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In Cina e Asia – Google Translate lascia la Cina

In Notizie Brevi by Sabrina Moles

I titoli di oggi:

  • Google Translate lascia la Cina
  • La Corea del Nord lancia missile verso il Giappone
  • India, al via “Gati Shakti”, lo schema per sostenere lo sviluppo tech (e contrastare le aziende cinesi)
  • Cina, la crisi dell’immobiliare colpisce il mercato globale del cemento
  • Taiwan, arriva la delegazione tedesca
  • Usa e Filippine danno inizio alle esercitazioni militari
Google Translate lascia la Cina

Un altro pezzo di Google se ne va dalla Cina. È quanto sta accadendo al servizio di Google Translate, il noto programma di traduzione online. L’annuncio è arrivato nella giornata di lunedì 3 ottobre attraverso un portavoce dell’azienda, che ha citato in causa la scarsa popolarità in un mercato ricco di alternative made in China – alcune delle quali sempre più sofisticate. Ma, come suggerisce il Wall Street Journal, non è solo il mercato a remare contro le big tech statunitensi. Anche le nuove normative intorno all’utilizzo dei big data stanno disincentivando quelle aziende straniere che faticano ad avere successo nel mercato cinese. Ciononostante, conclude l’articolo del Wsj, in Cina riescono a fare affari altrettante società occidentali, in particolare nel settore della produzione di microchip.

Non è la prima volta che Google deve fare i conti con l’ecosistema economico e politico cinese. Nel 2010 l’azienda aveva ritirato il motore di ricerca dalla Repubblica popolare perché rifiutava di censurare alcuni risultati. Oggi Google opera in Cina soprattutto attraverso il browser Chrome, il più utilizzato dagli utenti cinesi secondo uno studio di Web StatCounter.

La Corea del Nord lancia missile verso il Giappone

Non si arrestano i lanci di missili dalla Corea del Nord, e questa volta non senza una forte preoccupazione da parte di Tokyo. Nella mattina di martedì 4 ottobre Pyongyang ha lanciato quello che sembra essere il missile balistico con la gittata più lunga mai indirizzato verso il Giappone – un volo da 4600 km. L’evento ha fatto scattare l’allarme nazionale (noto come J-Alert), consigliando i cittadini a trovare riparo negli scantinati. Alcuni treni ad alta velocità sono stati soppressi. Con il lancio di oggi, la Corea del Nord ha lanciato in totale 36 missili nel corso del 2022, contro i 25 del 2019.

India, al via “Gati Shakti”, lo schema per sostenere lo sviluppo tech (e contrastare le aziende cinesi)

Per rimanere in tema di sostegno alle big tech di bandiera, ecco che anche a Nuova Delhi si lavora per aumentare la competitività delle tecnologie indiane all’estero e in casa. All’orizzonte non può non mancare la Cina, come sottolinea  Anshuman Sinha, della società di consulenze Kearney India al South China Morning Post. “L’unico modo per competere con la Cina, a parte il fatto che ci sono requisiti politici da parte dei paesi per trasferirsi, è quello di essere il più competitivi possibile sui costi […]. Gati Shakti (“la potenza della velocità”) mira a semplificare il flusso di merci e componenti in tutto il paese”.

Il progetto da 1,2 miliardi di dollari consiste nella creazione di un portale online che riunisce sedici ministeri con lo scopo di migliorare le infrastrutture attraverso la tecnologia, in modo da ridurre tempi e costi per aziende e istituzioni. La proattività di Nuova Delhi e la chiusura di Pechino stanno già influenzando gli investimenti delle grandi aziende straniere: solo pochi giorni fa Apple ha iniziato ad assemblare i suoi iPhone a Chennai, capitale dello stato meridionale del Tamil Nadu.

L’iniziativa del governo non è l’unico sassolino nella scarpa delle grandi aziende cinesi presenti sul territorio. Lunedì 3 ottobre una corte indiana ha congelato alcuni asset finanziari di Xiaomi, la nota azienda di smartphone cinese. La mossa, che interessa beni dal valore di 682 milioni di dollari, arriva dopo che la società cinese avrebbe trasferito ingenti somme di denaro fuori dal paese “mascherandole” da pagamenti per la licenza sulla proprietà intellettuale della Qualcomm Group, azienda Usa leader nella produzione di semiconduttori e software.

Cina, la crisi dell’immobiliare colpisce il mercato globale del cemento

Quando accade qualcosa in Cina, è tutto il mercato globalizzato a risentirne. Quello della crisi immobiliare cinese sta generando delle distorsioni sui mercati che non vanno a discapito della sola economia della Repubblica popolare. Gli effetti dell’indebitamento delle grandi imprese di costruzione sono arrivati a monte della catena di approvvigionamento, che ora risponde di conseguenza: si produce sempre meno cemento, anche per i mercati esteri.

I dati diffusi dalla World Cement Association e ripresi dal Financial Times parlano di un calo mondiale dell’8% nell’arco dell’ultimo anno. Nella sola Cina, invece, il calo si attesta al 15%, il più alto mai registrato negli ultimi vent’anni.

Anche altri settori stanno vivendo le stesse dinamiche: è il caso del ferro impiegato nella produzione dell’acciaio. I governi locali promettono una serie di sostegni alle aziende, mentre gli imprenditori sperano di vedere una ripresa dopo la fine del XX Congresso del Partito comunista cinese.

Martedì 4 ottobre il Financial Times ha dedicato un approfondimento alla crisi immobiliare cinese, suggerendo come questa si stia lentamente trasformando in una crisi finanziaria a tutto tondo. E la fine di un’epoca di crescita illimitata. “Il vecchio modello che faceva affidamento su infrastrutture e alloggi è sostanzialmente terminato”, ha detto al quotidiano Usa l’economista Dan Wang.

Taiwan, arriva la delegazione tedesca

“Se Taiwan si trovasse sotto una minaccia militare, ci alzeremo coraggiosamente per assistere e sostenere Taiwan”: queste alcune delle parole pronunciate da Klaus-Peter Willsch, parlamentare della Cdu alla guida della delegazione tedesca in visita a Taipei nella giornata di lunedì 3 ottobre. L’incontro ha sollevato diverse questioni, dalla partnership economica al tema delle relazioni intrastretto – da cui il commento di Willsch di un intervento della Germania in caso di un attacco dalla Cina. Il giorno prima Pechino aveva criticato la visita, definendola come una violazione del riconoscimento diplomatico “dell’unica Cina” – la Repubblica popolare cinese.

Usa e Filippine danno inizio alle esercitazioni militari

La minaccia di una crisi sullo Stretto (e i rischi di un’escalation delle tensioni Cina-Usa nel Pacifico) è anche fattore di preoccupazione per Manila. Lunedì 3 ottobre sono iniziate le esercitazioni militari congiunte con l’esercito degli Stati Uniti nelle acque dello stretto di Luzon e dell’isola occidentale di Palawan – due postazioni strategiche per l’accesso al Mar cinese meridionale. Le esercitazioni delle marine avvengono in contemporanea con quelle del Giappone, nelle acque dell’isola di Hokkaido, dove sono schierati 3 mila marines statunitensi. La ripresa delle relazioni militari tra Manila e Washington, sottolinea Asia Times, rappresenta un “importante allontanamento dalle filippiche antiamericane dell’ex presidente, Rodrigo Duterte”. Quanto sta accadendo potrebbe aprire a nuove riflessioni sul posizionamento delle Filippine nei confronti di Stati Uniti e Cina, data la complessa relazione tra la famiglia dell’attuale presidente Ferdinand Marcos Jr. e gli Usa.

A cura di Sabrina Moles