PILLOLE DI CINA – Pregiudizi, veleni e volatili birichini

In Cina, Cultura by Isaia Iannaccone

Siccome i Cinesi «sono dediti al peccato innominabile, e mettono questa brutta dissolutezza nel novero delle cose indifferenti che hanno in onore dei loro idoli … prendono le ragazze attaccate ai loro idoli…», e «…le ragazze che seguono la religione di Fo [il buddhismo] sono molto libertine.» A Eusèbe Renaudot, della Cina, non stava bene proprio niente.

Tra le caratteristiche che connotano come chic il ristorante parigino Drouant, c’è il fatto che quando vi sedete a tavola, la prima cosa che vi chiedono di ordinare è il dolce perché esso arriverà sulle vostre papille gustative alla fine del pasto, fresco (o caldo) di pasticceria.

C’è un altro fattore che rende Drouant particolare: è lì che ogni anno si riuniscono sia i dieci accademici che attribuiscono il Premio Goncourt, il più prestigioso riconoscimento letterario francese per il miglior romanzo pubblicato nell’anno in corso, che i dieci giornalisti e critici letterari che decretano il vincitore del Premio Renaudot, altro premio letterario che fa da pendant al Goncourt.

Per inciso, Edmond de Goncourt (1822-1896) era uno scrittore e giornalista, e Théophraste Renaudot (1586-1653), protestante convertito al cattolicesimo, giornalista, medico di Louis XIII e filantropo, fu il creatore de La Gazette (1631), uno dei più antichi periodici di Francia.

Interessa tutto ciò ai (venticinque) lettori delle mie Pillole? Forse, ma molto forse, e solo a coloro che vogliono seguire il discorso che sto per fare: Théophraste Renaudot era il nonno di Eusèbe Renaudot (1646-1720). Sì, d’accordo, direte, viva i nonni!, ma chi era costui? Subito detto: teologo, orientalista, membro de l’Académie de France e dell’italiana Accademia della Crusca, difensore del giansenismo e di conseguenza acerrimo oppositore dei gesuiti contro i quali, allora, spiravano venti contrari in tutta Europa (la Compagnia di Gesù fu soppressa da un Breve papale nel 1773) e, voilà!, anche accanito denigratore compulsivo dei Cinesi.

Fra le tante sue opere, Eusèbe Renaudot tradusse dall’arabo un manoscritto che nel 1673 era stato acquisito dalla biblioteca del ministro Colbert, e catalogato come Rélation de la Chine et de l’Inde; la prima parte del manoscritto è attribuita a tale «mercante Solaïman», la seconda ad Abou Saïd de Ziraf; l’opera è databile attorno all’anno 850 ed è una fonte eccezionale per conoscere i due Paesi di quel periodo, sia sotto il punto di vista geografico che sociale ed economico. Sulla Cina, il testo originale si sofferma, a esempio, sui problemi causati dal massacro di Guangzhou (Canton) perpetrato tra l’878 e l’879 dal ribelle Huang Chao, ostile alla dinastia Tang, contro i commercianti stranieri; il bilancio fu calcolato tra le 120.000 e le 200.000 vittime durante tutto il periodo in cui il bandito occupò la provincia del Guangdong; i morti furono prevalentemente coloro che avevano avviato floride attività mercantili nel sud della Cina: arabi, persiani, ebrei, cristiani. Nella Rélation, ci sono anche notizie sui costumi e gli usi cinesi, a esempio il modo con cui nel Celeste Impero si giustiziavano i condannati o si regolamentavano le attività delle prostitute, sui riti funerari, sugli «idoli», le concubine, sulla fattura delle abitazioni, sugli gli incendi, sulle monete di rame, sugli eunuchi, la seta, etc.

Eusèbe Renaudot tradusse tutto ciò, e nel 1718 diede alle stampe: Anciennes Rélations des Indes et de la Chine de deux voyageurs mahométans qui y allèrent dans le neuvième siècle: traduit de l’arabe avec des remarques sur les principaux endroits de ces relations (Antica relazione dell’India e della Cina di due viaggiatori maomettani che vi andarono nel nono secolo: tradotto dall’arabo con osservazioni sui principali luoghi di queste relazioni).

