orientale

In Cina e Asia – Edizione L’Orientale di Napoli

In Notizie Brevi by Redazione

Edizione speciale della rassegna stampa quotidiana di China Files, a cura degli studenti dell’Università degli Studi di Napoli “L’Orientale”. Gli autori sono alcuni tra coloro che hanno seguito un ciclo di seminari di 24 ore a cura di China Files  realizzato grazie all’interessamento del professor Marco Fumian, della professoressa Paola Paderni e dell’Istituto Confucio di Napoli. Ogni lezione e ogni tema è stato affrontato presentando tre diverse prospettive: come la Cina racconta se stessa, come il resto del mondo racconta la Cina, e come la Cina viene raccontata nel contesto italiano.

Nuova apparizione pubblica per Jack Ma

Jack Ma è riapparso in pubblico. Come riporta il South China Morning Post, il fondatore di Alibaba si è recato lo scorso martedì alla sede dell’azienda ad Hangzhou, per discutere con i suoi dipendenti sulle tecnologie agrarie e sulla filantropia. La foto che mostra Ma insieme a 20 impiegati è stata pubblicata sui social media del China Philantropy Times, un giornale che ha il compito di diffondere informazioni sulle donazioni di beneficenza. È la sua seconda apparizione da quando è tornato in Cina a novembre dopo un viaggio di “studio” all’estero. Durante la sua permanenza in Europa, Ma ha visitato aziende e centri di ricerca sulle infrastrutture agrarie ed ha evidenziato che la tecnologia europea, combinata con il cloud computing di Alibaba, potrebbe essere di aiuto alla modernizzazione dell’agricoltura in Cina.

La sua apparizione di martedì coincide con l’AliDay, un appuntamento annuale in cui gli impiegati, insieme alle loro famiglie, si incontrano per commemorare la lotta della Cina contro la sindrome respiratoria acuta grave (Sars): nel 2003, infatti, tutto il personale fu costretto a lavorare da casa perché un dipendente era stato contagiato. Il fatto che Jack Ma si sia mostrato ad Hangzhou riporta anche alla mente quanto accaduto lo scorso mese, quando c’è stato un malinteso che ha causato una vendita di diverse azioni Alibaba. Un uomo di Hangzhou chiamato Ma era stato arrestato e molti lo avevano erroneamente scambiato per l’imprenditore.

Jack Ma continua a mantenere un basso profilo in seguito al discorso tenuto al Bund Summit del 2020. La scelta di accusare le banche cinesi di essere un ostacolo ai progressi tecnologici cinesi che gli è costata molto cara. Ma l’arsenale normativo di cui si è armato il governo cinese non colpisce soltanto l’imprenditore di Hangzhou. Come ricorda il South China Morning Post, anche il cofondatore della compagnia Tencent, Ma Huateng, e il fondatore della ByteDance, Zhang Yiming, continuano a mantenere un profilo basso. Arricchirsi non è più glorioso: chiunque abbia sfruttato gli ultimi 30 anni oggi è nel mirino di questa campagna di rettificazione. Le prossime evoluzioni saranno interessanti per capire la direzione dello sviluppo tecnologico.

A cura di Miriam Verzellino

Summit USA-ASEAN: Biden prova a “riconquistare” il Sud-Est

Al centro del summit tra Stati Uniti e ASEAN (Associazione delle Nazioni del Sud-Est asiatico), tenutosi tra il 12 e il 13 maggio, sono stati diversi i punti affrontati, tanto di natura economica quanto di natura politica. L’amministrazione Biden, come spiega il Financial Times, vuole dimostrare ai paesi membri dell’ASEAN che la regione Indo-Pacifica è ancora di fondamentale importanza da un punto di vista economico e commerciale nella prospettiva di Washington. E’ stato annunciato, infatti, che verranno stanziati 150 milioni di dollari di investimenti da adoperare nella lotta ai cambiamenti climatici, nella costruzione di nuove infrastrutture e in un generale rinvigorimento dell’economia asiatica, con l’intento di dare un segnale anche all’avanzata regionale di Pechino

Questo, tuttavia – stando alle parole di Kurt Campbell, coordinatore della Casa Bianca per gli affari nella regione Indo-Pacifica – vuole essere esclusivamente un segnale economico, non politico. Xinhua ha chiesto agli Usa di svolgere un ruolo positivo e costruttivo nella promozione della pace e dello sviluppo regionale, in risposta alle notizie secondo cui il vertice USA-ASEAN avrebbe discusso di questioni relative alla Cina.

Il vero fulcro dell’incontro è stato comunque di carattere economico, anche perché questa è la prospettiva alla quale i paesi della regione sono maggiormente interessati. Non poche le preoccupazioni dei paesi asiatici: il presidente malese Ismail Sabri Yaakob, ad esempio, ha evidenziato un peggioramento della condizione economica dell’Indo-Pacifico a partire dal 2017 (anno in cui Trump decise di ritirarsi da un patto commerciale con la regione). Nonostante l’amministrazione Biden stia cercando di dimostrare il suo interesse nei confronti dell’area, il vero problema starebbe nel fatto che i paesi membri dell’ASEAN avrebbero ancora un accesso relativamente limitato al mercato americano.

