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In Cina e Asia – Due spie cinesi hanno tentato di interferire nel caso Huawei

In Notizie Brevi by Alessandra Colarizi

I titoli di oggi:

  • Due spie cinesi hanno tentato di interferire nel caso Huawei
  • Il terzo mandato di Xi spaventa gli investitori…
  • …e i ricchi cinesi 
  • Congresso: dentro giovani e tecnocrati, via le donne
  • I militanti afghani contro “l’imperialismo cinese”
  • Giappone: si dimette il ministro dell’economia 

Due funzionari dell’intelligence cinese sono stati accusati dal dipartimento di Giustizia americano di aver tentato di interferire con un’indagine federale a carico del colosso delle telecomunicazioni Huawei. Stando ai documenti pubblicati da un tribunale di Brooklyn, che non citano esplicitamente il nome dell’azienda oggetto delle indagini (confermato però da fonti anonime a Bloomberg), si tratterebbe dei cittadini cinesi Guochun He e Zheng Wang. Nei documenti, i due vengono riconosciuti come agenti dei servizi di Pechino, impegnati in attività di spionaggio contro gli Stati Uniti per conto del governo cinese. He e Wang avrebbero portato avanti un rapporto con un agente del governo federale sotto copertura fin dal 2017. Al funzionario sono stati offerti pagamenti in criptovalute, contanti e gioielli per condividere informazioni riservate sulle indagini a carico di Huawei. Il caso fa parte di tre azioni legali avviate dalle autorità americane contro le interferenze cinesi negli Stati Uniti, che comprendo operazioni di intimidazione contro connazionali residenti in America.

Il terzo mandato di Xi spaventa gli investitori…

Il terzo mandato di Xi terrorizza gli investitori. Nonostante l’annuncio di dati economici complessivamente positivi, nella giornata di ieri, l’indice Hang Seng di Hong Kong è crollato di 6,4 punti percentuali, il peggior risultato da 15 anni. In forte calo anche i colossi cinesi Alibaba, Baidu, Jd.com e Pinduoduo, quotati a Wall Street. Proprio stamani la National Development and Reform Commission ha promesso agevolazioni per i finanziamenti stranieri nel manifatturiero e soprattutto nell’hi-tech cinese. “La Cina faciliterà l’ingresso e l’uscita nel Paese dei dirigenti, dei tecnici e delle loro famiglie di società multinazionali, sotto la prevenzione e il controllo del COVID-19”, ha aggiunto l’agenzia di pianificazione cinese.

…e i ricchi cinesi

Intanto, secondo il Financial Times, l‘esito del Congresso sta velocizzando la fuga dei ricchi e dei loro capitali all’estero. Soprattutto verso Stati uniti e Singapore, dopo che il pressing cinese ha reso Hong Kong una meta meno appetibile. Non spaventano solo la “prosperità comune” di Xi e l’annunciata property tax. Dopo la temporanea sparizione di Jack Ma, della tennista Peng Shuai, e dell’imprenditore Xiao Jianhua, sono sempre di più i cinesi benestanti a temere per la propria sicurezza personale.

Chi invece, nonostante le incertezze del futuro, non perde appeal agli occhi degli investitori è Taiwan. Anche con la minaccia militare cinese alle porte, dall’inizio dell’anno gli investimenti diretti esteri sono cresciuti di oltre il 159% a quota 11,14 miliardi. Una fetta consistente è finita nelle fonti energetiche rinnovabili.

Congresso: dentro giovani e tecnocrati, via le donne

Secondo Caixin, il congresso ha sancito l’ingresso della sesta generazione di funzionari nel Comitato centrale. Per la prima volta i nati negli anni 60 sono la maggioranza, anche se la rivista fa notare come l’età media sia leggermente più alta rispetto al XIX Congresso del 2017. L’altro dato rilevante è la promozione di figure con expertise finanziario, come il direttore della China Securities Regulatory Commission e diversi funzionari del ministero del Commercio.

Le nuove nomine rispecchiano chiaramente le priorità tracciate dal lider maximo cinese negli ultimi anni. Un messaggio che traspare anche dall’arrivo nel politburo di sette tecnocrati provenienti dai settori delle “tecnologie emergenti”, dal nucleare all’aerospaziale. Apparente risposta agli appelli del presidente per una maggiore autosufficienza tecnologica nel pieno della “tech war” con l’America di Biden.

In compenso, riducendo da 25 a 24 i membri del potente organo decisionale è stata rimossa l’unica posizione assegnata fin dagli anni ‘90 a una donna. Con l’uscita di scena della vicepremier, Sun Chunlan – in prima linea nella guerra contro il Covid fin dal focolaio di Wuhan- la leadership politica cinese resta così tutta al maschile, nonostante la rappresentanza femminile nell’economia cinese stia crescendo esponenzialmente. Un risultato che rischia di lasciare l’establishment insensibile alle problematiche di genere proprio alla vigilia dell’inesorabile calo demografico.

I militanti afghani contro “l’imperialismo cinese”

Pechino è stata presa di mira in un recente articolo pubblicato nel giornale Voice of Khorasan dello Stato Islamico del Khorasan (Isis-K o Is-K), il ramo del movimento terroristico con sede in Afghanistan. Dal titolo “Il sogno ad occhi aperti dell’imperialismo cinese”, l’articolo critica la volontà di espansione economica della Cina e punta il dito contro i maltrattamenti perpetrati dal paese contro gli uiguri, la minoranza musulmana dello Xinjiang. La situazione degli uiguri è stata per anni quasi del tutto ignorata dallo Stato Islamico, ma all’indomani del rapporto delle Nazioni Unite pubblicato lo scorso 31 agosto sulle politiche repressive messe in atto da Pechino nella regione autonoma, l’Isis si è pronunciata contro le azioni della Repubblica popolare. Foreign Policy ha registrato uno spostamento della narrazione “da un’iniziale prospettiva religiosa verso fattori politici ed economici”. La Belt and Road Initiative (BRI), infatti, è stata paragonata al colonialismo occidentale in Asia centrale e meridionale. L’articolo, che si riferisce ai cinesi utilizzando appellativi variopinti come “codardi maoisti”, suggerisce anche misure su come attaccare fisicamente progetti BRI della Cina in tutto il mondo.

Giappone: si dimette il ministro dell’economia

Il ministro per la Rivitalizzazione economica del Giappone, Daishiro Yamagiwa, si è dimesso lunedì a causa delle crescenti critiche sulla sua affiliazione alla Chiesa dell’Unificazione, la setta coinvolta nell’uccisione di Shinzo Abe. Si tratta della prima dimissione per il governo di Fumio Kishida, in carica dallo scorso anno. Al suo posto è subentrato l’ex ministro della Sanità Shigeyuki Goto. Goto, descritto dal premier come un “riformista”, dovrà ora supervisionare la formulazione di un pacchetto di stimoli economici.

A cura di Alessandra Colarizi; ha collaborato Vittoria Mazzieri