Alla fine della traduzione, dopo alcune Remarques di sua penna, prevalentemente geografiche e storiche, Renaudot si sentì in dovere di aggiungere anche una corposa sezione nella quale esprime, con livore, giudizi negativi e perfidi sulla Cina e sui Cinesi, screditando e infamando ogni aspetto della loro civiltà. Il titolo di questa sezione calunniosa è: Éclaircissements sur l’histoire & les coutumes de la Chine, l’histoire naturelle, la prédication de la religion chrétienne à la Chine, l’entrée des mahométans dans la Chine, les juifs qui ont été trouvés à la Chine, les sciences des Chinois (Chiarimenti sulla storia e i costumi della Cina, la storia naturale, la predicazione della religione cristiana in Cina, l’entrata dei maomettani in Cina, gli ebrei che sono stati trovati in Cina, le scienze dei Cinesi.) Nell’edizione d’epoca che ho consultato, le pagine dedicate alla traduzione dall’arabo dei testi originali sono 140, le Remarques geografiche e storiche di Renaudot sono in 34 pagine, quelle diffamatorie anti-cinesi dei cosiddetti suoi Chiarimenti sono 541!

A Eusèbe Renaudot, della Cina, non sta bene proprio niente. Vediamo qualche chicca. Molte bordate di veleno le vomita per diffamare le tanto decantate conquiste scientifiche dei Cinesi, che a suo parere sono state sopravvalutate data «la piccolezza del loro genio»; lo stesso dicasi per le «…sentenze di Confucio e Mencio, che non sono che dei comunissimi pensieri, di cui i più sensati non sono comparabili a quelli di cui sono riempiti i libri greci e latini, per non parlare delle Sante Scritture … Ma quando i filosofi cinesi avrebbero detto qualche bella sentenza, non sembra che esse siano servite molto a formare grandi prìncipi, e abili ministri, a stabilire leggi sagge, né a rendere felice il popolo.»

Quanto alle «arti che si basano sulla matematica, si riconoscerà senza sforzo che i Cinesi non soltanto sono inferiori ai Greci e ai moderni, ma che hanno del tutto ignorato l’ottica, le proporzioni, e tutto ciò che è necessario per la pittura, la scultura, l’architettura, e generalmente tutto quello che serve a perfezionare le belle arti.» Insomma, i Cinesi sono un disastro!

Sulla medicina e la botanica, poi, si scatena: «Si dice che i Cinesi pratichino delle meravigliose cure usando le erbe …Ma in questo non superano i selvaggi d’America, i più barbari … Non si trova neanche che abbiano fatto alcuna scoperta considerabile in Botanica e ancora meno nella Chimica; e se c’è qualcosa nei loro libri … bisogna assicurarsi che essi non siano stati ritoccati dai missionari, come quelli che riguardano l’astronomia…» Di seguito, comincia una filippica contro l’astronomia cinese i cui calcoli e risultati, secondo lui, sono stati proditoriamente decantati e gonfiati dai gesuiti missionari gesuiti in Cina che vogliono «elevare gli astronomi cinesi al di sopra degli antichi e dei moderni». E questi astronomi cinesi, i cui calcoli sbagliati sono stati corretti dai missionari gesuiti,  «…sono … di molto inferiori, non solo ai grandi astronomi che sono apparsi negli ultimi tempi, ma anche ai più mediocri, come la maggior parte di coloro che hanno corretto [i loro errori]»

E le donne? Siccome i Cinesi «sono dediti al peccato innominabile, e mettono questa brutta dissolutezza nel novero delle cose indifferenti che hanno in onore dei loro idoli … prendono le ragazze attaccate ai loro idoli…», e «…le ragazze che seguono la religione di Fo [il buddhismo] sono molto libertine.»

