In Cina e Asia – Editing genetico, in arrivo accuse penali per He Jiankui

In Notizie Brevi by Alessandra Colarizi

Le indagini preliminari confermano la colpevolezza di He Jiankui, lo scienziato cinese balzato agli onori della cronaca per aver realizzato con successo il primo editing genetico su embrioni umani. Secondo la squadra d’inchiesta presieduta dalla Commissione per la Salute della provincia del Guangdong, He avrebbe “organizzato un team per il progetto con personale straniero, evitando intenzionalmente la sorveglianza e utilizzando tecnologie di incerta sicurezza ed efficacia per svolgere attività di modifica genetica degli embrioni umani con scopi riproduttivi, anche se ufficialmente vietato nel paese”. Tra il marzo 2017 e il novembre del 2018, lo scienziato ha falsificato documenti di revisione etica e reclutato otto coppie per partecipare all’esperimento, terminato con due gravidanze, una delle quali ancora in corso. Gli inquirenti annunciano punizioni in accordo con le leggi nazionali. Secondo il NYT, He si troverebbe al momento agli arresti domiciliari.

Caso Huawei: 19 paesi chiedono il rilascio dei due canadesi

Ben 143 accademici ed ex diplomatici di 19 paesi hanno sottoscritto una lettera di condanna contro la detenzione di Michael Kovrig e Michael Spavor, i due cittadini canadesi sospettati di aver attentato alla “sicurezza dello Stato” per non precisati motivi. Il loro arresto – seguito in maniera sospetta al fermo della CFO di Huawei in Canada – ha creato un clima di tensione tra la comunità internazionale, impensierita dai crescenti rischi per gli stranieri in Cina. Anche per chi, come Kovrig e Spavor, coltiva da tempo rapporti amichevoli con l’establishment cinese. La lettera è arrivata in concomitanza con la conferma che gli Stati Uniti procederanno con la richiesta di estradizione di Meng Wanzhou entro i tempi previsti dalla legge (30 gennaio).

Grandi pericoli in arrivo: Xi Jinping convoca gli alti funzionari

Nel giorno in cui le autorità cinesi hanno annunciato il rallentamento dell’economia nazionale ai minimi da 30 anni, Xi Jinping ha convocato funzionari provinciali e ministeriali per metterli in guardia dai rischi politici, ideologici economici e sociali causati da “profondi cambiamenti del contesto esterno”. Chiara allusione alla guerra tariffaria con Washington ma non solo. Secondo il presidente si tratta di sfide a lungo termine che interessano la tenuta della leadership così come le riforme economiche.  Il 2019 si presenta ricco di date sensibili – dal 30esimo anniversario di Tian’anmen ai dieci anni degli scontri etnici di Urumqi – che sommate alla traballante performance economica potrebbero alterare l’agognata armonia sociale. Ben altro clima rispetto a quello respirato durante il 19esimo Congresso del Partito, quando Xi descrisse la Cina come un modello per il resto del mondo.

La Cina dirotta gli investimenti inquinanti all’estero

Mentre, oltre la Muraglia, la lotta contro l’inquinamento compie sei anni, all’estero Pechino continua a investire massicciamente nei combustibili fossili. Secondo uno studio dell’ Institute for Energy Economics and Financial Analysis, nel 2018 Pechino ha iniettato 36 miliardi di dollari nella costruzione di nuove centrali elettriche a carbone, pari al 26% della capacità installata a livello mondiale. Almeno in un quarto dei casi i progetti prevedono l’impiego di tecnologia ormai vietata in Cina. I paesi target sono Bangladesh, Vietnam, Sud Africa e Pakistan. Il trend oltreconfine stride con la buona condotta in patria. Da anni il gigante asiatico è il primo investitore nelle rinnovabili su scala globale. Secondo gli impegni presi con l’accordo di Parigi, entro il 2030 le fonti a basso tenore di carbonio rappresenteranno il 20% del fabbisogno energetico nazionale.

Attivisti marxisti fanno mea culpa

La strategia delle confessioni forzate messa in atto dal governo cinese per screditare attivisti e avvocati è stata estesa agli studenti marxisti, che negli scorsi mesi si erano schierati a sostegno delle richieste degli operai di una fabbrica di Shenzhen per l’istituzione di un sindacato indipendente. Nel tentativo di sradicare il movimento, la polizia avrebbe costretto alcuni studenti della rinomata Peking University a guardare la registrazione delle autocritiche inscenate da quattro leader della mobilitazione neomaoista. Le confessioni fanno menzione del tentativo di sovvertire lo Stato con l’appoggio dei media stranieri, attribuendo le proteste della Jasic International all’intervento esterno per “scopi politici”. Mea culpa anche da parte di Yue Xin, la studentessa che ha reso #metoo virale anche in Cina “creando problemi sulla base delle influenze straniere”. Almeno due degli studenti si trovano agli arresti da mesi e senza assistenza legale. Sono ormai circa una cinquantina le confessioni forzate registrate dalla ong RDSL tra il 2013 e il 2018.

Un altro anno, un altro chunyun

Il 21 gennaio è cominciato ufficialmente il chunyun, la migrazione annuale più massiccia al mondo che ogni anno vede per circa un mese milioni di cinesi spostarsi da una parte all’altra del paese per raggiungere la famiglia e trascorrere il Capodanno. Quest’anno sono previsti 2,99 miliardi di viaggi, uno 0,6% in più su base annua. Mentre la folla continuerà a fungere da minimo comune denominatore, il chunyun del 2019 introdurrà alcune novità. E’ infatti il primo anno dall’entrata in funzione della blacklist che preclude l’accesso ai trasporti sulla base del credito sociale. La festività costituirà inoltre un importante banco di prova per la controversa ferrovia superveloce Hong Kong-Shenzhen- Guangzhou, entrata in funzione lo scorso settembre. Intanto sono aumentate a quota 300 le stazioni in cui sono disponibili servizi che si avvalgono del riconoscimento facciale, mentre a Shenzhen e Guangzhou il personale umano è stato affiancato da robot-guida.

Giappone, ritirate dagli scaffali le riviste porno

Due importanti catene di convenience store giapponesi sospenderanno la vendita di riviste pornografiche in previsione della Coppa del mondo di rugby e delle Olimpiadi di Tokyo. 7-Eleven Japan e Lawson hanno annunciato che ritireranno dagli scaffali le riviste per adulti e i manga “piccanti” entro la fine di agosto. Mentre la decisione rispecchia ufficialmente l’intenzione di proteggere i minori da “un clima non salutare”, a fare la differenza sono le considerazioni commerciali. La proliferazione della pornografia online ha, infatti, ridotto le vendite delle riviste nei 20.000 7-Eleven del paese a meno dell’uno per cento del mercato nazionale.

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