In Cina e Asia – Conclusi i Giochi Olimpici di Pechino, audience e costi alle stelle

In Notizie Brevi by Sharon De Cet

I titoli di oggi:

  • Concluse le Olimpiadi di Pechino, audience e costi alle stelle
  • Crisi nel Donbass, Wang Yi : “La guerra fredda è finita”
  • Covid: Hong Kong posticipa le elezioni
  • Australia: “la Cina ha puntato un laser contro un aereo da combattimento”

Si sono concluse ieri i Giochi Olimpici invernali a Pechino. Per la Cina, l’evento è stato un successo clamoroso che ha superato tutte le aspettative, mentre per il resto del mondo è stato una dimostrazione non solo la potenza della Cina, ma anche della sua crescente assertività. Notevoli sono stati gli sforzi cinesi per limitare i contagi, grazie alla “bolla chiusa” meticolosamente gestita, le onnipresenti mascherine chirurgiche e rigorosi test giornalieri che hanno consentito di limitare i contagi mentre la variante Omicron imperversava in tutto il mondo. Nel medagliere, la Cina ha ottenuto nove ori e un totale di 15 medaglie, il miglior risultato di sempre alle Olimpiadi invernali e classificandosi al di sopra degli Stati Uniti. Le eccellenti prestazioni delle sue nuove stelle olimpiche – dalla star del freeski Eileen Gu al prodigio dello snowboard Su Yiming – hanno affascinato i fan sugli spalti e in tutto il paese, suscitando uno tripudio di orgoglio nazionale.  Quasi 600 milioni di persone, ovvero il 40% della popolazione cinese, si sono sintonizzate per guardare i Giochi in televisione, secondo il Comitato Olimpico Internazionale (CIO). E mentre le cifre di ascolto negli Stati Uniti sono state notevolmente inferiori rispetto alle precedenti Olimpiadi, l’aumento del pubblico cinese probabilmente renderà Pechino 2022 tra i Giochi invernali più visti della storia.

Complice del successo domestico dei Giochi anche la censura di Pechino, che ha messo a tacere diverse controversie: dallo scandalo doping che ha coinvolto la squadra russa alle condizioni restrittive di quarantena imposte ad alcuni giocatori testati positivi per il coronavirus – passando per il boicottaggio della cerimonia di apertura da parte dei leader occidentali. Pechino ha anche usato i Giochi per spingere il proprio messaggio politico e rispondere alle critiche internazionali.  Un esempio è stata l’apparizione di Peng Shuai, che è stata al centro delle preoccupazioni internazionali dopo essere stata messa a tacere per aver accusato di aggressione sessuale un ex leader del Partito Comunista. Ai Giochi, Peng ha incontrato a cena il presidente del CIO Thomas Bach, rilasciando anche un’intervista al sito di notizie sportive francese L’Equipe, durante la quale la tennista ha negato di aver mai accusato qualcuno di aggressione sessuale.

Un successo quindi questi Giochi Olimpici, di cui però la Cina deve pagare il prezzo. Pechino aveva preventivato 1,5 miliardi di dollari per assemblare o ristrutturare una dozzina di sedi sportive, insieme alla costruzione di villaggi olimpici in tre siti; tuttavia, il costo finale si aggira intorno ai 3 miliardi di dollari. Oltre ai 32 milioni per gestire la bolla anti-coronavirus, la produzione di neve sintetica per le gare di snowboard a Yanqing, a 90 km da Pechino, è costata circa 10 miliardi di Rmb alla Cina, a cui si devono aggiungere 755 milioni di Rmb per costruire un sistema per pompare l’acqua per la neve. La Cina ha inoltre dovuto ottimizzare la rete di trasporto per atleti e allenatori, tra cui una nuovissima autostrada da Yanqing a Chongli, la sede del terzo villaggio olimpico (costo: ben 16,3 miliardi di Rmb) e un nuovissimo complesso per treni ad alta velocità per un valore di 6,7 miliardi di Rmb.

Crisi nel Donbass, Wang Yi : “La guerra fredda è finita”

