xi

La marcia di Xi Jinping verso il XX Congresso

In Cina, Economia, Politica e Società by Lorenzo Lamperti

A meno di un mese dal cruciale appuntamento del Partito comunista cinese sembra proseguire il consolidamento del potere del leader tra emendamenti costituzionali e il possibile conferimento di nuovi titoli

Manca meno di un mese all’inizio del XX Congresso del Partito comunista cinese. Pochi dubbi sulla figura che emergerà ancora una volta, la terza, al di sopra di tutti: Xi Jinping. Nell’attesa, proseguono i segnali di forza del presidente della Repubblica Popolare, segretario generale del Partito e capo della Commissione militare centrale. L’ultimo è la revisione del codice su promozioni e retrocessioni dei funzionari. Alla direttiva del 2015 è stata aggiunta l’indicazione di «mettere da parte coloro che hanno ideali e convinzioni vacillanti, posizioni morbide e atteggiamenti vaghi sulle principali questioni che coinvolgono la leadership del partito», e che quindi potrebbero non sostenere le prove nei «momenti chiave». Dovrebbero essere esclusi anche coloro che hanno «un debole senso di responsabilità e spirito di lotta». Il messaggio di fondo è chiaro: chi non mostra lealtà assoluta a Xi perde il posto. Non uno sviluppo di poco conto alla vigilia della promozione di circa un centinaio di ufficiali.

«IL PROCESSO di consolidamento di potere di Xi prosegue senza ostacoli significativi e si riverbera anche sulla composizione di Politburo e Comitato permanente», dice al manifesto Kuo Yu-jen, direttore esecutivo dell’Institute for National Policy Research di Taipei, che sottolinea come «il viaggio a Samarcanda è stato un grande segnale di forza».

Al Congresso verranno anche annunciati degli emendamenti alla costituzione del Partito. Diverse le speculazioni sul contenuto. Una possibilità è che la formula «Pensiero di Xi Jinping sul socialismo con caratteristiche cinesi per una nuova era» venga abbreviata in «Pensiero di Xi Jinping». Un onore che spetta solo a Mao Zedong, mentre per Deng Xiaoping si parla di «Teoria».

SEGNALI in tal senso sono già arrivati dalla terza risoluzione storica del 2021. Non si tratta di mere questioni semantiche, perché hanno riflessi concreti. Il pensiero di Xi (e dunque la sua linea essendo ancora al comando) rappresenterebbe sempre più un limite invalicabili per non finire fuori dall’ortodossia del Partito.

A Xi potrebbe inoltre essere conferito un nuovo titolo. Dalla seconda parte del 2020 in avanti sempre più media e ufficiali lo hanno chiamato «timoniere». Da ultimo in un articolo di Li Junru, ex vicepresidente della Scuola di Partito del Comitato Centrale. Di recente, Xi viene talvolta definito anche «leader del popolo», come Mao. C’è chi ritiene che possa essere reintrodotto il ruolo di presidente del Partito. L’abolizione della presidenza nel 1982 diede il segnale di uno stile di governo meno individualistico e più collettivo. Secondo Nikkei, l’elevazione di pensiero e titolo potrebbe dare a Xi la tranquillità per iniziare a programmare la sua successione, quantomeno per il ruolo (soprattutto cerimoniale) di presidente della Repubblica.

Previsti avvicendamenti anche alla Commissione militare centrale, la cui presidenza è secondo diversi analisti la priorità di Xi. Mercoledì è intervenuto a un seminario sulla difesa nazionale alla presenza dei generali più alti in grado dell’Esercito popolare di liberazione, presentando i risultati della sua riforma militare. Ci si aspettano le promozioni di alcuni fedelissimi, tra cui Miao Hua e Liu Zhenli, coi quali Xi mira ad avere le mani ancora più libere nel caso optasse in futuro per un’azione militare su Taiwan (o in altri lidi).

A PROPOSITO di Taipei, si lavora anche sul fronte normativo: l’Ufficio per gli Affari di Taiwan ha confermato la possibile introduzione di una nuova legge per la riunificazione o al limite di regole più dettagliate per far scattare l’attuale legge anti secessione.

Di Lorenzo Lamperti

[pubblicato su il manifesto]