Yakoob ha inoltre sottolineato che è proprio a partire dall’inizio della pandemia che ci si è resi ulteriormente conto dell’importanza di stringere rapporti commerciali. Difatti, anche l’ingresso nel RCEP (Regional Economic Comprehensive Partnership), un’iniziativa a guida cinese, è stata vista dall’ASEAN come un’ottima iniziativa per rinvigorire il commercio della regione. Progetto al quale ora Washington prova a rispondere.

A cura di Myriam Liberti

Università cinesi lasciano le classifiche internazionali

L’autorevole Renmin University (RCU) di Pechino ha ritirato la propria partecipazione alle classifiche universitarie internazionali. Lo ha riportato la Cina National Radio, secondo la quale la decisione è dovuta all’intenzione di sviluppare “università di livello mondiale con caratteristiche cinesi”. La decisione segue di pochi giorni un discorso tenuto dal presidente Xi Jinping presso l’ateneo, in cui le università cinesi sono state invitate a non seguire ciecamente i modelli stranieri ed ad “aprire una nuova strada”. Oltre alla RCU, pare che anche l’Università di Lanzhou e l’Università di Nanchino abbiano lasciato le classifiche internazionali. Nessuno di questi istituti risulta tra le prime 100 università nel ranking globale. Ma la mossa accresce i timori per un “decoupling” culturale tra la Cina e il resto del mondo. 

Cercando di giustificare la decisione, Chu Zhaohui, ricercatore presso l’Istituto nazionale di scienze dell’educazione, ha dichiarato che “le università cinesi hanno un’idea diversa dell’istruzione rispetto a quelle estere” e che “gli standard di valutazione internazionali possono solo fornire un quadro di riferimento approssimativo, perché le diverse università di alto livello hanno prestazioni diverse”. Secondo l’esperto, quindi, il ritiro delle università cinesi dalle classifiche internazionali  non significa che queste ignorino ogni tipo di valutazione. Piuttosto, le università starebbero cercando di promuovere criteri più completi e diversificati.

E’ bene ricordare infatti che nel 2015 il governo centrale ha lanciato il progetto Double World Class (DWC) allo scopo di promuovere lo sviluppo di “università di livello mondiale”, offrendo anche fondi agli istituti d’élite. Le autorità cinesi hanno infine dichiarato che l’obiettivo del DWC sia coltivare talenti per il paese ed aumentare la competitività a livello internazionale. Sembra quindi che, nonostante la rimozione dalle classifiche, la Cina sia determinata a ottenere un riconoscimento come polo educativo a livello mondiale.

A cura di Emiliana Solano

Cina: restrizioni sui viaggi, la rettifica di Pechino

Restrizioni ai viaggi all’estero non essenziali e controlli più rigorosi su passaporti e documenti di viaggio sono la nuova risposta all’epidemia da coronavirus che negli ultimi mesi sta mettendo a dura prova la politica Zero-Covid in Cina. Secondo quanto riportato giovedì dall’Amministrazione nazionale cinese per l’immigrazione (NIA) e la Stazione generale di ispezione delle frontiere di uscita e ingresso a Pechino, Shanghai e Guangzhou, le persone in possesso di passaporto valido saranno in grado di entrare in Cina dopo i dovuti controlli presso le stazioni di ispezione. Ma verranno scoraggiati i viaggi all’estero se non per motivazioni urgenti di studio, lavoro o per cure mediche. Le autorità hanno colto l’occasione per smentire le voci sulla confisca di passaporti e i greenpass all’ingresso e all’uscita dal paese, sottolineando come si tratti solo di disinformazione.

Già lo scorso 20 aprile Radio Free Asia aveva riportato la notizia di un avviso del 31 marzo con il quale il dipartimento di polizia di Baisha, nella provincia dello Hunan, informava i datori di lavoro che avrebbero dovuto consegnare i passaporti dei loro dipendenti e dei loro familiari. L’avviso seguiva le indicazioni delle autorità sanitarie cinesi, secondo le quali la causa scatenante dei nuovi focolai nel paese era da ricercarsi oltreconfine. In particolare, lettere e pacchi internazionali avrebbero contribuito a riportare il virus in Cina. Il ministero della Pubblica Sicurezza ha quindi indicato regole più severe riguardo ai permessi di ingresso e uscita dal paese. Le nuove misure sui passaporti, subito circolate sui social media, hanno suscitato malcontento al punto tale che le società di consulenza sull’immigrazione a Shanghai hanno registrato un aumento delle richieste di espatrio. Immediata la reazione del governo che ha minacciato provvedimenti contro chiunque contribuisca a fare disinformazione, e quindi a scatenare disordine sociale. Ma con almeno 15 province ad aver registrato nuove infezioni, lockdown in città come Shanghai e scenari di ulteriori restrizioni sui passaporti, non è escluso che il malcontento continui ad aumentare. 

A cura di Rachele Ottieri