In Cina e Asia — Agli imprenditori cinesi conviene l’automazione

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La nostra quotidiana rassegna da Cina e Asia


Sempre meno forza lavoro nella Fabbrica del mondo, imprenditori verso automazione

Gli imprenditori cinesi preferiscono sempre di più i robot agli operai. Secondo un recente studio di un team di ricercatori dell’Università di Wuhan, le aziende manifatturiere della «Fabbrica del mondo» tra Hubei, Cina centro-meridionale, e Guangdong, Cina meridionale, vivono numerose difficoltà nel reperimento della necessaria forza lavoro. È infatti in crescita la percentuale di lavoratori che cambiano lavoro nello spazio di due anni (26 per cento). Per questo i datori di lavoro sono costretti a pagare di più e a fronte di costi sempre più elevati gli imprenditori da una parte investono in automazione e dall’altra cercano l’appoggio del partito comunista per accedere a sussidi o esenzioni fiscali. Circa il 40 per cento degli imprenditori intervistati è membro del Partito comunista cinese.

Si apre il dialogo diplomatico e di sicurezza Pechino-Washington

La Cina ribadisce le proprie posizioni alla vigilia del vertice Cina-Usa per il dialogo diplomatico e di sicurezza di Washington, scrive il quotidiano semi-ufficiale Global Times, sottolineando il proprio impegno a risolvere le tensioni nel Mar cinese meridionale e nella penisola coreana. Pechino punta a raggiungere risultati «positivi». Negli ultimi mesi Washington ha fatto pressioni sulla Cina perché esercitasse pressioni sulla Corea del Nord perché interrompesse test nucleari e missilistici, minacciando sanzioni sulle aziende cinesi che fanno affari nel Regno eremita. Di più, i diplomatici delle due parti dovranno discutere delle tensioni nel Mar cinese meridionale dove a maggio le fregate cinesi Lizhou e Liuzhou hanno pericolosamente incrociato la rotta del cacciatorpediniere Dewey. Anche la lotta al terrorismo sarà al centro del dibattito.

Arresti attivisti in fabbrica fornitrice Ivanka Trump: la produzione è continuata fino a fine maggio

Dopo l’arresto di tre attivisti impegnati sul fronte dei diritti dei lavoratori in una fabbrica che produce scarpe per il marchio d’abbigliamento di Ivanka Trump a Ganzhou, Cina meridionale, a metà aprile di quest’anno, la figlia del presidente Usa aveva annunciato la sospensione della produzione. Invece, stando a un’indagine indipendente del britannico The Guardian, i piani di produzione dell’impianto prevedevano ancora la produzione delle calzature del brand di Ivanka fino al 25 maggio scorso e la consegna al 30 maggio. Mentre la figlia di The Donald si difende, i tre attivisti della ong China Labor Watch rimangono in carcere: stavano preparando un rapporto che metteva in luce paghe sotto il salario minimo, maltrattamenti ai danni dei lavoratori e violazioni dei diritti delle donne nello stabilimento che produce, oltre che per Ivanka Trump, per brand come Coach e Karl Lagerfeld.

Addio Tsukiji, via al trasferimento del mercato del pesce di Tokyo

Dopo numerosi ritardi e scandali, il più grande mercato del pesce del mondo, quello di Tsukiji a Tokyo, sarà spostato in una nuova zona della capitale giapponese. Ad annunciarlo è stata ieri la governatrice della metropoli, Yuriko Koike. Era stata proprio lei a fermare i lavori, sulla base di studi che avevano rivelato contaminazioni nel terreno su cui sorge la futura sede del mercato, su un’isola artificiale nella Baia di Tokyo. Il governo della capitale ha investito finora circa 600 milioni di euro nell’opera di bonifica dei terreni. Ma i ritardi dei lavori hanno irritato i commercianti che imputano a Koike perdite ingenti. Oggi il mercato di Tsukiji è uno dei punti di attrazione più importanti della capitale giapponese in grado di attirare migliaia di turisti al giorno e di produrre un volume d’affari di 1,6 miliardi di yen (circa 18 milioni di euro) al giorno, ma le sue strutture vecchie di ottant’anni lo rendono vulnerabile a un possibile terremoto di grande entità.