabilmente ispirato dalle proteste popolari in Algeria e dalla repentina morte del leader uzbeko Karimov, Nazarbayev ha preferito programmare una transizione ad hoc. Passato il testimone all’ex premier Tokayev, il presidente dimissionario rimarrà a capo del potentissimo Security Council, godendo a vita del titolo di Leader della Nazione assegnatogli nel 2010. A lui verrà dedicato il nuovo nome della capitale Astana, ribattezzata Nursultan. Ma c’è dell’altro. Una delle prime operazioni effettuate dal nuovo leader ad interim è stata quella di nominare la figlia primogenita di Nazarbayev nuovo presidente del Senato, carica che secondo la costituzione kazaka la mette in corsa per la presidenza. Insomma, la “successione dinastica” parrebbe prendere già forma.

Il Vietnam imbalsama testuggine patriottica

Non solo Vladimir Lenin, Mao Zedong, Kim Il-sung, Ho Chi Minh. Ora anche un rettile gigante va ad aggiungere la lista degli eroi comunisti mummificati. Succede in Vietnam, dove le autorità hanno imbalsamato la tartaruga Cu Rua, simbolo dell’indipendenza e della longevità del paese fino alla sua morte avvenuta nel 2016. La testuggine di 160 kg, che deve la sua notorietà a un’antica leggenda, viene considerata l’emblema della resistenza contro la Cina ed era uno degli ultimi quattro esemplari di Rafetus swinhoei ancora esistenti al mondo.

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