In Cina e Asia — Corea del Nord, vertice in Russia tra Abe, Moon e Putin

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La nostra consueta rassegna quotidiana


Corea del Nord, vertice in Russia tra Abe, Moon e Putin

Moon Jae-in, presidente sudcoreano e Shinzo Abe premier giapponese sono in Russia, a Vladivostok, per un summit economico di due giorni con Vladimir Putin, nel quale ovviamente parlarenno anche di Corea del Nord. Sappiamo che Putin si è già opposto a nuove sanzioni contro Pyongyang e ha paventato una “catastrofe planetaria” se l’escalation continua, mentre Giappone e Corea del Sud sono in piena fase di riarmo, spinte anche da Donald Trump che ha autorizzato la vendita di nuove armi estremamente sofisticate ai due Paesi. Moon cercherà proprio di convincere Putin a votare per le nuove sanzioni che questa volta dovrebbero comprendere anche il taglio delle forniture di petrolio, alla Corea del Nord. La Russia esporta circa 160mila tonnellate di prodotti petroliferi l’anno in Corea del Nord, poco in confronto alle circa 800mila tonnellate che esporta la Cina e proprio Russia e Cina sono le più riluttanti a prendere questa drastica misura perché temono possa determinare il crollo del regime dei Kim che, in un’ultima reazione disperata, potrebbe davvro scatenare la guerra nella penisola. La famosa “catastrofe” di cui parla Putin. Di fondo c’è una diffidenza, per non dire sfiducia totale, nei confronti degli Stati Uniti, che Pechino e Mosca ritengono responsabili almeno quanto Kim Jong-un dell’escalation, per via dell’ostinazione con cui si sono sempre rifiutati di avere colloqui diretti con Pyongyang per firmare una pace definitiva dopo il conflitto degli anni Cinquanta. Insomma, Russia e Cina pensano che Washington cavalchi l’escalation perché così può mettere in atto il famoso pivot to Asia.

Tensioni in Asia, l’altro fronte è il Mar cinese meridionale

Mentre gli Usa sono distratti dalla minaccia nordcoreana, la Cina senza troppo rumore espande la propria influenza sul Mar cinese meridionale. A tenere testa solo il «piccolo» Vietnam che nelle ultime ore ha presentato una protesta ufficiale a Pechino chiedendo la fine di esercitazioni militari nel Mar cinese meridionale. Per voce del suo ministro degli Esteri, Hanoi ha fatto sapere che «proteggerà la propria sovranità sul Mare orientale (il nome con cui è conosciuto il Mar cinese meridionale nel paese indocinese). Secondo Reuters l’atto dimostra che la tensione tra Cina e Vietnam è ai suoi massimi da tre anni a questa parte. Nelle ultime settimane, il Vietnam ha sospeso le trivellazioni in un’area gestita dalla compagnia petrolifera spagnola Repsol, apparentemente sotto richiesta di Pechino. Che è sempre più insofferente agli avvicinamenti diplomatici e militari di Hanoi a Giappone, India e Stati Uniti.

Congresso Pcc, esclusi due generali della Commissione centrale militare

Al prossimo congresso del Partito comunista cinese — previsto per il prossimo 18 ottobre — loro non ci saranno. Fang Fenghui, generale della Commissione centrale militare ed ex capo di stato maggiore dell’Esercito di liberazione popolare, è stato escluso perché coinvolto in un’inchiesta circa suoi «problemi economici». Lo scorso mese Fang era già stato rimosso dal suo incarico di Capo di stato maggiore. Stessa sorte per il generale Zhang Yang, sesto generale nella gerarchia della commissione. I due saranno probabilmente esclusi dalla commissione uscente dal prossimo congresso.

Guterres: “Stop alle violenze sui rohingya”

Il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres ha chiesto al Myanmar di mettere fine alle violenze che hanno portato oltre 120mila persone di etnia rohingya a fuggire dal paese verso il Bangladesh nelle ultime due settimane. Il rischio, ha spiegato il numero uno dell’Onu, è una destabilizzazione della regione intera. L’Onu stima che fino a 15mila rohingya attraverseranno ogni giorno il fiume Naf al confine con il Bangladesh per raggiungere campi profughi sovrappopolati o in vere e proprie «terre di nessuno» tra il paese subcontinentale e lo stato di Rakhine, Myanmar nord-occidentale. Le autorità birmane continuano intanto a bloccare le consegne di cibo, acqua e medicine ai rifugiati della minoranza musulmana. Nei giorni scorsi il premio Nobel e ministro degli Esteri — ma leader di fatto — di Naypyidaw, Aung San Suu Kyi aveva accusato le organizzazioni internazionali e alcune organizzazioni umanitarie di portare aiuti a potenziali terroristi.

Indonesia, violenze e sfratti: la comunità lgbt sotto attacco

Essere gay nelle zone più conservatrici dell’Indonesia può portare a perdere la casa. Dodici donne sono state sfrattate dalla loro abitazione in una provincia dell’isola di Giava per comportamenti «non femminili» già condannati dalle autorità religiose e dai gruppi di attivisti islamici locali. La polizia ha così preso l’iniziativa e dato alle donne tre giorni di preavviso per liberare l’abitazione, una casa condivisa nel villaggio di Tugu Jaya. Secondo Human Rights Watch, la decisione è stata presa senza fondamenti legale ed è fondata su pregiudizi legata alla loro identità sessuale. Dopo alcuni commenti discriminatori provenienti da esponenti del governo e violenze ai danni di persone omosessuali negli ultimi tempi nel paese si teme un’ondata di repressione contro la comunità Lgbt.