“La sovranità, l’indipendenza e l’integrità territoriale di tutti i paesi devono essere salvaguardate perché questi sono i principi di base nelle relazioni internazionali stabilite dalla Costituzione delle Nazioni Unite; questo è anche ciò che la Cina ha sostenuto, senza eccezioni per quanto riguarda l’Ucraina”. È quanto dichiarato dal ministro degli Esteri cinese Wang Yi sabato scorso, parlando in videoconferenza alla 58esima Conferenza sulla sicurezza di Monaco. Wang ha inoltre condannato l’espansione della NATO verso l’est, definendo il Trattato del Nord Atlantico un retaggio della Guerra Fredda, aggiungendo che la NATO dovrebbe “riorganizzarsi” per stare al passo con il nuovo panorama internazionale. Le osservazioni di Wang agli oltre 30 capi di stato e alle centinaia di ministri durante l’incontro virtuale sono state l’ultima affermazione della posizione della Cina riguardo alle tensioni lungo il confine orientale dell’Ucraina, dove la Russia ha stanziato il più grande numero di truppe sin dai tempi della Guerra Fredda. Dati i caldi legami di Pechino con Mosca, si è diffusa la speculazione internazionale sul fatto che la Cina sosterrebbe un’invasione russa della regione: alcuni osservatori si chiedono infatti se Pechino voglia approfittare della crisi ucraina per invadere Taiwan – che vede come una provincia separatista da riunire con la forza se necessario. Wang Yiwei, direttore del Center for European Studies dell’Università Renmin di Pechino, ha affermato che i commenti del ministro sono in linea con il continuo sostegno della Cina all’indipendenza e alla sovranità dell’Ucraina nell’ambito dei suoi 30 anni di relazioni bilaterali, proprio come l’Ucraina aveva promesso il suo sostegno alla Cina nella difesa della propria sovranità. Seppur ambivalente, l’osservazione di Wang sulla sovranità e l’integrità territoriale dell’Ucraina non contraddice la posizione ufficiale della Russia, dal momento che Mosca stessa non mette in dubbio la sovranità formale e l’integrità territoriale dell’Ucraina. L’Occidente non è comunque convinto dai commenti di Wang Yi, perché il loro sotto testo è che la Cina detiene la piena sovranità su Taiwan e sul Mar Cinese Meridionale. Dure le parole dei leader Ue Josep Borrell e Ursula von der Leyen che hanno accusato la Cina di revisionismo e di voler riscrivere l’ordine internazionale insieme alla Russia.

Covid: Hong Kong posticipa le elezioni

Le elezioni per il nuovo esecutivo di Hong Kong saranno posticipate di sei settimane all’8 maggio, ha annunciato Carrie Lam, citando come ragione le direttive anti-coronavirus del presidente cinese Xi Jinping. Inizialmente prevista il 27 marzo, la prossima tornata elettorale si dovrebbe tenere dunque entro e non oltre il 30 giugno, ultimo giorno del mandato di Lam, come previsto dalla mini-costituzione locale, la Legge fondamentale. Carrie Lam ha sottolineato che il rinvio non equivale a una proroga del suo mandato. Secondo molti esperti, la stabilizzazione dell’impennata delle infezioni giornaliere nell’ex colonia britannica – 3.629 casi venerdì – richiederebbe almeno due mesi. Ieri la città ha inoltre registrato circa 7.600 casi preliminari positivi, cifre di gran lunga superiori al numero giornaliero di circa 150 casi nel 2020, quando il governo aveva proposto di posticipare l’elezione del Consiglio legislativo a causa dei rischi per la salute. Il conteggio dei casi confermati in città venerdì è stato di 40.700, mentre due pazienti cronici sono morti, portando il numero di decessi a 265. Poco prima dell’annuncio di Lam, il South China Morning Post ha riferito che il governo aveva in programma di trasformare il Kai Tak Cruise Terminal in una struttura di isolamento per alleviare la pressione sugli ospedali pubblici sommersi dai pazienti affetti da coronavirus. Molti di loro, compresi gli anziani, sono finora stati tenuti fuori al freddo, aspettando nei loro letti di essere portati all’interno su ruote in base alla disponibilità di spazio.

Australia: “la Cina ha puntato un laser contro un aereo da combattimento”

Giovedì scorso il dipartimento della difesa australiano ha riferito che un laser emanato da una nave della Marina dell’Esercito popolare di liberazione cinese ha puntato un aereo di sorveglianza P-8A Poseidon australiano equipaggiato con armi e sistemi anti sottomarino. Il presidente del Consiglio australiano Scott Morrison ha definito l’episodio “un atto sconsiderato e irresponsabile che non sarebbe dovuto accadere”. Il governo australiano è da giorni in subbuglio proprio su temi relativi alle politiche interne sulla sicurezza nazionale. L’intelligence australiana ritiene che Pechino si stia interessando all’esito delle imminenti elezioni australiane, dove la minaccia cinese è l’argomento chiave dei due candidati principali – Scott Morrison e Peter Dutton – per la loro corsa politica. Con un’elezione federale incombente, Morrison sta infatti tentando di dipingere i suoi oppositori politici come deboli in materia di sicurezza nazionale e ha dichiarato che il regime autoritario di Pechino vorrebbe che i Laburisti sostituiscano la Coalizione nella prossima legislatura. La Cina è il principale partner commerciale dell’Australia e in passato i due paesi hanno mantenuto buone relazioni. Ma negli ultimi anni le relazioni si sono raffreddate. Camberra ha accusato Pechino di interferire nella sua politica interna, vietando al gigante cinese delle telecomunicazioni Huawei di costruire infrastrutture tecnologiche in Australia. Pechino, a sua volta, ha messo in guardia studenti e turisti dal recarsi in Australia, citando incidenti razzisti anticinesi in seguito alla pandemia. Ad irritare ulteriormente la Cina è stata poi la nuova alleanza di sicurezza tra Australia, Regno Unito e Stati Uniti, che secondo Pechino rischia di “danneggiare gravemente la pace regionale e intensificare la corsa agli armamenti”.

A cura di Sharon De Cet