C’è poi una leggenda cinese che fa particolarmente montare la mosca al naso a Renaudot, quella che racconta che Pangu, l’Adamo cinese, ossia il primo uomo che lui fonetizza in Puoncu, nacque da un uovo da cui poi si formarono tutte le cose. Questa «favola» dei Cinesi «…non fa grande onore ai loro filosofi» perché era anche «venuta in mente agli Irochesi, che secondo le notizie date da molte persone degne di fede, credevano che nel passato un uovo cadde dal cielo verso il lago degli Uroni, che cadendo si ruppe e che dal bianco nacquero gli uomini e dal giallo i castori.» Ricordiamo che gli Irochesi erano una popolazione nativa americana, sparsa tra il Canada e il nord degli attuali Stati Uniti, che fu scoperta nel secolo XVII e si scontrò con i colonizzatori europei che volevano impadronirsi delle loro terre.

Paragonare i Cinesi agli Irochesi non suonava come un bel complimento perché per Renaudot gli Irochesi erano: «…i più barbari, che certamente non avevano alcuna conoscenza di Dio.» E ancora: «Gli Irochesi che credono che ci sia un paese delle anime, dove quelle dei loro antenati vanno a caccia delle anime dei castori, difficilmente sono più irragionevoli di quei filosofi cinesi di cui si dicono tante meraviglie. Infine, niente è più ridicolo che volere far passare simili superstizioni, come il frutto della meditazione di molti grandi filosofi, e come fondate sui primi principi della saggezza.»

Non proseguo oltre, mi è difficile sintetizzare in poche righe 541 pagine di tossine culturali.

Riflettendo sulla feroce sufficienza che Renaudot esprime sulle uova piovute dal cielo – dunque di uccello – generatrici di umani, viene da pensare alla veemenza con la quale egli si sarebbe con grande probabilità scagliato contro il mito cinese che vuole che il fondatore della dinastia Shang (circa XVI a. C.) fosse stato concepito da un uovo di rondine caduto da un albero direttamente nella bocca della madre che lo ingoiò restando incinta (altre fonti attribuiscono alla nascita di Confucio la stessa leggenda).

Dati i continui richiami alla sua formazione da ellenista, la favola di una donna fecondata da un volatile non avrebbe dovuto turbare Renaudot: è infatti una storia che ritroviamo anche nel mito greco di Leda e il cigno (uccello nelle cui si sembianze si celava Giove in preda a febbre d’amore), dalla cui unione nacquero Castore con Clitennestra da un uovo fecondato da Tindaro marito di Leda, e Polluce e la bella Elena usciti da un altro uovo fecondato dal re degli dei-cigno.

Sicuramente, Renaudot – che sbeffeggiava Irochesi e Cinesi per le loro convinzioni sulle proprietà degli uccelli di generare esseri umani – non avrebbe mai pronunciato parole diffamatorie contro i Greci che credevano in analoghi miti. Per non parlare del fatto che in quanto a unioni carnali fra una donna e un volatile, egli, da cristiano fervente e da teologo, avrebbe comunque dovuto astenersi dal criticare leggende simili; per fermare la sua penna sarebbe bastato che avesse pensato all’uccello più famoso del cristianesimo: lo Spirito Santo travestito da colomba che fecondò la giovane Maria la quale, secondo il dogma imposto dal secondo Concilio di Costantinopoli dell’anno 553, rimase vergine «prima, durante e dopo» la nascita di Gesù…

Di Isaia Iannaccone*

**Isaia Iannaccone, nato a Napoli, chimico e sinologo, vive a Bruxelles. Membro dell’International Academy of History of Science, è specialista di storia della scienza e della tecnica in Cina, e dei rapporti Europa-Cina tra i secoli XVI e XIX. È autore di numerosi articoli scientifici, di trattati accademici (“Misurare il cielo: l’antica astronomia cinese”, 1991; “Johann Schreck Terrentius: la scienza rinascimentale e lo spirito dell’Accademia dei Lincei nella Cina dei Ming”, 1998; “Storia e Civiltà della Cina: cinque lezioni”,1999), di due guide della Cina per il Touring Club Italiano e di lavori per il teatro e l’opera. Ha esordito nella narrativa con il romanzo storico “L’amico di Galileo” (2006), best seller internazionale assieme al successivo “Il sipario di giada” (2007, 2018), seguiti da “Lo studente e l’ambasciatore” (2015), “Il dio dell’I-Ching” (2017) e “Il quaderno di Verbiest” (2019)